il Giornale, 29 gennaio 2022
In morte di Corrado Alunni
Prima di «dissociarsi», ci ha riflettuto 20 anni. Tanto è trascorso da quel lontano 1967 quando Corrado Alunni comincio a bazzicare i primi terroristi già «affermati» (in primis Mario Moretti) a quel «liberatorio» 1987 quando l’ex operaio della Siet-Siemens decise di abiurare ciò che restava della «lotta politica armata», firmando – dieci anni dopo, nel 1997 – un patetico appello per «chiudere la Storia infinita degli Anni di piombo e aprire la strada a una democrazia matura, una classe politica e una Repubblica che vogliano davvero rinnovarsi»; insomma, una parabola deprimente che lo ha portato a trasmigrare dalla tragica cattedra di cattivo maestro a quella comica di maestrino con la vocazione da «statista». Ieri per l’ex brigatista quella parabola si è conclusa definitivamente: Corrado Alunni è morto infatti nella sua Varese all’età di 75 anni. Il destino ha voluto che tutto finisse dov’era cominciato. Nello stesso territorio in cui Alunni cercò di «mettersi in proprio» tagliando il cordone ombelicale che lo legava ai fratelli maggiori delle Brigate Rosse e fondando una Brigata Comunista tutta sua e che però, nei riguardi delle BR, continuerà sempre a nutrire una sorta di complesso di inferiorità misto a un senso di rispetto reverenziale. Mentre in fatti le BR mettevano a segno attentati di «serie A», i militanti fedeli ad Alunni frequentavano i «campionati inferiori», accontentandosi di espropri proletari e distruzioni di «simboli capitalistici». Ma senza mai arrivare a gambizzazioni o omicidi. I comunisti di Alunni erano invece specializzati in «irruzioni contro il lavoro nero in cantieri e officine; ronde armate contro lo spaccio di droga; attentati contro carceri, stazioni delle forze dell’ordine e sedi partitiche; dossieraggio su dirigenti d’azienda». In nessun blitz ci furono vittime, benché non poche ombre permangano su un suo possibile ruolo nel rapimento Moro.
Le condanne inflitte ad Alunni nei vari processi ammontano a circa 50 anni, solo parzialmente scontati: un po’ per buona condotta (dal 1989 la prima seimilibertà), un po’ perché Alunni non disdegnava le evasioni, come quella di cui fu protagonista con Renato Vallanzasca nel 1980 dal carcere di San Vittore. Due anni prima, nel 1978, Alunni era stato arrestato nel covo di via Negroli, lasciandosi alle spalle un curriculum di sigle tristemente note come quella delle Formazioni comuniste combattenti.
Oggi c’è chi vorrebbe addirittura riabilitare la sua figura: «Non va ricordato solo per aver aderito alle Br – sostiene Davide Steccanella, avvocato e storico -. Era una persona moralmente retta. Un operaio nato a Roma e arrivato a Milano per fare l’operaio alla Sit-Siemens e che come tanti altri fece la scelta di cambiare le cose, pagandola con anni di carcere».
Il minimo che possa accadere a chi – «le cose» -, ieri come oggi, «sceglie di cambiarle» con la violenza.