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 2022  gennaio 29 Sabato calendario

Intervista a Noemi

Quaranta anni appena compiuti, al suo settimo festival di Sanremo, Noemi — Veronica Scopelliti — è l’immagine della felicità. Porta a Sanremo Ti amo non lo so dire , scritta da Alessandro Mahmood, Dardust e del giovane Alessandro La Cava.
I versi recitano “preferisco galleggiare/Sopra i miei pericoli/Con la testa verso il sole”. «Alessandro mi ha capita profondamente», spiega Noemi, che si racconta con sincerità.
«Perché è vero che non riusciamo a dire tutto. Quello che sono fuori corrisponde a come mi sento dentro, ho davvero ripreso in mano la mia vita: prima non mi piacevo».
Quindi guarda alla speranza?
«Sempre alla speranza. Volevo una canzone che mi raccontasse profondamente sia nell’inedito che nella cover, che poi è quel capolavoro rhythm’n blues(You make me feel like) a natural woman cantata da Aretha Franklin. Tante volte ti spieghi meglio cantando più che dicendo le cose, Ti amo non lo so direparla della distanza, la battaglia è tra quello che vogliamo essere e il rapporto con gli altri. Si aspetta il miracolo che l’altro capisca, c’è sempre qualcosa che non riusciamo a dire. Però è anche il bello della vita».
L’anno scorso con “Glicine” ha presentato la nuova Noemi.
«Sono contenta dello scorso festival, spero di riuscire a raccontare anche in questa canzone il mio rapporto con quello che mi circonda, le nuove emozioni, il fatto di riprendere le misure con gli altri».
Nel suo piccolo è una veterana, settimo festival: il più bello? E il più difficile?
«Il più bello è il primo, nel 2010, quando ho cantato Per tutta la vita .
Era tutto nuovo, tutto fantastico. Poi che ricordi, l’orchestra si arrabbiò perché ero arrivata quarta. Il più difficile nel 2018: mi specchiavo e non mi riconoscevo più. Da lì ho intrapreso un lungo percorso di testa, per ricentrarmi come persona».
Le dà fastidio che da un anno si tiri fuori la dieta, vorrebbe guardare avanti o è ancora importante per lei parlarne?
«Il fatto che sia una donna fa la differenza. Il corpo femminile è pieno di significato. Il cambiamento fa parte del mio percorso, la perdita di peso dava all’occhio, sarebbe stato stupido non parlarne. Sono dimagrita per me, volevo riallacciarmi alla persona che ero, mi sento bene adesso. Ma andiamo avanti, certo».
Qualcuno l’ha criticata.
«A me piace moltissimo che ci sia l’inclusività, se abbiamo voglia di cambiare non dobbiamo avere paura. Lavorare su se stessi mi sembra un’opzione meravigliosa. Ritrovarsi vale per tutti, il disagio col fisico è alla base dei conflitti mentali delle persone. Il corpo è uno specchio, da un po’ di tempo avevo perso il contatto con me, e questo mi faceva stare male».
Cosa si aspetta da questo Sanremo?
«Sono contenta di far parte di un cast bellissimo, di essere con Elisa, Mahmood, Blanco, Rkomi. Il senso per me è raccontare un altro pezzo del mio puzzle. Ci vuole un po’ di fortuna per capire chi siamo. Ti amo non lo so dire è un’ammissione, dire “ti amo” è la cosa più coraggiosa che puoi fare. Abbassi le armi, è una metafora incredibile, le nostre fragilità ci rendono umani».
“Ma ho bisogno di tempo per me/Non mi sentirò colpevole/Di accettare i miei difetti”.
Ammissione e insieme una liberazione.
«Anche quando lavoro con gli autori sulle canzoni ci tengo che un testo sia vero e sentito. Alessandro Mahmood mi ha capito e ha capito la mia situazione, ha antenne incredibili. Io sono molto critica su quello che scrivo, volevo che fosse il quadro di tutti noi. Sono molto contenta che si sarà il pubblico all’Ariston, sentiremo subito come risponde».
È reduce dal successo di “Makumba” con Carl Brave, un auspicio.
«Bello pensare che nonostate le difficoltà ce la possiamo fare, mi piace che sia stata accolta nel modo giusto, con quello che abbiamo passato — e stiamo passando — con la pandemia. Ha 40 milioni di ascolti con Spotify, le persone l’hanno fatta loro, nei modi più assurdi. Una ragazza mi fa: “Sai che tutte le volte che l’ascolto mi fa piangere, per quel verso ‘ma che mi frega a me, basta che rimani tu’.
Aspetto un bambino, lo so solo io”. In una canzone ognuno vede cosa vuole».
Com’è nata la scelta di Aretha Franklin?
«Come donna e come donna di colore ha fatto ha fatto la differenza.
È un pezzo che è stato cantato da tante artiste, Whitney Houston, Celine Dion, Carole King, l’autrice del pezzo. Un inno».
Che pensa delle cinque donne che affiancheranno Amadeus?
«Mi piacciono tutte, definiscono bene l’idea della complessità. La mia preferita è Drusilla. Dovremmo andare oltre il genere, si deve cominciare a parlare di persone, mi piace l’idea di poter essere chi vogliamo. Conta la qualità umana, e mi sembra che sia centrale nella scelta delle donne al fianco di Amadeus».