Robinson, 29 gennaio 2022
Ritratto di Yves Saint Laurent
La cerimonia degli addii al Centre Pompidou, in quella sera del gennaio 2002, fastosa, rumorosa, esagerata, arrivava forse con ritardo: il grande celebrato, che era stato davvero un genio di quell’arte sublime che è, o meglio era, l’alta moda, che aveva dato alla Francia, come pochi altri e forse più di tutti, l’orgoglio di essere la patria dell’eleganza, era ormai, a 65 anni, un’ombra appesantita, che col volto atterrito passava incerto sotto un arco di orchidee bianche su una interminabile passerella, tra cento meravigliose modelle abbigliate coi suoi celebri Mondrian e Matisse, e smoking e tuniche, e cineserie, al suono eccessivo e inappropriato del Vincerò della Turandot. E la folla non più così preziosa come quella che lui aveva incantato quasi quarant’anni prima, lo applaudiva già nervosa, con la voglia di andarsene, di chiudere non solo una serata fintamente gioiosa, ma un’epoca di splendori e miserie ormai fuori dal tempo. Per correre ad abbracciare il texano di bell’aspetto e sveglio chiamato a sostituire lui, il grande, l’unico, l’insostituibile Yves Saint Laurent, alla direzione artistica del prêt-à-porter Yves Saint Laurent, lasciandogli sia pure per poco, quell’haute couture morente, troppo cara, ingombrante e polverosa per le nuove milionarie (in euro).
Il nuovo re del momento era quel Tom Ford che con massimo successo aveva rilanciato Gucci con una moda fragorosa, di quella spiccia seduzione che piaceva alle rampanti nuove donne in carriera, e che comunque sarebbe stato pure lui allontanato presto dal padrone del tutto, il colosso finanziario PPR. Yves era un ragazzo bello, sottile e severo, nato a Orano in Algeria in una facoltosa famiglia di origine alsaziana; quando arriva a Parigi per studiare, il suo destino è già segnato. A 19 anni viene assunto da Christian Dior e alla sua morte, due anni dopo, prende il suo posto, a 22 la sua prima collezione “Trapezio” manda in delirio grandi dame e riviste di moda, e conosce Pierre Bergé, mercante d’arte, abbandonato dal suo amante, il pittore di successo mondano Bernard Buffet che sposa la sua musa Annabelle; i due uomini non si lasceranno mai, amandosi, odiandosi, tradendosi, legandosi civilmente, diventando ricchissimi insieme, dividendo il tempo della celebrità e quello delle umiliazioni. A 24 anni Yves precipita in un insuccesso clamoroso con la collezione “Beat Look” e viene licenziato dalla Dior, richiamato alle armi per la guerra in Algeria, bullizzato in caserma, cade in depressione, viene ricoverato in ospedale e da lì forse inizia la sua dipendenza dai farmaci e dalle droghe. Bergé trova i capitali e nel gennaio 1962, a 26 anni, Saint Laurent può presentare la prima collezione d’alta moda del suo atelier. Nel saggio più sontuosamente colto sulla moda, Mai il mondo saprà, Quirino Conti pone Saint Laurent tra gli énervés proustiani, e ricorda come il couturier tenesse incorniciate sulla scrivania nello studio di Avenue Marceau, come fosse lo specchio che rifletteva la sua incapacità di vivere, questo brano della Recherche: «…Tutto ciò che abbiamo di grande ci viene dai nervosi; sono loro e non altri che hanno fondato le religioni e creato capolavori. Mai il mondo saprà quanto deve loro; e soprattutto quanto loro hanno sofferto per produrlo…». Attorno a lui stava scomparendo il monde aristocratico delle grandi dame che vestivano alta moda chiuse nelle loro dimore, e nasceva invece quellagauche caviar fatta di ricchi colti, impegnati e gaudenti che avevano scoperto il popolo e la sinistra: Bergé lo capì subito e passò da destra a sinistra in un baleno, da Giscard d’Estaing a Mitterrand, il cui ministro della cultura Jack Lang, gli affidò l’Opéra di Parigi, dove sarà odiato per la sua conduzione dittatoriale. Quella società politicizzata e amabile, appunto la gauche caviar, era come intessuta dall’omosessualità, tra i suoi personaggi prediletti c’erano appunto artisti come Saint Laurent, che diventavano simboli delle nuove aperture democratiche, purché famosi e soprattutto ricchi, molto ricchi: ammirati, esaltati, deificati. Eppure almeno per il couturier la diversità restava una ferita, una condizione inaccettata: a un suo biografo aveva detto: «A Orano un omosessuale era considerato un criminale, e io ero molto spaventato. Il giorno in cui a Parigi mi conferirono la Légion d’honneur, io avevo il mio bel nastro rosso, non so come mi ritrovai solo con mio padre e scoppiai a piangere. Gli dissi, lo sai come sono, forse tu avresti voluto che fossi un vero uomo, che portassi avanti il tuo nome. Lui mi rispose: “mio caro, non ha nessuna importanza”. Era il 1985 e non ci eravamo mai parlati prima». Però la sua omosessualità la viveva senza massimi problemi e per esempio a un certo punto, nel 1973, si innamorò di Jacques de Bascher, amabile e nobile fannullone pare molto perverso, amato e mantenuto da Karl Lagerfeld: Bergé minacciò di morte il giovanotto che scomparve in un labirinto di incontri sadomaso, morendo di Aids nel 1989.
Noi sempliciotti possiamo innervosirci al pensiero che un uomo ricchissimo e famosissimo e un tempo anche carino, possa essere molto infelice, ma certo lui lo fu. Però non fu solo una vittima, ricorda Tom Ford, ma anche un uomo cattivo e vendicativo: diventato lui il direttore creativo, l’ex amico cominciò a perseguitarlo, a rendergli la vita impossibile, tempestandolo di lettere tipo «in 13 minuti di passerella hai distrutto 40 anni del mio lavoro». Sino a un certo punto della sua vita il couturier aveva conservato una sua fisicità e a un certo punto, nel 1971, a 35 anni, decise di creare uno scandalo, facendosi fotografare nudo per pubblicizzare un nuovo profumo per uomo (che lo arricchirà moltissimo), Opium. Seduto a gambe incrociate come un guru, i capelli lunghi e ricciuti gli occhiali dalla grossa montatura, il corpo fragile eppure muscoloso. Il fotografo prescelto, Jeanloup Sieff, lo convinse a non mettersi la boccetta del profumo davanti all’inguine. È proprio coi profumi, gli accessori, poi il trucco e qualsiasi cosa cui si possa dare un marchio, che la coppia raggiunse ricchezze stratosferiche che riversarono soprattutto su ogni cosa bella e rara che si potesse acquistare. Così le loro case divennero più che musei, scenografie per una vita ricreata come un’opera lirica o letteraria, allucinazioni e stregonerie del gusto e del potere: il tutto riservato nelle loro magioni, la piccola casa anni Trenta di Marrakech, dipinta col colore blu inventato dal pittore Louis Majorette che l’aveva fatta costruire, con un celebre giardino tuttora visitabile; Château Gabriel in Normandia, una ottocentesca costruzione molto gay, arredata con il gusto da Guermantes, diciamo pure tremendissimo. Ma certo il capolavoro estremo della propria voracità ornamentale la coppia l’aveva espresso nell’hôtel particulier parigino di 55, rue de Babylone, nel VII arrondissement: affacciato su un magnifico giardino invaso dalle frenetiche ripercussioni del vicino Mick Jagger, nei suoi saloni si accatastava senza lasciare spazio neppure alla polvere il fasto eclettico e spericolato di oggetti rari e preziosi, facendo della loro dimora di rappresentanza il ritratto esagerato delle loro passioni e dei loro eccessi. Sono cinque i volumi che illustrano le rarità messe all’asta nel febbraio 2009, otto mesi dopo la morte di Saint Laurent, 733 lotti, i Gericault, i Derain, i De Chirico, i Degas, i Pontormo, ma anche la pazza poltrona di Eileen Gray poi venduta a 20 milioni di euro e le preziose teste settecentesche in bronzo di un topo e una lepre che ornavano la fontana zodiacale del palazzo d’estate dell’imperatore Qianlong, rubate dall’esercito francese durante la seconda guerra dell’oppio, di cui invano il governo cinese pretendeva la restituzione, valutate 60 milioni di euro.
Negli ultimi anni Saint Laurent si aggirava tra i suoi inutili tesori sempre più stordito dai farmaci e dall’alcol, ansioso di solitudine, ferito dalla depressione, scegliendo poi di rifugiarsi senza più uscirne, come il suo amato Proust, dalla camera da letto: due crocefissi sopra la testata, di qua uno schizzo di Matisse, di là un Picasso. Sul letto a due piazze disegnato da Jean-Michel Frank, Yves Saint Laurent si è spento a 71 anni l’1 giugno 2008. All’asta il grande giaciglio era stato valutato 30-50 mila euro.