Corriere della Sera, 1 febbraio 2022
L’immunità innata che ci difende dal virus
Scoperto un nuovo meccanismo di resistenza del nostro organismo nei confronti del virus Sars-Cov2 che potrebbe portare alla messa a punto di nuovi farmaci e di nuovi marker per valutare la gravità della malattia. È il risultato di una ricerca internazionale, pubblicata su Nature Immunology, coordinata dall’Istituto Humanitas e dall’Ospedale San Raffaele.
L’attenzione degli scienziati si è focalizzata in particolare sulla Mannose Binding Lectin (in sigla Mbl), uno dei cosiddetti «antenati funzionali degli anticorpi», proteine in grado di aggredire il virus con modalità simili a quelle degli anticorpi veri e propri, che però fanno parte dell’immunità innata. L’immunità innata costituisce la prima linea di difesa nei confronti di virus, batteri e non solo. Ne fanno parte cellule del sistema immunitario che con diversi meccanismi aggrediscono gli agenti patogeni organizzando una risposta tempestiva nell’attesa che l’organismo si attrezzi per la difesa «mirata» (immunità adattiva), che si esprime attraverso gli anticorpi veri e propri. Esiste però anche una parte dell’immunità innata formata da molecole circolanti (per questo detta «umorale») a cui appartiene, fra le altre, anche Mbl.
«Abbiamo scoperto che Mbl, si lega alla proteina Spike del virus e la blocca – spiega il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e docente di Humanitas University —. E abbiamo verificato che è in grado di farlo con tutte le varianti testate, compresa Omicron». «Ciò è reso possibile dal fatto che Mbl si aggancia a determinati “zuccheri” della proteina Spike, che non cambiano da variante a variante», precisa Elisa Vicenzi, capo dell’ Unità Patogenesi Virale e Biosicurezza dell’Irccs Ospedale San Raffaele, che aggiunge: «In vitro Mbl si è dimostrata poco meno potente degli anticorpi prodotti da pazienti guariti da Covid». Riprende Mantovani: «Con la professoressa Cecilia Garlanda, che ha partecipato al coordinamento dello studio, stiamo procedendo a ottimizzare Mbl per capire se sarà possibile trasformarla in un farmaco». E aggiunge: «La strada è lunga ma è importante cercare di avere altre armi a disposizione contro il virus. Fra l’altro Mbl è già stata infusa da altri ricercatori e clinici come terapia in soggetti con completo deficit genetico ed è stata ben tollerata».
Un altro utilizzo di Mbl potrebbe essere quello di marcatore del grado di severità di Covid-19. «Abbiamo riscontrato che varianti genetiche che producono differenti quantità di Mbl circolante sono associate a diversa gravità di malattia», chiarisce Mantovani. «E questo rappresenta un tassello in più nella comprensione di quali caratteri genetici influenzano la suscettibilità al virus».
L’importanza dei vaccini
Dobbiamo continuare a immunizzarci perché non si conosce in anticipo la reazione di ciascuno
In qualità di marcatore potrebbe risultare utile anche la proteina Ptx3, anch’essa oggetto d’indagine nello stesso studio (finanziato in misura significativa da Dolce&Gabbana). «Ptx3 sembra essere un marcatore particolarmente utile perché viene prodotta e secreta da cellule dell’immunità innata proprio a livello bronchiale. E sembra uno dei migliori candidati a indicatore di gravità di Long Covid», sottolinea Mantovani.
Tornando a Mbl, perché dovremmo continuare a vaccinarci se disponiamo già di una difesa naturale così efficace? «Prima di tutto perché nessun farmaco può competere per efficacia e sostenibilità individuale e sociale con un vaccino», puntualizza il professore. «In secondo luogo perché se è vero che la risposta immunitaria innata si sta rivelando sempre più importante, e potrebbe spiegare, anche attraverso queste osservazioni, perché molte persone riescono a “cavarsela” con un’infezione che non ha esiti gravi, rimane vero anche che c’è una grande variabilità in tale risposta e il rinforzo dato dagli anticorpi specifici è fondamentale perché garantisce a tutti una buona difesa. Non sappiamo ancora in anticipo chi sarà in grado di farcela da solo e chi no».
Cosa dobbiamo dunque aspettarci per il futuro? «Sono ottimista – conclude Mantovani —, perché se mi guardo indietro, a due anni fa, ricordo che avevamo un armadio vuoto sia in campo diagnostico sia preventivo sia terapeutico. Ora abbiamo 10 vaccini già disponibili, 40 in sperimentazione clinica e più ancora in sperimentazione preclinica. Abbiamo farmaci e anticorpi monoclonali. Penso che ci stiamo avviando di nuovo verso la normalità. Magari non ci sembrerà strano come prima portare la mascherina, come del resto succede già in Oriente da tempo. In ogni caso mi aspetto una situazione diversa rispetto a quella he abbiamo vissuto dall’inizio della pandemia».