ItaliaOggi, 2 febbraio 2022
Il riconoscimento delle facce
Siamo particolarmente portati a riconoscere le facce, a tal punto che spesso le vediamo dove non ci sono. Bastano due «occhi», una «bocca» e il nostro cervello crede di identificare un volto. Il fenomeno – comune – è una forma di pareidolia, un riflesso ancestrale umano basato sulla necessità di riconoscere nella maniera più rapida possibile volti o forme dal significato familiare in oggetti o profili dalla forma casuale. È lo stesso meccanismo che ci fa sembrare di trovare disegni sensati nelle formazioni delle nuvole.
Il riconoscimento delle facce è una funzione speciale che il nostro cervello esegue «di corsa» rispetto al normale ritmo dei pensieri. È stato dimostrato da tempo che l’identificazione dei volti è delegata ad alcune zone particolari dei lobi temporali. E, siccome si paga sempre la velocità con la precisione, non di rado dà dei risultati «problematici». Se fosse tutto lì, questa potrebbe essere una spiegazione magari incompleta ma comunque sufficiente del fenomeno. Recentemente però un’équipe di ricercatori del National Institute of Mental Health americano ha scoperto che non solo vediamo delle facce che non ci sono, ma che tendiamo ad attribuire loro pure un genere – perlopiù maschile. Nell’esperimento – che ha coinvolto oltre 3.800 persone – circa l’80% dei partecipanti ha riscontrato nelle 250 immagini di oggetti che gli erano state sottoposte una marcata maggioranza di identità maschili. Solo il 3% dei soggetti ha percepito negli oggetti visti una maggioranza di identità femminili. I ricercatori anticipano di aver riscontrato – in un esperimento i cui risultati non sono ancora stati pubblicati – lo stesso fenomeno in gruppi di giovani scolari già dall’età di cinque anni, il che apre molte e interessanti questioni sulla sua origine…