Gian Paolo Serino per Dagospia, 31 gennaio 2022
50MILA LACRIME D’INCHIOSTRO – SERINO STRONCA IL ROMANZO D’ESORDIO DI NINA ZILLI: "È UN LIBRO CHE SEMBRA SCRITTO DA UNA “MILLENNIAL” CHE SI SCAMBIA MESSAGGINI CON UN “NERD” SUI SOCIAL. LA CHICCA: “ERO STONATA COME UN TROMBONE ARRUGGINITO DI UNA BANDA DI ALCOLIZZATI SU UN’ISOLA SPERDUTA DELLA SCOZIA”. CON “TROMBONE ARRUGGINITO” FORSE NINA ZILLI INTENDE LA NUOVA PRATICA EROTICA IN VOGA NEGLI USA? “RUSTY TROMBONE”, SI DICE: QUANDO LA DONNA SOLLETICA ANO E MEMBRO GENITALE MASCHILE CONTEMPORANEAMENTE” -
Non bastano neanche le “50 mila lacrime” che canta Nina Zilli per leggere il suo romanzo di esordio “L’ultimo dei sette” da poco pubblicato per Rizzoli.
Le lacrime sono molte di più. Non perché sia commovente anzi: è un libro che sembra scritto da una “millennial” che si scambia messaggini con un “nerd” neanche in bottiglia, ma sui social. Certo a rincuorare – in un libro dove ogni frase è stonata- almeno è il titolo: “L’ultimo dei sette”.
Se fosse stato “il primo dei sette” avrebbe fatto sospettare di altri sei romanzi e le lacrime si sarebbero trasformate in un allarme rosso. Perché la bravissima cantante italiana – tra Nina Simone e Amy Winehouse in format(o) chierichetto- ha voluto inoltrarsi nello scrivere un libro?
Forse perché come scrive subito nella prima pagina troppo presa dall’ennesimo “viaggio di lavoro compresso”. Compresso? Eravamo rimasti ai viaggi brevi e lunghi ma un viaggio compresso è un neologismo che vedremo se avrà un futuro. Certo sempre dalla prima pagina un futuro non sembra averlo come scrittrice: una delle protagoniste si trova a Oslo e scrive “Mi sembra di dovermi tuffare in un cenote talmente profondo che non se ne vede la fine, neanche a sporgersi sul bordo”.
Non è che Nina Zilli intendeva “tuffare da un fiordo”? Perché il cenote non è in Norvegia ma nello Yucatan! Forse il viaggio è stato davvero troppo “compresso”.
Dopo una “relazione scaduta” (esiste la data di conservazione dell’amore?) si è “docciata” – e vai di slang millenial- ecco che “Mi sento i piedi cementati fino agli stinchi, come un mafioso traditore qualsiasi, quando lo vogliono fucilare senza neanche dargli la possibilità di girarsi di schiena per non guardare”. Non è che Nina Zilli ha confuso la Mafia con la Gestapo nazista? Ma forse siamo noi che non capiamo quando poi tutto diventa più chiaro e leggiamo: “Forse perché non posso fare a meno di notare lo spioncino che già mi guarda male, sa che quando tornerò sarà tutto diverso”. Ah, beh! Logico: gli spioncini della porta che guardano mal, ma poi forse è una licenza poetica quando ci imbattiamo in “Ci sarà solo una persona in meno a solleticare gli armadi”. Solleticare gli armadi? Sarà una nuova pratica BDSM, ma ad oggi non ci risulta.
Andiamo avanti: ed ecco che “Vorrei essere l’astronauta che per prima esplora lo spazio profondo, non tanto per raggiungere Nettuno e chiedere C’è Nettuno?, quanto per non avere paura. Di lasciare il carretto emotivo degli affetti, la famiglia e il bla bla bla senza la quale la vita non avrebbe senso”. Saranno contenti in famiglia: “Ah, sai, è tutto un carretto emotivo e un bla bla bla”.
Ecco poi un carretto buddhista: “Non importa rango, estrazione sociale o culturale che sia. Le parole “tromba” e “bocchino” insieme portano tutti là col pensiero. Anche il Dalai Lama, ci scommetterei, se parlasse italiano”. Meno male che non parla ma ancor di più che non lo legge… Più che un romanzo, un naufragio: come scrive la stessa Zilli “Per due giorni bloccato in mezzo al blu, su un ammasso di lamiera allestito manco fosse il Titanic”. Ma il Titanic l’hanno costruito in acciaio, non in lamiera!
A metà libro ecco l’amore per la musica: “Mi innamorai della musica e capii che la mia vita ne sarebbe stata rigonfia”. Rigonfia? Rigonfio può essere un compensato, non la vita. A meno che immaginare che tutti in coro cantino “Voglio una vita rigonfia, fi quelle vite rigonfie così…”. Ma non ci risulta. Ci risulta invece la frase dopo: “Ero stonata come un trombone arrugginito di una banda di alcolizzati su un’isola sperduta della Scozia”. A parte che se fosse “sperduta” non ci arriverebbero notizie. Con “trombone arrugginito” forse Nina Zilli intende la nuova pratica erotica in voga negli Usa? “Rusty Trombone”, si dice: quando la donna solletica ano e membro genitale maschile contemporaneamente.
Ma passiamo a qualcosa di più romantico: ecco che “all’inizio di quello che dovrebbe essere il giorno, con il raggio di sole che scodinzola sul soffitto”. Tutti avete provato a vedere un raggio di sole che scodinzola sul soffitto, no?
Ed ecco che “poi, come Peter Parker, schizzavo con un salto da ninja a rincorrere le porte”. Roba che se lo leggono i giapponesi e si accorgono che Peter Parker l’ Uomo Ragno fa salti da ninja parte una nuova Pearl Harbour. Però siamo convinti che Nina Zilli risolverebbe tutto con un suo paragrafo di alta poetica della letteratura: “E’ pronto!” “Mmm, che buon odorino.” “Ma non scoreggiare anche a tavola” Prot “Non mi ero ancora seduto. Vale?” “No, fai schifo, ma questo lo sapevo già” “Mi piace farti schifo”. “Lo so”. Un dialogo che sintetizza la maggior parte di quelli del romanzo e ci ritroviamo cos’, a libro finito con “le dita dei piedi surgelate”, come scrive Nina Zilli. Congelate, no? Forse a qualche retifista potrebbero interessare, ma per gli altri umani rimane un romanzo che non gira, che non suona e che, anche letto all’incontrario non nasconde nulla, che so “Helter Skelter” dei Beatles. Ecco la playlist del romanzo è molto bella: ma per quella dovete leggere il romanzo o speriamo che Rizzoli ne faccia un cd.
Gian Paolo Serino