la Repubblica, 30 gennaio 2022
Il business No Vax
Joseph Mercola è un osteopata 67enne della Florida che ha trovato il modo di diventare milionario: spargere bugie, sospetti e terrore sui vaccini contro il Covid, negare la gravità della pandemia, incitare i suoi concittadini (ma anche diverse migliaia di persone in tutto il mondo) a non obbedire alle misure di protezione, a partire dall’uso delle mascherine. Mercola sparge le sue teorie online, viaggiando da una piattaforma all’altra con articoli, video, grafiche, sapientemente confezionati per la condivisione.
Secondo il New York Times, Mercola è il disinformatore principe di internet, e anche uno dei più profittevoli. Il suo nome figura in cima alla lista di una “sporca dozzina” di disinformatori professionali individuati dal centro di ricerca britannico “Centre for countering digital hate” (Ccdh), che in un recente rapporto ha fatto i conti in tasca sia ai professionisti del profitto No Vax che alle piattaforme che questa propoganda ospitano e amplificano: un giro d’affari totale di circa 36 milioni di dollari all’anno, diviso tra 22 aziende appartenenti a 12 individui. Con i suoi oltre 4 milioni di follower tra Facebook, Instagram, Youtube e Twitter e una pagina a pagamento per abbonati sul sito di autopubblicazione Substack da decine di migliaia di sottoscrittori, Mercola ha costruito un impero che impiega 159 dipendenti dagli Usa alle Filippine e che, secondo il Ccdh, da quando è iniziata la pandemia ha guadagnato oltre 7 milioni di dollari. Guadagna in pubblicità, abbonamenti, e dalla vendita di integratori alimentari “miracolosi” per la cura contro il Covid. Qualcosa di simile a quel che hanno tentato di fare in questi mesi in Italia anche emuli “naturisti”, con discreto successo.
Chi invece fa affari sulla paura sono altri personaggi della lista dei “12 disinformatori d’oro”. È il caso del pupillo complottista della dinastia Kennedy, Robert F. jr, con il suo gruppo antivaccinista Children’s Health Defence, o di Del Bigtree, fondatore dell’Ican, l’Informed consent action network, entrambi focalizzati sul reclutamento e l’indottrinamento di genitori preoccupati per la sicurezza e l’efficacia dei vaccini. Da quando Facebook e Youtube li hanno “scaricati”, cancellando in parte loro pagine dopo aver raccolto evidenze sulla falsità dei contenuti, sia Kennedy che Bigtree hanno fatto ricorso legale contro le piattaforme, sostenendo di aver avuto perdite economiche dalla mancata esposizione sulle piattaforme social. Viceversa, secondo l’analisi del Ccdh, anche le piattaforme guadagnano molto dall’industria No Vax: un seguito stimato di oltre 60 milioni di persone nel mondo può voler dire – secondo le metriche delle stesse piattaforme – un ricavo di oltre un miliardo di dollari.
I piccoli imperi dell’antiscienza danno lavoro a migliaia di persone e producono guadagni certi ai loro dirigenti: si va dai 255mila dollari annui di ricompensa a Kennedy per il suo ruolo alla guida dell’associazione di difesa dei bambini, ai 232mila di Bigtree alla guida di Ican. Da dove arrivano i soldi? Donazioni, in primo luogo, e poi promozioni spesso incrociate all’interno della stessa galassia: un personaggio di spicco del mondo No Vax pubblicizzerà il mio video, o il mio integratore miracolo, in modo tracciabile per poter essere retribuito in base ai profitti derivati dalla promozione stessa. Paradossalmente, molti di questi gruppi hanno beneficiato anche degli aiuti di Stato concessi dalle amministrazioni Trump e Biden alle imprese in difficoltà a causa del Covid: con la motivazione che sarebbero stati a rischio centinaia di posti di lavoro, solo Mercola ha intascato dallo Stato oltre 600mila dollari.
Ma quando si parla di disinformazione online, non è solo a Facebook o Youtube che bisogna guardare. Molti di questi principi del complottismo no vax si stanno trasferendo in massa su altre piattaforme, dove i contenuti vengono consumati “on demand”. Ha fatto discutere la polemica sollevata contro Spotify dai cantautori Neil Young e Joni Mitchell che hanno chiesto la rimozione di tutte le loro canzoni dalla piattaforma perché non potevano condividere lo stesso “palcoscenico” con un podcast complottista e antiscientifico come il “Joe Rogan Experience” di Joe Rogan. Ed è anche il caso di Substack, il sito di autopubblicazione per abbonati su cui, sempre secondo i dati dei ricercatori britannici di Ccdh, cinque newsletter di altrettanti leader No Vax da sole hanno generato 2,5 milioni di dollari in un anno. Una di queste è naturalmente quella di Mercola, che figura al tredicesimo posto tra le newsletter più pagate della piattaforma, secondo i dati dell’Institute for strategic dialogue di Londra. Oltre un milione di dollari all’anno per post come quello del 9 gennaio scorso, dal titolo: “Sono morti più bambini per i vaccini che per il Covid”.