Marco Giusti per Dagospia, 1 febbraio 2022
IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - PAOLO GRAZIOSI, CHE SE NE È ANDATO PER COVID A 82 ANNI, LO AVEVAMO VISTO DA POCO IN “TRE PIANI” DI NANNI MORETTI IN UN RUOLO DIFFICILE E AMBIGUO, NE “IL DIVO” DI PAOLO SORRENTINO COME ALDO MORO, SOPRATTUTTO IN “VELOCE COME IL VENTO” DI MATTEO ROVERE COME MECCANICO A FIANCO DI MATILDA DE ANGELIS E STEFANO ACCORSI - MA È STATO SOPRATTUTTO UN GRANDE FINISSIMO ATTORE TEATRALE PERFINO PER TONI SERVILLO IN UNA MEMORABILE E RECENTE EDIZIONE DI “TRILOGIA DELLA VILLEGGIATURA”, 394 REPLICHE IN TUTTO IL MONDO… -
Lo avevamo visto da poco in “Tre piani” di Nanni Moretti in un ruolo difficile e ambiguo, ne “Il divo” di Paolo Sorrentino come Aldo Moro, soprattutto in “Veloce come il vento” di Matteo Rovere come meccanico a fianco di Matilda De Angelis e Stefano Accorsi, ne “Il cattivo poeta” di Gianluca Jodice. Il cinema, che aveva visitato di sfuggito grazie all’amicizia con Marco Bellocchio fin da giovane, dai tempi del primo corto di Bellocchio, “Ginepro fatto uomo” del 1962 e di “La Cina è vicina”, 1967, lo aveva riscoperto davvero in questi ultimi vent’anni in un gioco di ruoli sempre diverso, fino a diventare il padre di Dante Alighieri nel suo ultimissimo film, non ancora uscito, il “Dante” di Pupi Avati.
Ma Paolo Graziosi, che se ne è andato per Covid a 82 anni, è stato soprattutto un grande finissimo attore teatrale, per Luca Ronconi, per Peter Stein, per Gianfranco De Bosio, Franco Enriquez, Eduardo, perfino per Toni Servillo in una memorabile e recente edizione di “Trilogia della villeggiatura”, 394 repliche in tutto il mondo, ma anche per Franco Zeffirelli, che lo volle come Mercuzio già nell’edizione del “Romeo e Giulietta” del 1966, per Carlo Cecchi, nel suo “Woyzec” del 1968, col quale fonda poi la cooperativa del GranTeatro.
A teatro fu pure regista, debuttando nel 1983 con tre testi di Cechov. Nato a Montescudo, Forlì, nel 1940, viene respinto nel 1961 agli esami di ammissione dell’Accademia d’Arte Drammatica di Roma. In qualche modo fu però un bene, visto che, iscrivendosi ai corsi di recitazione del Centro Sperimentale di Cinematografia, incontra lì Marco Bellocchio, diventandone uno dei suoi attori e amici storici, e Orazio Costa, che lo imposterà per il teatro.
Dopo aver interpretato il corto di diploma di Bellocchio, “Ginepro fatto uomo”, fa il suo vero esordio nel cinema con “La vita provvisoria” di Vincenzo Gamma e Hervé Bromberger e poi, assieme a Stefano Satta Flores e Roberto Bisacco, nel curioso “Gli Arcangeli” di Enzo Battaglia nel 1963.
Lo troviamo anche nel film ad episodi diretti da giovani registi legati al Centro Sperimentale, “Gli eroi di ieri… oggi… domani”, diretto da Sergio Tau, Enzo Dell’Aquila, Fernando Di Leo, Franz Weisz. Lo stesso Weis lo dirige poi in “The Gangster Girl”. Ma è grazie al suo ruolo in “La Cina è vicina” di Bellocchio, dove interpreta Carlo, militante del Partito Socialista che aiuta nella scalata politica Glauco Mauri, che diventa uno degli attori del giovane cinema italiano più nouvelle-vaguista.
Eccolo così nello storico “Galileo” di Liliana Cavani, dove fa Lorenzo Bernini, nel più strampalato “Cuore di mamma” di Salvatore Samperi con carla Gravina, nel superpop “Necropolis” di Franco Brocani, in “D’amore si muore” di Carlo Carunchio con la supervisione di Giuseppe Patroni Griffi e in “Cadaveri eccellenti” di Francesco Rosi. E’ attivo anche in tv, sia negli anni ’60, “Zoo di vetro”, Il complotto di luglio” con la regia di Vittorio Cottafavi, sia negli anni ’70-‘80, “Le affinità elettiva” diretto da Gianni Amelio.
Ma il cinema sembra davvero un ripiego rispetto alla sua lunga e continuativa attività teatrale, che lo vede impegnato in produzioni importanti, “Il mercante di Venezia” di Shakespeare, 1985, “La buona moglie” di Goldoni, 1989, “Glengarry Glenn Ross” di Mamet, 1985. Negli anni’80, così, gira solo un film, “Buon Natale, buon anno” di Luigi Comencini, nel 1989. Sarà ancora Bellocchio a riportalo sul grande schermo con “La condanna” nel 1991, dove interpreta il procuratore capo.
Lo troviamo poi a fianco di Gian Maria Volonté in “Una storia semplice” di Emidio Greco, in “Il lungo silenzio” di Margaretha Von Trotta, “Ambrogio” di Wilma Labate, “Louis, enfant roi” di Roger Planchon, in “Fiabe metropolitane” di Egidio Eronico, “ormai è fatta” di Enzo Monteleone. Il vero ritorno al cinema arriva dopo il 2000, “Il papà di Giovanna” di Avati, Il divo” di Sorrentino, “Nessuna pietà agli eroi” di Paolo Franchi, “Il giovane favoloso” di Mario Martone, il “Pinocchio” di Matteo Garrone, ma anche tanta tv, “Squadra antimafia”, “Il commissario Montalbano”, “Chiara Lubic”.