la Repubblica, 1 febbraio 2022
Storia di Saipem e dei suoi problemi
Saipem taglia per la terza volta in un anno le attese di utili, irrise dal perdurare della pandemia e dall’inflazione che alza i costi dei progetti. E brucia quasi un terzo del residuo valore in Borsa, confermandosi la principale storia italiana di transizione energetica mancata.
L’ex gioiello dell’Eni, capace di battere i rivali globali nelle imprese più ardite come la perforazione petrolifera a 3 mila metri sotto il mare, dal 2015 prova a cambiare pelle, perché sempre meno clienti, tra i big del petrolio, le affidano commesse miliardarie per cercare fonti fossili dov’è più costoso. Il problema è che non ci riesce: intanto ha bruciato in perdite i 3,5 miliardi iniettati nel 2016 dai soci, a cominciare da Eni e Cassa depositi e prestiti.
Ieri l’azienda ha citato «il perdurare del contesto di pandemia» e «l’aumento, attuale e prospettico, dei costi delle materie prime e della logistica», per spiegare il «significativo deterioramento dei margini a vita intera di alcuni progetti di ingegneria e costruzioni a terra e nell’eolico marino». L’effetto sui conti 2021 si stima in circa un miliardo di minore margine lordo rettificato, e un miliardo in meno di ricavi nel semestre, attesi ora a 3,5 miliardi. Solo tre mesi e tre giorni fa la dirigenza guidata dal neofita Francesco Caio, insediato pochi mesi prima e che da allora ha rivoluzionato – o visto partire – le prime linee, promise al mercato rose e fiori: un secondo semestre 2021 con un margine lordo rettificato positivo, obiettivi ambiziosi come la crescita annua dei ricavi del 15% nel 2021-25, nessun bisogno di capitale. «Il nuovo piano strategico vuole segnare un cambio di passo, dalla logica degli asset alla logica dell’innovazione», diceva allora Caio, già presidente di Saipem nel 2018-21.
Invece il 2021 chiuderà con altre perdite, che gli addetti stimano attorno ai 2 miliardi. In attesa delle cifre esatte (il calendario Saipem dice 24 febbraio), il capitale manca e presto gli azionisti dovranno staccare un altro assegno a nove zeri. «Il bilancio civilistico 2021 Saipem è previsto chiudersi con perdite superiori al terzo del capitale sociale», si legge in una nota, che formulava nuove stime negative sui conti. Per rispettare il codice civile quindi Saipem ha «avviato contatti preliminari con gli azionisti che esercitano il controllo congiunto, Eni e Cdp, al fine di verificare anche la loro disponibilità a partecipare a una tempestiva e adeguata manovra finanziaria». Approvati i dati «nel più breve tempo possibile», l’assemblea Saipem sarà convocata per deliberare.
Anche l’assetto azionario del gruppo è un’incompiuta: a fine 2015, per salvare i suoi conti e i dividendi (il 30% va al Tesoro), la casa madre Eni si accordò con la Cdp, suo primo socio, per cederle un 12,5% di Saipem, limando la propria quota al 30,5%. La misura permise a Eni di “deconsolidare” Saipem, erenderla autonoma. Ma da allora lo scenario turbolento dei prezzi di greggio e gas, prima per la crisi poi per la transizione ecologica, ha cristallizzato tutto. Vani, anche, i tentativi di realizzare part nership nei settori maturi (come la perforazione a terra e in mare), spacchettati tre anni fa per meglio cederli. I soci forti Eni e Cdp ora «monitorano con attenzione la situazione e svolgeranno ogni valutazione rispetto alle tematiche e agli scenari». I soci del mercato intanto bastonano Saipem, come altre volte. Meno 30,18% ieri, immediato e corale. Mediobanca e Bestinver si chiedono «se gli investitori possano ancora fidarsi del management», e pensano alla tremenda diluizione per chi non vorrà fare l’aumento.