Corriere della Sera, 29 gennaio 2022
Tomaso Trussardi parla del divorzio da Michelle Hunziker
Tomaso Trussardi, come sta?
«La fine di un relazione non è mai bella. Non sono felice, non lo è neppure Michelle, ma è stata una scelta fatta – potrà sembrare strano – per tutelare la famiglia e soprattutto le nostre figlie Sole e Celeste, che meritano di avere due genitori che stanno bene insieme. Oggi, in questa nuova veste, andiamo d’accordo».
Protagonista da sempre – e spesso suo malgrado – per fatti legati alla vita privata, dalla morte del padre Nicola a quella del fratello Francesco («Ero adolescente e in entrambi i casi fui il primo della famiglia a saperlo»), Tomaso Trussardi, nato sotto il segno dell’Ariete 38 anni fa a Bergamo, poco più di una settimana fa ha annunciato insieme a Michelle Hunziker la loro separazione. «Rimane la donna che ho amato di più nella mia vita e la amo ancora, ma in una forma diversa. Le devo moltissimo: quando l’ho conosciuta avevo 28 anni e grazie alla sua vicinanza sono cresciuto umanamente e professionalmente. Insieme abbiamo messo a fuoco i nostri valori».
Con quali valori è cresciuto ?
«Con l’etica del lavoro e della normalità. Nonostante la straordinarietà del nostro cognome, mio padre Nicola ha sempre voluto che noi figli fossimo “di Bergamo”. Mi diceva “vai pure a letto all’ora che vuoi, ma ricordati che domani mattina ti sveglio alla solita ora, all’alba...”. Per mio padre il weekend era fatto per vivere la casa e la famiglia, non per le gite fuori porta: andavamo nella Città Alta e tornavamo pieni di borse vecchie, cinture, oggetti presi dai rigattieri. In fin dei conti non smetteva mai di lavorare: anche quella per lui era “ricerca” di nuovi spunti e materiali».
Quando suo padre muore, di notte in un incidente stradale, lei ha solo 15 anni.
«Rimane il mio più grande rammarico: l’ho conosciuto solo come tutore e mai come uomo. Anche da genitore è stato poco presente: la sua era una generazione di imprenditori che dovevano non solo costruire la propria azienda, ma ricostruire l’Italia. Alla notizia della morte ricordo di essermi sentito senza protezione e di aver pensato: “E adesso cosa facciamo?”»
Come ha fatto?
«È stato mio fratello Francesco, di nove anni più grande, a farmi da padre. Avevamo una sintonia incredibile, poi mi ha lasciato anche lui, nello stesso modo di mio padre: sono dovuto andare a riconoscerlo nel luogo dell’incidente, mentre l’ambulanza cercava di rianimarlo».
Cosa avrebbe detto suo padre se avesse conosciuto Michelle Hunziker?
«Gli sarebbe piaciuta tantissimo. Lui aveva un debole per le persone solari, con talento ed energia».
Chi le è stato vicino in questo momento della separazione?
«Gli amici si vedono nel momento del bisogno e di getto direi Odino, il mio levriero. Ma in realtà ho delle persone su cui posso contare: sono le stesse di 20 anni fa, molti di Bergamo, oltre a persone nuove che mi piacciono e che ho conosciuto attraverso la passione per i motori. Sono ambasciatore della Motor Valley dell’Emilia Romagna e ho fondato Fast Cars Slow Food TT, una società che organizza eventi che coinvolgono cultori delle auto e del buon cibo».
Ha detto addio alla moda per i motori?
«Questo no, ma avendo lasciato la presidenza dopo esserne stato per 10 anni amministratore delegato, Trussardi è diventata una delle mie attività. Dopo l’ingresso del fondo d’investimento mi sono ritagliato un ruolo più di consulenza strategica e siedo nel cda. Oggi mi dedico al food e ai motori: la verità è che trovo più genuino il mondo delle auto. È fatto di “metalmeccanici”, mossi da passione pura, il fashion è più artificiale. Si fissano appuntamenti e poi magari la gente neppure si presenta».
Come le è venuta l’idea?
«Abbiamo luoghi bellissimi ma sconosciuti, ogni centro storico italiano ha più di 500 anni: ho pensato di aggregare in modo inclusivo persone accomunate dal piacere dei motori e del cibo. L’idea mi è esplosa in mano: facciamo almeno 3 eventi al mese e siamo pieni per tutto il 2022. A chi si iscrive consiglio di vivere l’esperienza in coppia: la famiglia continua ad affascinarmi sempre».
Che padre è per le sue figlie Sole e Celeste?
«Cerco di essere più presente possibile, le porto con me agli eventi, giochiamo tanto. I miei genitori non mi hanno mai insegnato la socialità che ho dovuto scoprire da autodidatta: le mie bambine viaggiano, incontrano, sanno stare al mondo».
Nel comunicato condiviso che avete rilasciato con Michelle Hunziker scrivete: «Ci impegniamo a proseguire con amore e amicizia il percorso di crescita delle nostre meravigliose bambine».
«E così sarà. Mi piacciono le case piene, quando ci siamo fidanzati e sposati non avremmo mai immaginato di lasciarci. Sia da una parte che dall’altra c’è totale apertura: le bambine stanno con la mamma ma io posso vederle quando voglio. Detto questo non so se saremo quel genere di genitori separati che fanno le vacanze insieme: magari iniziamo prima con una cena».
Avrebbe voluto un terzo figlio?
«Con Michelle abbiamo subito voluto diventare genitori: il terzo figlio lo abbiamo cercato, ma non è arrivato, senza rammarico».
Lei è stato una figura paterna anche per Aurora.
«Ho sempre cercato di pormi come un amico e un fratello maggiore, sono entrato nella sua vita che aveva 16 anni e credo che per lei non sia stata la cosa più facile del mondo. Negli ultimi tempi i nostri rapporti si sono un po’ rarefatti e mi spiace molto, mi auguro che tutto si sistemi. Ho un affetto grande per lei, continuo a usare un beauty-case con le iniziali che mi ha regalato lei per un compleanno. Ho però mantenuto una bellissima amicizia con il suo fidanzato, Goffredo».
Avete vissuto il periodo del lockdown a Bergamo tutti insieme. Come è stato?
«Denso di preoccupazioni a livello lavorativo, come per tutti gli imprenditori. Non è vero che la crisi matrimoniale è iniziata con la convivenza forzata: io e Michelle eravamo abituati a stare insieme quotidianamente, non eravamo una coppia da weekend. E in fondo è stato un periodo creativo: mi sono fatto venire nuove idee».
E ha consegnato il cibo alle persone chiuse in casa per il lockdown.
«Sì, ho fatto per un periodo il rider. Si è sparsa la voce e arrivavano telefonate da ogni parte: ho dovuto smettere perché quando consegnavo il cibo la gente non mi faceva più andare via, voleva offrirmi il caffè, farsi un selfie: era, in termini di tempo, poco economico. Tanti ordini arrivavano da Bergamo: la sera a Milano riempivo la macchina e facevo il “Glover”...».
Lei e i suoi fratelli siete stati i pioneri del personal branding, facendo da testimonial al marchio. «Sia Francesco che Beatrice avevano fatto da modelli per Trussardi Jeans e poi abbiamo cominciato anche io e Gaia: ho iniziato a 15 anni e ho smesso a 23. L’intuizione di mio padre era stata quella di mettere le famiglie al centro: l’Italia è famosa per le “dinastie” che guidano anche le aziende, il mondo anglosassone invece ha sempre avuto un azionariato diffuso. Noi e i Missoni abbiamo raccontato attraverso la moda anche la storia di una famiglia».
Eros Ramazzotti.
«È il papà di Aurora e ha per questo un ruolo molto importante. So bene che c’è sempre stata una parte di fan che ha sperato nella sua riconciliazione con Michelle, un po’ genere Al Bano e Romina. Oggi so che dice di voler aiutarla a superare le negatività, ma forse avrebbe dovuto esserci in altri momenti. Meglio che ognuno stia al suo posto: già in passato ha mancato di rispetto a tutta la famiglia quando, durante una intervista con Pio e Amedeo, alla domanda sul perché Michelle fosse sempre sorridente ha risposto: “A letto con me non rideva”».
Cosa ricorda del giorno del suo matrimonio?
«Quando dopo il sì ci siamo affacciati dalla scalinata del palazzo della Ragione a Bergamo: era impressionante, c’era tantissima gente che urlava il nostro nome, in quel momento ho capito che avevamo dato vita a una relazione che piaceva alla gente».
E della sua separazione?
«Preferisco non avere ricordi. Mi fa piacere però conservare i messaggi che mi scrivono le coppie che si stanno separando e che si fanno la guerra: mi dicono che siamo d’esempio».
Le scrivono anche le ammiratrici?
«Non mi interessano quel genere di relazioni, sono per i rapporti lunghi, elettivi».
Cosa l’ha più infastidita in questo periodo?
«Le voci sui nostri improbabili tradimenti. Non ce ne sono stati».
Lei e i media. Nel 2015 è finito al centro di una polemica legata a una discussione con un vigile urbano in Piazza Scala.
«Lì ho preso coscienza di non poter più usare i social come una persona comune. Era uno sfogo, dopo essere stato trattato non proprio in modo educato. Ma nel frattempo il mio matrimonio mi aveva reso un personaggio pubblico».
Un bilancio della sua vita?
«Ho dovuto superare parecchie prove. Mi ritengo lo stesso una persona privilegiata».
Oggi su cosa è concentrato?
«Sulla mia attività di imprenditore. Abbiamo tante novità in arrivo legate alla ristorazione di Trussardi. Non punto alle stelle, non sono mai state un mio obiettivo ma sarebbero un bel riconoscimento. Voglio vendere esperienze: qualche settimana fa ho chiesto l’autorizzazione per chiudere un passo sulle Alpi Carniche per gli iscritti al mio club che volevano fare delle prove con le loro auto».
La sua famiglia è un simbolo del made in Italy: si sente più bergamasco o milanese?
«Sono bergamasco perché mi sveglio alle 5 e mezzo di mattina per lavorare. Amo Milano perché è grazie a questa città che il nostro marchio è diventato internazionale».