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 2022  febbraio 01 Martedì calendario

La prima donna viceconsole dei camalli

Dopo l’assurda corrida dell’elezione del presidente della Repubblica, con quelle invocazioni per una donna che parevano immaginate più per un hashtagche per una reale candidatura politica, il senso italiano per la parità di genere potrebbe attraversare un momento di grave mortificazione. E invece no. Perché, mentre a Roma gli onorevoli infine votavano un capo dello Stato uomo, a Genova i portuali sceglievano Francesca Ceotto, la prima donna viceconsole dei camalli.
Ceotto ha avuto le preferenze di 454 membri della compagnia, dove le socie si contano su una mano essendo solo cinque. La viceconsole, dunque, è stata eletta dagli uomini. Perché, come ha spiegato lei stessa commentando il risultato, ha saputo fare squadra.
La storia di Francesca insegna: le donne che puntano a un riconoscimento che venga dal basso sono quelle che più facilmente ottengono di vedersi riconosciuto il ruolo. Un ruolo pieno, guadagnato sul campo, non octroyée, calato dall’alto da autorità maschili, e con metodi machisti.
Una posizione concessa non può in alcun modo interessare alle donne. E speriamo che tra sette anni la partita per il Quirinale possa essere giocata anche da loro, questa volta per davvero e in attacco. Non perché qualche leader di partito uomo decide di schierarle per tatticismo o per immagine, ma perché magari quei segretari di partito allora saranno segretarie (senza che nessuno si scandalizzi per l’uso del termine), o perché il Parlamento avrà una maggioranza femminile, o perché le alte cariche dello Stato saranno donne.
Abbiamo la forza per prendercelo, quel posto che ci spetta nel mondo che conta. Una forza non coercitiva ma persuasiva. Una forza determinata ma non muscolare. Una forza strategica, intelligente. Che pensa al plurale e non al singolare, perché l’emancipazione è di tutte anche quando è di una.
Nella nostra vita quotidiana ci sono sempre più donne come Francesca Ceotto. Anzi, l’elezione della viceconsole dei portuali genovesi poteva quasi essere considerata normalità se non fosse che poi la società s’inceppa nei momenti più delicati. Se non ci fosse stata la contemporanea, patetica sceneggiata quirinalizia, la prima donna alla guida dei camalli avrebbe potuto giustamente andare a ricoprire il suo incarico senza l’enfasi degli eventi eccezionali.
Perché una donna al comando non è più un’eccezione. Magari Ceotto per esultare prima vorrebbe diventare console. Perché no? Ma la strada che è tracciata non è ancora un’autostrada. E il destino che è segnato non è ancora compiuto. L’uomo che esclude, che ignora, che umilia non è ancora sepolto. Non solo sopravvive nelle sue abitudini: spesso s’inorgoglisce nella propria ostinazione. E nell’ostentazione di antichi rituali, un ancoraggio al passato come suggello di un potere indiscusso, immutato. Come nel caso del Circolo Canottieri Aniene di Roma, legato al pur autorevole presidente del Coni Malagò, che nel 2022 è ancora pervicacemente chiuso all’iscrizione delle donne. Da poco ha concesso alla nuotatrice Simona Quadarella e alla velista Caterina Banti il titolo di socio onorario, non potendo accoglierle tra quelli ordinari.
Un riconoscimento senza valore, se non simbolico in un mondo obsoleto, non influenzerà l’evoluzione di una comunità di persone. L’impegno e la competenza invece forgeranno nuove mentalità e future generazioni. Per questo sulle rive del Tevere non si cambierà mai la storia mentre al porto di Genova sì. E a ben pensarci a essere in cattive acque non sono le donne, bensì i principi arcaici. Che ora annaspano, ma prima o poi annegheranno.