La Stampa, 1 febbraio 2022
Buttafuoco parla del teatro sul Quirinale
«Da spettatore resto a bocca aperta perché a questo finale non avevo pensato». Pietrangelo Buttafuoco, scrittore, intellettuale di destra – spesso definito "dissidente" e tutt’altro che organico – si richiama alla sua Sicilia per decifrare la partita del Quirinale che ha portato alla rielezione di Sergio Mattarella.
Che cosa è successo in Parlamento?
«C’è un aspetto di pantomima che riusciamo a vedere con il senno del poi, una sceneggiatura che solo Camilleri avrebbe potuto immaginare».
Si spieghi.
«È stato tutto "tiatro" per dirla con la lingua di Vigata. E dal punto di vista della messa in scena i frammenti adesso combaciano. C’era un che di esibizionismo in quei segnali... gli scatoloni, il trasloco, questa abbondanza di bambini che si avvicinano con lettere e disegni, mi ricordano la famosa scena di De Amicis della "carezza del re"».
Si riferisce al libro "Cuore", quando Re Umberto passa tra la folla a Torino e un padre si avvicina con il figlio. Pensa davvero che Mattarella volesse fare un secondo mandato?
«Io faccio affidamento a quello che mi aveva detto Totò Cuffaro: "Solo perché non lo conoscete potete credere che ci sia un altro esito"».
Quindi ha visto una regia nell’operazione del secondo mandato a Mattarella?
«Se fa testo l’educazione, lo stile gesuitico della sinistra Dc, è stata l’apoteosi della dissimulazione onesta di Torquato Accetto, ma è anche la sana sostanza della roba verghiana: i sinistri-Dc, presentissimi nello status quo, fanno sempre il contrario di quello che dicono. Si dice no, ma invece è sì. Dissimulazione, appunto».
Dissimulazione che il centrodestra non ha capito, tanto che ne esce in frantumi.
«Sì è vero. C’è anche un altro dettaglio "camilleriano", l’uomo che con il suo Mattarellum ha varato la stagione del bipolarismo, ora si appresta a firmare il ritorno del proporzionale e quindi la morte del bipolarismo».
A proposito, è la fine del centrodestra berlusconiano?
«Ancora peggio. Noi dobbiamo distinguere il berlusconismo dal centrodestra: Berlusconi non c’entra niente con il centrodestra, è un’altra storia. Il centrodestra finisce perché paradossalmente non c’è più quel metodo che si accompagnava al Mattarella di una volta, cioè Giuseppe Tatarella. È venuta meno una strategia che era quella di allargare l’area. In Italia c’è una maggioranza che per storia, sensibilità, identità è di centrodestra, ma non riesce mai ad avere un peso politico e culturale. Sono convito che il ceffone che il Palazzo ha assestato con questo colpo di "tiatro" avrà una conseguenza ulteriore: quello di non far andare più a votare le persone, sicuramente quelle di centrodestra. Si allargherà la forbice dell’astensione della maggioranza silenziosa».
Però Salvini la mano di poker sul Colle l’ha giocata male. Voleva fare il kingmaker e non c’è riuscito.
«Tutti i leader hanno giocato su più tavoli: Letta, Conte, Di Maio, Renzi. La verità è che ne esce sconfitta la generazione attiva. Al di là degli steccati ideologici, la malinconica considerazione da fare è che comunque la gerontocrazia si impossessa di tutto. L’unica vera distinzione è tra un Palazzo che sa difendere se stesso e il resto intorno che non è in grado di affrontare la situazione».
Tra i nomi che sono stati bruciati c’era qualcuno che avrebbe visto bene come Capo dello Stato?
«Tanti, e perfino molti potevano essere condivisi dal centrosinistra e dal centrodestra».
Ad esempio?
«Anna Finocchiaro».
Sempre in Sicilia rimaniamo.
«Allora un "candidatone" con un ottimo curriculum che piaceva agli americani e al Vaticano: Giulio Tremonti. Oppure un altro profilo con una caratura internazionale poteva essere Francesco Rutelli, il migliore sindaco di Roma. E lo stesso Antonio Martino. È stato inconcepibile non rispondere alla richiesta della nazione di individuare un’altra persona».
Che cosa pensa del dualismo Salvini-Meloni?
«Devono evitare di cadere in un errore: la pluralità dei leader deve essere un vantaggio, non uno svantaggio».
Lei ha scritto un libro dal titolo "Salvini e/o Mussolini": se dovesse aggiungere un capitolo, cosa scriverebbe oggi?
«L’ho scritto prima della pandemia, è come se fossero passati 50 anni, con il senno del poi è inaudito. Salvini ha mollato il governo dal Papeete quando per lui andava a gonfie vele. Ce lo siamo scordati quando Salvini e Di Maio vennero accolti con gli applausi nella chiesa a Genova dove si celebravano le vittime del Ponte Morandi? Sembra sia passato un secolo, visto il capovolgimento totale in cui ci troviamo».