la Repubblica, 1 febbraio 2022
Troppi capi uomini, protesta delle donne olandesi
La protesta corre sulle pagine online del Linkedin olandese, il social dei contatti professionali: dove centinaia di donne nell’ultima settimana hanno cambiato il loro nome in “Peter”, dopo che uno studio pubblicato lo scorso ottobre mostrava che alla guida delle prime 100 aziende olandesi ci sono in totale più uomini chiamati Peter (5) che donne (3). Una sproporzione che ha spinto la sezione olandese dell’organizzazione Women Inc. e l’agenzia di marketing BrandedU a invitare le iscritte a Linkedin a sostituire temporaneamente il proprio nome con quello più popolare fra i Ceo. Chiedendo poi di twittare le foto degli screenshot usando l’hashtag #MijnNaamIsPeter: il mio nome è Peter, appunto.
In realtà il governo olandese, dopo la pubblicazione dello studio ha provato a fare qualcosa: il 1° gennaio è infatti entrata in vigore una legge che ha come obiettivo migliorare il bilanciamenti dei genere ai vertici di società con oltre 250 dipendenti: prevedendo che siano donne almeno un terzo dei componenti dei Supervisory Board, i “consigli di sorveglianza” che vegliano su cda e ad di grandi aziende. Alle attiviste non sembra però abbastanza. «Dobbiamo e possiamo fare di più» scrive infatti Yeliz Çiçek, direttrice della versione olandese di Vogue, fra le prime a essersi unite alla campagna. Facendo eco aquanto spiegato sul sito ufficiale della campagna, mijnnaamispeter. nl : «Essere rappresentate sul posto di lavoro è importante: perché, come una sorta di reazione a catena, più donne assumono ruoli decisionali, più si creano nuovi modelli sociali, che aiutano a supportare altre donne e a farle raggiungere i loro obiettivi...».
Non mancano critiche. Pur sostenendo la causa, Annebregt Dijkman, specializzata in questioni di inclusione sul posto di lavoro, sempre su Linkedin scrive che cambiare nome cancella storia personale e identità femminile: «Il mio nasce dalla fusione di Anne e Brucht: i miei antenati frisoni. Deporlo anche per poco significa per me uscire dalla mia pelle».C’è poi chi come Kira Haggenburg, della società di consulenza Arlande, invita pure gli uomini a cambiar nome, in solidarietà all’azione: «Chiamatevi Petra. La strada è lunga, facciamola insieme ».