la Repubblica, 29 gennaio 2022
L’imbarazzo di Elisabetta Belloni
Sono giorni che Elisabetta Belloni prova a sottrarsi. Non dalle responsabilità, cosa che non ha mai fatto nella sua lunga carriera da servitrice dello Stato. Ma dal tritacarne nel quale è stata – da domenica scorsa, quando per la prima volta il suo nome venne fuori come possibile sostituta di Draghi a Palazzo Chigi – suo malgrado spinta. In questi giorni – con le poche persone con cui ha parlato – non ha nascosto il suo forte imbarazzo per quello che stava accadendo. Un imbarazzo che la colpiva personalmente, lei che ha costruito una vita e una carriera sulla discrezione. E soprattutto che colpiva il ruolo che ricopre: un ruolo istituzionale, quello della direttrice del Dis, l’agenzia dei servizi di sicurezza del Paese, che, per definizione, deve restare autonomo e separato dalla politica.
Quanto accaduto tra mercoledì e giovedì aveva però convinto la Belloni, e anche la gran parte degli osservatori, che il suo nome fosse ormai fuori dai giochi dei partiti. Pericolo scampato, quindi. Anche per questo ieri aveva deciso di lasciare Roma e di andare a casa, nelle campagne toscane, dove ama passare tutto il tempo libero insieme con i suoi tre pastori alsaziani. E invece in serata è arrivato il rilancio di Salvini e Conte che ha colto tutti di sorpresa. A partire dal ministro degli Esteri, Luigi di Maio, che non ha mai nascosto la stima che nutre nei confronti della Belloni: «Elisabetta è mia sorella», aveva detto in Transatlantico quando era spuntato il suo nome. «Ma non possiamo permetterci di bruciare un nome come il suo».
Una posizione che ha ribadito con molta più forza nella serata di ieri. «Trovo indecoroso – ha detto Di Maio – che sia stato buttato in pasto al dibattito pubblico un alto profilo come quello di Elisabetta Belloni. Senza un accordo condiviso». E il punto è proprio quello. Una figura come quella del capo del Dis – a maggior ragione, poi, se del profilo della Belloni – non può diventare la questione di una parte. In tutti questi anni è vero che il nome della Belloni è stato spesso associato alla politica – primo tra tutti il ruolo di ministro degli Esteri – ma sempre come figura tecnica, che nel corso degli anni alla Farnesina aveva lavorato con i governi di tutti gli schieramenti politici.
«E invece ora hanno regalato al Paese un cortocircuito democratico», ragionava nella tarda serata di ieri un dirigente dell’intelligence, «che potrebbe portare oggi il Parlamento a una votazione tragica: da una parte ci potrebbe essere chi scrive sulla scheda il nome il presidente della Repubblica uscente, che oggi ha preso più di 300 voti. E dall’altra chi invece preferisce la numero uno dei Servizi. Ha ragione Di Maio, l’unica parola possibile è: indecente ».