La Stampa, 31 gennaio 2022
Luciano Canfora: «Il Quirinale è un super-potere»
La scalata al Quirinale è finita, ma per lo storico Luciano Canfora l’asprezza della battaglia dimostra che qualcosa è cambiato in profondità nella politica italiana: «In questi giorni si è avuto conferma dell’enorme cambiamento della Costituzione materiale di questo Paese: il Quirinale è diventato un potere preponderante», perché oramai «il governo legifera, il Parlamento ratifica e conquistare il Quirinale è diventato fondamentale, perché dal Colle, in autonomia, sono stati varati governi cosiddetti tecnici, ma tutt’altro che tecnici, come quelli guidati da Mario Monti e da Mario Draghi».
Classe 1942, storico e filologo del mondo antico, tra gli storici italiani più tradotti nel mondo, un’antica simpatia per Palmiro Togliatti e per il socialismo reale, Luciano Canfora è uno degli ultimi intellettuali di una tradizione, quella comunista ortodossa, che ha profondamente pesato nel secondo dopoguerra ed è anche un osservatore fuori dal coro delle vicende politiche.
Che le pare della rielezione di Sergio Mattarella?
«Beh, abbiamo scampato Elisabetta Casellati: mi sembra un colpo notevole…».
Mattarella è stato rieletto alla ottava votazione, ma nel passato ne erano servite mediamente nove, siamo dunque sotto la media. Il coro dice: leader lenti e impotenti. Condivide?
«Un coro un po’ superficiale. Quando fu eletto Giovanni Leone, per fare un solo esempio, servirono molte più votazioni e così anche in altre occasioni. In ogni caso il numero delle votazioni ha un’importanza relativa. In questa "tornata" il vero problema era un altro e riguardava il destino del governo in carica. Hanno provato e riprovato e alla fine non sono riusciti a farlo cadere. Far smottare il governo in carica è un problemone per tutti. Tranne, forse, per Meloni che non ne fa parte».
Imperversa il giochino «chi ha vinto e chi ha perso» con tanto di pagelle, ma non pensa che i vincitori morali di questa partita oltre ai peones «autoconvocati», siano stati i leader fautori dello statu quo?
«Ognuno ha i suoi problemi: i Cinque stelle rischiano di non entrare nel prossimo Parlamento, il Pd si appella agli Dei, Salvini vuole divorare l’elettorato di Meloni e non sa se ce la farà, Forza Italia chiederà…una borsa di studio. Il problema di tutti è il dopo e infatti credo che Salvini abbia premuto per uno scambio: votiamo Mattarella ma a noialtri dateci maggior peso al governo. Draghi credo che gli abbia già detto che questo non accadrà. Resta da capire: cosa accade al governo e quanto durerà?».
Se qualcuno dei leader aveva serie intenzioni di andare a votare, quale migliore occasione di quella passata? Preferiscono tutti attendere?
«C’è un interesse largamente diffuso a non andare a votare subito e questo atteggiamento per il governo è una sorta di Gerovital che allunga la vita. Lo strappo a destra è un problema per entrambi. Meloni esce sconfitta ma può vantare la propria purezza di linea. Salvini ha pensato di fare un colpaccio ma ora vuole qualcosa in cambio. Ci saranno tensioni ma prima del marzo 2022 non si voterà».
In questi giorni si sono mossi due Movimenti 5 stelle, mentre di quello delle origini, sinceramente anti-sistema, non c’è più traccia: rischiano l’irrilevanza politica?
«Non vogliono lasciarsi definire partito e semmai restare in movimento. Hanno perso almeno un quarto dei loro eletti nel giro di tre anni e mezzo, ma loro incapacità di muoversi in maniera disciplinata non mi stupisce. E’ inerente al magma dal quale sono largamente oppressi. Conte sperava di costruire una disciplina e non so se ce la farà. Siamo lontani. Questa buffa situazione per cui i senatori si riuniscono e dicono" vogliamo Mattarella", mentre i deputati non sono d’accordo, è davvero molto stravagante e a mia memoria qualcosa di analogo non era mai successo prima».
Si può discutere sulla qualità della «sovraeccitazione» mediatica, ma non trova che la quantità sia giustificata dal peso del Quirinale sul sistema politico?
«Oramai i governi sono strettamente condizionati da una Presidenza della Repubblica sempre più forte, incisiva, determinante. In questo scenario, che si è determinato negli ultimi 20-25 anni, è fondamentale conquistare il Quirinale. Tanto più che oramai il Capo dello Stato ha come appendice la carica di primo ministro che guida governi che legiferano, mentre il Parlamento in ginocchio dice "signorsì"»
Da Scalfaro in poi gli outsider diventati presidenti non sono più spettatori formali e pur restando dentro la Costituzione diventano supplenti. Compreso Mattarella?
«Alcuni di loro erano figure carismatiche di per sé. Lo era Sandro Pertini, Persino Giovanni Leone: fu al centro di battaglie feroci ma si trattava di un grande penalista che, al di là di aspetti molto napoletani, aveva una grande competenza nel campo giuridico. Nel febbraio 1957 ricordò con parole nobilissime Concetto Marchesi, appena scomparso. Lesse alla Camera una pagina significativa della Letteratura latina. Ma è come se stessimo parlando della Repubblica di Platone! E’ con Pertini che si apre la pagina dei Presidenti non più iper-garantisti e che si producono in interventi irrituali. Cossiga pose il problema della revisione della Costituzione, cosa che è avvenuta de facto con Napolitano e Mattarella che hanno messo in atto questa preponderanza del Quirinale, varando i due governi cosiddetti tecnici».