La Stampa, 30 gennaio 2022
Catalogna, le streghe son tornate
In tempo di negazionismo, anche la caccia alle streghe di quattro secoli fa non sembra poi così lontana. Il sonno della ragione produce mostri, ieri come oggi. La Catalogna ha deciso di chiudere i conti con una delle sue terribili superstizioni del passato, una malvagità che fece quasi mille morti, e riabiliterà le «maghe», le fattucchiere, le streghe condannate tra il 1300 e il 1700, dedicando loro strade e giardini.
Tra il XIV e il XVIII secolo, ironia della sorte mentre fiorivano scienza e cultura, in tutta Europa è stata ben radicata una forma di femminicidio istituzionalizzato che mandò a morte circa 50 mila persone. Erano le figure femminili più emancipate della società, indipendenti e proto-femministe. Furono arse vive o impiccate per risparmiare legna (come a Barcellona) perché considerate pericolose. Erano vedove, guaritrici, ostetriche, esperte di erbe medicali, donne sole con beni propri. Lamia, janara, masca o strega, dal latino «strix, strigis», uccello notturno. In ogni lingua le abbiamo chiamate con nomi diversi, ma la sostanza non cambiava.
Erano perseguitate perché accusate di ogni nefandezza, dalla morte improvvisa dei figli a carestie e calamità, dotate di presunti poteri magici. Dietro di loro c’era il diavolo, si credeva. E per salvare l’umanità, bisognava sterminarle. Una persecuzione durata più di quattro secoli, fino all’ultima vittima, Anna Goldi, condannata nella Svizzera calvinista nel 1782. Da società permeate di misoginia. Perfino nell’immaginario: la strega era una donna vecchia e brutta, e cattiva. Inquietante.
Ora, la Catalogna vuole riscattare la memoria. Dopo Svezia, Scozia e Svizzera, anche il parlamento di Barcellona ha votato a larga maggioranza la riparazione degli errori compiuti nel passato e annuncia che promuoverà studi sul tema della caccia alle streghe, battezzerà vie e monumenti a queste donne uccise ingiustamente. «Non erano streghe, erano donne», è il manifesto promosso dalla rivista Sapiens. La proposta è in linea con quella già approvata dal parlamento di Navarra nel 2019. In Catalogna, solo il Partido Popular e Vox non hanno votato a favore. Il presidente Pere Aragonès ha definito il fenomeno «femminicidio commesso dalle istituzioni», mentre la deputata della sinistra repubblicana Jenn Diaz ha riaperto la ferita con un link che riporta al patriarcato dominante del presente, alle nostre società dispari, all’immaginario maschio-centrico: «Siamo noi le eredi delle streghe, delle guaritrici, delle fattucchiere. Siamo noi le femministacce. C’è un legame tra la caccia alle streghe e l’omicidio delle donne. Vogliamo riparazioni, ma capiamo che la nostra società è ancora lontana dalla rimozione dei pregiudizi».
La prima legge europea contro la stregoneria è datata 1424. Si pensa che fu approvata proprio a Lleida, in Catalogna, dove tuttavia l’Inquisizione a quel tempo era più interessata a estirpare le eresie di ebrei e musulmani che non si convertivano al Cristianesimo. La caccia alle streghe era diffusa nelle zone rurali, sotto il potere assoluto dei signori feudali. A differenza che nel resto d’Europa, in Catalogna le vittime venivano impiccate, non bruciate sul rogo come da noi. I tribunali richiedevano alcune «prove» nei processi. La sola confessione, spesso estorta, era un elemento sufficiente per mandarle a morte. Spesso erano gli stessi vicini a denunciarle. I villaggi assumevano addirittura figure professionali per svolgere il compito, come a Sallent, un comune di 7000 abitanti oggi, dove Joan Cazabrujas (Giovanni il cacciatore di streghe) accusò e uccise 33 ragazze. Quando l’Inquisizione scoprì che la maggior parte di loro era innocente, fece bruciare l’uomo su una pira.
Il «perdono» catalano arriva 400 anni dopo. Secondo la giornalista Ivet Eroles, autrice di «Donne al margine. Streghe e altre storie di stigmatizzazione e oblio», richiama l’attenzione sul mito della malvagità femminile, archetipo che comprende anche la concezione della sessualizzazione della donna. Ogni volta che si riaccendono stereotipi contro le donne perpetrati per secoli, dice, «riscopriamo di essere nipoti di quegli stessi persecutori».