M5S: DIMAIANI, 'VERIFICA SU TWEET-BOMBING CONTRO DI MAIO, SE FUOCO AMICO SAREBBE MOLTO GRAVE', 31 gennaio 2022
IL M5S COME IL PARTITO COMUNISTA SOVIETICO: GUERRA DI SPUTTANESCION E COMPLOTTI - I FEDELISSIMI DI DI MAIO: "LA CAMPAGNA DI TWEET-BOMBING CONTRO DI MAIO È LA SOLITA STRATEGIA DELL'ODIO. ADESSO SFRUTTANO ACCOUNT FALSI PER ORIENTARE GLI UTENTI. SPERIAMO NON SIA FUOCO AMICO, SAREBBE MOLTO GRAVE" - IL BOMBARDAMENTO CON L'HASHTAG #DIMAIOOUT E' PARTITO DA 289 ACCOUNT FAKE, LA META' DEI QUALI OPERATIVI IN NORDAMERICA - "REPUBBLICA": "TRA CONTE E DI MAIO CHI PERDERÀ IL DUELLO RUSTICANO POTREBBE ANCHE DECIDERE DI ANDARSENE, FONDANDO ALTRO" -
(Adnkronos) - "Stiamo facendo le opportune verifiche per capire da dove parte la campagna di tweet-bombing contro Di Maio". È quanto affermano, parlando con l'Adnkronos, gli esponenti M5S vicini al titolare della Farnesina, i quali, alla domanda su un possibile 'fuoco amico', aggiungono: "Speriamo di no, sarebbe molto grave". TWEET BOMBING CONTRO DI MAIO, L'ESPERTO: "OPERAZIONE CON ACCOUNT FAKE" Da www.adnkronos.com
Lo scontro tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio si sposta sui social a colpi di tweet. Nelle ultime ore è entrato nelle tendenze di Twitter l'hashtag #DiMaioOut, con cui molti utenti stanno chiedendo la 'cacciata' del ministro degli Esteri dal Movimento 5 Stelle, accusandolo di aver 'tramato' contro il leader Conte nella partita per il Quirinale. Si tratta di una sommossa 'spontanea' o di un'operazione studiata a tavolino?
Per Pietro Raffa, esperto di comunicazione social e amministratore delegato della 'MR & Associati Comunicazione', la risposta è semplice: "E' un tweet-bombing contro Di Maio". "Ho effettuato un'analisi quantitativa e qualitativa dei tweet #DiMaioOut: sono andato a vedere quante persone avevano utilizzato l'hashtag, si tratta di 289 account. E' chiaramente un'operazione studiata, che viene fatta da chi vuole modificare la percezione su alcuni temi", spiega Raffa all'Adnkronos.
"Il tweet-bombing funziona così: ci sono profili 'bot', falsi, coordinati da una persona: un argomento utilizzato da pochi soggetti finisce così nelle tendenze nazionali di Twitter. L'effetto è dare la sensazione che un tema sia molto più discusso di quanto in realtà lo sia. Ho visto che circa la metà di questi profili twittava contro Di Maio dall'America, un po' dall'America del Nord e un po' da quella del Sud.
Questi utenti assumono il tipico comportamento dei profili fake: producono un numero troppo elevato di tweet sugli argomenti discussi. E' probabile che ci sia qualcuno dietro che ha deciso di fare questa operazione. Si tratta inoltre di profili che in passato intervenivano in altri Stati su altri temi. Ad esempio risultavano molto attivi in Francia, per sostenere le posizioni dei gilet gialli, ma anche in Germania a sostegno dei partiti dell'ultradestra", aggiunge l'esperto.
(di Antonio Atte)
BATTELLI: "NO A MINCULPOP INTERNO" "Nel M5S vige purtroppo la regola 'o sei con me o sei contro di me'. Tutto così si riduce a tifoseria comunicativa, tutto sta nel fare uscire la notizia prima degli altri, 'intestarsela', gestire la comunicazione in maniera unilaterale e zero voci in dissenso. Questo modello può funzionare forse stando all'opposizione, con una manciata di parlamentari. Ma il M5S ha preso il 33% alle ultime elezioni e di parlamentari ne ha molti di più.
Il sistema delle parlamentarie ha fatto sì che entrassero in Parlamento sensibilità diverse, anche opposte su molte questioni. Luigi Di Maio ci ha messo sempre e per primo la faccia (mentre altri hanno preferito non prendersi alcuna responsabilità profetizzando sui social) con intuizioni incredibili e, per carità, anche errori, ammettendo poi di aver sbagliato (cosa rara in politica) e soprattutto ha sempre tenuto rapporti umani con le persone (mentre altri nemmeno ti rispondono al telefono)". Lo scrive sui social Sergio Battelli, deputato 5 Stelle e presidente della Commissione Politiche Ue alla Camera.
"Detto ciò, oggi abbiamo un problema: molti, io per primo, vogliono spiegazioni. Spiegazioni, non teste rotolanti. Parlare di ciò che è successo nella lunga settimana appena trascorsa. Io non ho accuse da fare ma sicuramente dubbi da dirimere", aggiunge il pentastellato. "Il MinCulPop interno - rimarca Battelli - l'ho sempre detestato e non inizierò certo a farmelo piacere oggi. Perché il non detto e il subito possono fare danni enormi. Ecco perché una richiesta di confronto seria e non di facciata, dura, forte non è uno sfregio, non è una 'lesa maestà', non è un insulto ma l'unico modo per dissipare le frizioni".
"È incredibile che il Movimento che ha fatto della Democrazia il proprio mantra usi le picconate social (con tweet che lanciavano hashtag gestiti da profili fake) Nei partiti esiste questa dialettica, esistono gli scontri forti, esistono teste pensanti che mettono alle strette il 'capo'. Fa parte della vita politica di ogni grande gruppo, si litiga in una riunione condominiale, figuriamoci qui. Le repressione o la genuflessione davanti al capo non fa parte del mio modo di fare. Di solito, dopo queste forti discussioni, si esce sempre migliori oppure a pezzi ma qui non esiste chi ha ragione e chi ha torto ma solo chi ha idea diverse per arrivare allo stesso obiettivo", conclude.
RUMORS ALLA CAMERA: "STRATEGIA DELL'ODIO" "È la solita strategia dell'odio. Adesso sfruttano account fake per orientare gli utenti. Quella della macchina del fango contro Di Maio è una pratica già esistente, ci facciamo i conti da anni". Rispondono così all'Adnkronos i parlamentari vicini al ministro degli Esteri a chi chiede un commento sull'hashtag #DiMaioOut: una campagna mirata, secondo i 'dimaiani' - che riportano le dichiarazioni di alcuni esperti social tra cui Raffa -, "portata avanti con account falsi su Twitter".
"Questa nuova trovata non ci stupisce - continuano i dimaiani -, ciò non toglie che sia un fatto molto grave. Così si apre a quelle manifestazioni d'odio sui social che, specialmente negli ultimi tempi, purtroppo conosciamo bene. Recentemente abbiamo visto cosa provocano questi fenomeni, che nelle loro degenerazioni estreme possono portare ad escalation di violenza e minacce", concludono.
I 'DIMAIANI': "STIAMO FACENDO OPPORTUNE VERIFICHE" "Stiamo facendo le opportune verifiche per capire da dove parte la campagna di tweet-bombing contro Di Maio". È quanto affermano, parlando con l'Adnkronos, gli esponenti M5S vicini al titolare della Farnesina, i quali, alla domanda su un possibile 'fuoco amico', aggiungono: "Speriamo di no, sarebbe molto grave".
"PRESIDENTE DA SFIDUCIARE" C'È CHI VUOLE IL CAMBIO DI LEADERSHIP L'IRA DI GRILLO SUL CASO BELLONI Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
C'è solo una cosa che al momento mette d'accordo le due tribù del M5S, i "contiani" e i "dimaiani": stavolta bisogna andare fino in fondo, perché così è impossibile andare avanti. Tra i due, alla fine, ne rimarrà solo uno. Giuseppe Conte si sente tradito e per Luigi Di Maio vorrebbe una sorta di processo pubblico, non solo davanti ai parlamentari, ma di fronte a tutti gli iscritti.
Il ministro ed ex capo politico invece non ha alcuna intenzione di scusarsi di qualcosa e anzi, tesse la tela in quelle che prima erano le "sue" truppe, gente da lui messa in lista nel 2018, nella convinzione che sia possibile scalzare l'attuale presidente o comunque relegarlo in un angolo. Già provato dall'affare Riccardo Fraccaro nella settimana prima del voto per il Quirinale, con il già ministro sospettato di aver tramato alle spalle di Conte per mandare al Quirinale Giulio Tremonti, il presidente del Movimento si sente accerchiato. I take delle agenzie di stampa sul M5S non direttamente riconducibili ai vertici, i retroscena sui giornali: ogni commento o critica al suo operato è vista come una trama dei dimaiani. E così, a mali estremi estremi rimedi.
La parola "espulsione", riecheggiata già per Fraccaro, ora torna per Di Maio. «Ora basta, vanno cacciati tutti, meglio pochi ma uniti », si è sentito dire negli ultimi giorni - più volte - da esponenti vicini all'attuale vertice. «La situazione è fuori controllo, serve un chiaro atto di sfiducia contro Conte e i suoi», promettono invece i dimaiani. Loro non se ne vogliono andare né gli basta fare la corrente di minoranza. I giochi per il Quirinale sono stati una sorta di pre-congresso, la convinzione del ministro è di poter contare su almeno 70-80 parlamentari, ad oggi (sono solo 20, replicano dall'altra sponda).
È difficile dire come andrà a finire, perché al di là degli schieramenti in chiaro - i pesi massimi con Di Maio sono la viceministra all'Economia Laura Castelli e l'ex ministro Vincenzo Spadafora; i fedelissimi di Conte sono il capodelegazione al governo Stefano Patuanelli e l'ex reggente del Movimento Vito Crimi - c'è una vasta area grigia dentro il M5S che non ha ancora preso una posizione e che resterà alla finestra in attesa di fiutare l'aria. E poi ci sono le variabili. La prima: Grillo, il garante acciaccato ma ancora capace di spostare gli equilibri. Da tempo viene tirato per la giacca da entrambi i versanti, la sua assenza complica le cose perché ognuno gli mette in bocca tutto e il suo contrario.
Ora viene descritto in piena sintonia con Conte, ora infuriato per essere stato ingannato sempre da Conte facendolo esporre su Belloni. Nessuno però dimentica la plateale demolizione di Conte, la scorsa estate, che stava facendo anche allora saltare in aria il M5S. Arrivarono proprio Di Maio e Roberto Fico a riportarlo a più miti consigli. Il presidente della Camera in questi giorni si è tenuto distante dalla contesa e tale resterà almeno fino al nuovo insediamento di Sergio Mattarella, di sicuro un suo coinvolgimento produrrà degli smottamenti in un senso o nell'altro. Dopodi ché Di Maio gode ormai di ampia stima nel cosiddetto establishment e non solo politico, ma Conte ha (o avrebbe) i voti fuori dal palazzo grazie ad un ancora alto consenso personale.
E come dimenticare infine Alessandro Di Battista, ex di lusso oggi svincolato ma che se tornasse in partita potrebbe ancora fare la differenza? Sui social non manca mai di attaccare il M5S per i suoi "tradimenti" ma intanto ha comunque difeso Conte. Chi perderà il duello rusticano potrebbe anche decidere di andarsene, fondando altro. Un esito che complicherebbe la vita a molti: al centrosinistra e poi al governo stesso, peraltro alla Farnesina si continua a ritenere che Conte in cuor suo voglia farlo cadere. Commenta un big di primo piano: «Andremo in guerra, ci saranno morti e feriti. E però obiettivi, esigenze, linguaggi e target sono ormai troppo diversi». Chi conosce bene Di Maio lo racconta come avveduto nelle cose di partito, pronto a ingaggiare battaglia quando è certo di vincerla. Altrimenti chissà, dopotutto il Parlamento sembra orientato a varare una legge proporzionale e il destino di Mario Draghi in politica potrebbe non esaurirsi al 2023.