la Repubblica, 30 gennaio 2022
Giuliano Amato eletto presidente della Corte Costituzionale
L’elezione diretta del capo dello Stato? «Io penserei al semipresidenzialismo francese». La scelta del presidente? «Il Parlamento funziona attraverso i gruppi, e ciascun gruppo dovrebbe decidere, ma prevale l’opinione personale. Potremmo trovarci di fronte alla conferma del capo dello Stato per scelta individuale». I rapporti tra Consulta e Parlamento? «La collaborazione è essenziale». E sul rapporto tra uomo e donna ecco un’affermazione fortissima: «Continuiamo a vedere la donna dalla cintola in giù… Noi maschi abbiamo di che vergognarci. Non chiediamo al Parlamento di risolvere qualcosa che è dentro di noi».
C’è l’ en plein dei giornalisti, alla Corte costituzionale, dove a mezzogiormo in punto Giuliano Amato viene eletto presidente. Il “dottor Sottile” – l’avevano battezzato così quand’era una testa d’uovo del Psi di Bettino Craxi di cui fu vice segretario – resterà in carica fino al 18 settembre, quando scadranno i suoi nove anni alla Corte. Gli stessi mesi di Marta Cartabia. I 14 colleghi hanno votato tutti per lui. Tra questi anche il neo giudice Filippo Patroni Griffi, l’ex presidente del Consiglio di Stato che un’ora prima ha giurato nelle mani di Sergio Mattarella.
Amato si prende subito la scena. Abituato com’è a vestire una carica di peso. La sua storia politica taglia quella della Repubblica. Ex premier per due volte ed ex ministro del Tesoro e dell’Interno, nonché costituzionalista della Sapienza e giurista di fama internazionale (ha insegnato più volte negli Usa dove tuttora tiene seminari). Senza perdersi in scosse interne, sceglie tre vice presidenti, una novità. Sono i giudici più anziani dopo di lui, la lavorista Silvana Sciarra, prima donna eletta giudice della Corte dalle Camere nel 2014. E ancora, l’ex rettrice dell’università di Trento Daria de Pretis, nominata da Napolitano l’11 novembre assieme al terzo vice presidente, il costituzionalista Nicoló Zanon.
Mentre a Montecitorio la conferma di Mattarella è già scontata, su Amato piovono domande “politiche”. È possibile l’elezione diretta del capo dello Stato? La risposta apre il dibattito: «I sistemi costituzionali sono come gli orologi. Le rotelle sono tutte collegate e l’orologio funziona se gli ingranaggi si incastrano. L’elezione diretta presenta benefici perché avviene in un giorno. Ma non puoi trasferirla così com’è in un sistema. Se si decide di farlo, allora bisogna cambiare orologio per evitare pasticci. Quello americano è poco adatto al nostro polso. Io come minimo penserei al modello francese». Ecco, sul tavolo c’è l’elezione diretta del capo dello Stato che sceglie il premier, sul quale vota il Parlamento.
Ma ecco un’altra questione calda, i rapporti tra Consulta e Parlamento, resa incandescente dalle leggi incostituzionali che la Corte chiede di correggere in un anno, altrimenti lo farà da sola. Come col fine vita. È scaduto il tempo per il carcere ai giornalisti, a maggio batte il rintocco per l’ergastolo ostativo. «La collaborazione con il Parlamento è fondamentale» premette Amato. E s’avvia a bacchettare garbatamente Camera e Senato: «Prima la Corte lasciava un vuoto, poi ci sono state le sentenze additive, ora indichiamo una delle soluzioni possibili, ma aspettiamo la risposta del Parlamento». Questioni che attengono ai valori, «cos’è la famiglia, cos’è il genere, cos’è la sicurezza». E sulle carceri sovraffollate Amato annuncia che «se ci fosse riproposta una questione, avremo la responsabilità di affrontarla ». Ma è sulle donne che Amato è di una nettezza adamantina. «Continuiamo a vedere la donna dalla cintola in giù. Noi maschi abbiamo di che vergognarci. Non chiediamo al Parlamento di risolvere qualcosa che è dentro di noi». Ha studiato la questione: «I ragazzini sono privi di un’identità a cui ancorarsi. Cercano l’affermazione di sé attraverso l’impossessamento di ciò che si ha davanti. Alle spalle c’è una famiglia che non parla, che non sa cosa dire. Intorno c’è una comunità che non funziona. È un problema che riguarda tutti, non solo le istituzioni».