la Repubblica, 2 febbraio 2022
Caro Presidente, ci scusi
Gentile Presidente, credo che per la sua seconda elezione si possa usare una parola un po’ pomposa e antica: è stato un plebiscito, cioè non sono stati solo i 759 Grandi elettori a votarla, ma davvero la volevano gli italiani, sfiduciati, spaventati da mesi e mesi durissimi e da quei pochi ultimi giorni in cui l’impotenza e la rissosità di chi dovrebbe risolvere i nostri problemi stavano affossando l’Italia.
Eppure pensi, per quanto io oggi sfiori l’allegria oltre che un senso di ritrovata serenità e fiducia, sono tra quelli che avrebbe accettato volentieri un’altra persona, anche se nessuna di quelle che venivano buttate là a casaccio dagli addetti alla bisogna e ancor più dai loro capi partito che, a frotte e sempre correndo, sbucavano mascherati davanti alle telecamere ad annunciare i loro sempre nuovi alti profili con l’entusiasmo dei prestigiatori che estraggono il coniglio dal cilindro.
Perché un altro o un’altra? L’altra sera a In Onda, su domanda di Concita De Gregorio, ha tentato di spiegarlo il senatore Mario Monti, ex primo ministro, 78 anni, ma causa altre curiosità è stato stoppato dal vivace David Parenzo. E allora lo dico io: perché Lei sul serio non voleva essere rieletto, e per l’insipienza e viltà della nostra classe politica, incapace di trovare tra gli italiani un’altra persona degna come se non ce ne fossero, è stato costretto ad accettare. La sua volontà non è stata rispettata, i signori di tutti i partiti, incapaci di trovare una soluzione, si sono sentiti liberi di usarla, di costringerla, per liberarsi da ogni imbarazzo e scontro.
Certo Lei era commosso, gli occhi arrossati dalle lacrime mentre accettava il secondo incarico dai due presidenti delle Camere, conscio di dover rinunciare ancora alla normalità della sua vita, cui voleva tornare, qualunque essa sia.
Diciamo quindi che la nostra contentezza è molto egoista, egoismo raddoppiato dal fatto che anche al premier Draghi è stato impedito di raggiungere le sue mete, per restare al nostro servizio, del cosiddetto popolo e delle forze politiche che possono così continuare a farsi i fatti loro affrontando solo di rimessa ciò che non saprebbero come gestire.
Quando si hanno 80 anni, sette anni sono molto lunghi, lei tocchi ferro, alla fine sarà certo un fiore, ma viverli potrebbe anche essere una fatica (oltre, immagino, anche una noia), con la voglia di scappare, come la illustrano i social, calandosi da una finestra del Quirinale con un lenzuolo ricamato del corredo reale.
Quindi impari a difendersi, a fulminar con i suoi begli occhi azzurri gli importuni, nel segreto dei saloni dove prima i papi poi i Savoia se la spassavano, incontri i ministri per bacchettarli, sia insomma un po’ meno perfetto. Accetti che queste cose gliele dica io, se non altro perché alla fine del Suo settennato, se viva ma spero di no, avrei 100 anni, e io solo pensando a cosa vedrei nello specchio (che già da anni evito come la peste) devo tenermi su con un cioccolatino.
Tra le sue meraviglie, in tempi in cui i sindaci si fanno fotografare con mutande e casco da ciclista, e non c’è umano che non ci racconti via Internet dei suoi foruncoli né star che non annunci coram populo il suo divorzio, c’è il fatto che di lei non sappiamo nulla se non ciò che la lega alla storia del Paese, la sua carriera istituzionale, l’assassinio di suo fratello Piersanti e poco altro.
Vedovo e nessuna dama visibile nei paraggi, la figlia Laura che la accompagna nelle visite ufficiali e i figli Bernardo Giorgio e Francesco che non compaiono, cinque nipoti che non sfoggia, e poi: sarà vegano o carnivoro, le piacerà pescare o scalare montagne, vede Netflix o solo la tivu vaticana, gioca a scacchi, cosa legge, ride alle barzellette, adora i gatti, le piace il presepe o l’albero? Insomma, se fosse riuscito a scansare la rielezione come sperava, come avrebbe vissuto, magari si sarebbe fidanzato o avrebbe detto finalmente la sua, quella vera, in memorie crudelissime?
Avrà sempre il tempo, dopo, per essere se stesso. Intanto grazie per il modo elegante e sorridente in cui ha condotto e immagino condurrà il suo nuovo mandato.
Grazie per la semplicità e anche ovvietà dei suoi discorsi, per il suo equilibrio mai infranto, il suo fisico attraente e quei bei capelli bianchi autorevoli, per le sue intuizioni politiche nei limiti di potere del presidente di una Repubblica parlamentare, per le iniziative che la carica le concede. Se gli italiani tutti, tranne i malvagi di professione che allignano in televisione e sul web, l’hanno voluta tanto è perché ha dato una immagine se non sacrale almeno austera delle istituzioni e della politica, lontano il più possibile dalla fregatura di “uno come noi” che poi ti manda all’aria il Paese.
Siamo stanchi Presidente, glielo ho già detto, ci sentiamo abbandonati, perché lo spettacolo cui abbiamo dovuto assistere in questi giorni (propenderei per l’oscurità del conclave, almeno si sta quieti sino alla fumata bianca) non ha salvato nessuno. Davvero Presidente, mi spiace che persino io mi prendo la libertà di affidarmi a Lei caricandola di un eccesso di responsabilità, ma ormai è fatta e buon lavoro.