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 2022  gennaio 29 Sabato calendario

Periscopio

I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela. (Enrico Berlinguer). Alle Cinque della sera.

Solo chi non ha vissuto un problema sarà in grado di scriverci sopra un articolo di fondo. Karl Kraus: “Detti e contraddetti”.

Il fascino di Trieste è intatto: il punto più a Sud della Mitteleuropa e più a Nord del Mediterraneo; l’incrocio tra il mondo latino, quello slavo e quello tedesco. La città di Saba e di Joyce, di Slataper e di Svevo, di Strehler e di Magris. La sinagoga e le chiese ortodosse: quella serba, quella greca, quella romena… «Inginocchiata a San Giusto, prega con animo mesto, fa che il mio amore torni, ma torni presto» si cantava; e l’amore atteso era l’Italia. Aldo Cazzullo. Corsera.

Le tattiche politiche, le fratture tra centrodestra e centrosinistra, i giochi sottobanco, i nomi lanciati nella mischia poi espulsi con gli spifferi dei sospetti, le triple trattative. È la politica, bellezza. Anche se sembra un circo. Ma se questa è davvero la politica, se di questa politica dobbiamo accontentarci, che cosa ci azzecca l’uomo chiamato a garantire un governo di unità nazionale per spendere i miliardi del Pnrr e accelerare la campagna di vaccinazione che, ricordiamolo, un anno e mezzo fa era al palo? Che ci azzecca insomma Mario Draghi con la palude dei partiti che si azzannano? Non avrebbe dovuto azzeccarci per nulla e invece purtroppo ci è finito in mezzo e ora il rischio è che ci affondi. Davide Nigrosi. QN.

Passa Sergio Battelli, M5s.«Come mi ha chiamato?». Peone. «Guardi che io mica mi offendo». Ma infatti io non intendevo offenderla. «Peone ero quando entrai nel 2013, peone mi sento». Sì, ecco: Sergio Battelli di anni 39, grillino genovese, può funzionare. È amico di Luigi Di Maio, però questo non sposta di un centimetro la sua condizione di bracciante della politica. Battelli, tra qualche tempo, sarà materia di studio: licenza media, un decennio trascorso a lavorare come commesso dentro un negozio di animali. Cucce, croccantini, guinzagli. Poi l’apparizione di Beppe Grillo sulla porta d’ingresso. Due clic, parlamentarie e, nel 2013, si ritrova qui: deputato. Circa 14 mila euro accreditati sul conto corrente. Ogni mese. Per la tragica regola imposta da Gianroberto Casaleggio dell’«uno vale uno», nel 2018 lo nominano pure presidente della commissione Affari europei. Fabrizio Roncone, Corsera.

In termini di immagine, con questa scelta di accettare di diventare premier, Draghi aveva tutto da perdere, nulla da guadagnare. Oltretutto conosceva perfettamente le due sublimi definizioni di Rino Formica sulla politica (“è sangue e m….) e sui politici italiani (“una corte di nani e di ballerine”), sapeva che comunque la sua immagine ne sarebbe uscita in qualche modo “sporcata”. E dopo un anno così è stato. Le élite, sia quelle al potere che quelle all’opposizione, non lo amavano prima, figuriamoci dopo averlo visto operare con piglio brusco, come si conviene a un leader. Riccardo Ruggeri. ItaliaOggi.

Con la nomina di Gentiloni alla Presidenza della repubblica si libererebbe la poltrona di Commissario europeo e ai francesi, di turno alla Presidenza Ue, non dispiacerebbe disporne. Più tiepidi gli americani, nonostante gli sforzi profusi da er moviola per rinforzare le credenziali atlantiste. In Vaticano, in cui Gentiloni è convinto di essere di casa solo perché un suo avo scrisse i Patti Lateranensi, ha ancora strada da fare. Ma come oramai è dì tutta evidenza , a Bergoglio l’Italia, così come l’Europa, interessa sempre meno. Luigi Bisignani. Il Tempo.

A proposito di presidente condiviso. Del lodatissimo Sergio Mattarella si può ricordare come la sua ascesa fosse addirittura causa di divisione, fra il manovratore Matteo Renzi e l’insofferente Cav. Tutti oggi ne dicono e scrivono un gran bene. Peccato che egli abbia sempre agito secondo la propria matrice di cattolico di sinistra, per esempio non tenendo in alcun conto l’ottenimento della maggioranza relativa alle politiche da parte della coalizione di centro-destra. Marco Bertoncini. ItaliaOggi.

Non è con loro, ma con Mario Draghi, il commissario in carica, che si è congratulato giorni fa l’Economist, ma sarà con loro, e non con Mario Draghi, che se la prenderanno l’Economist e l’intera stampa internazionale qualora i politici eleggessero al Quirinale il presidente sbagliato o facessero cadere il governo (anche a costo di giocarsi la benevolenza dei creditori e le risorse del Recovery Found) per provocare le elezioni anticipate, terrorizzati come sono da un’inarrestabile emorragia di voti. Diego Gabutti. ItaliaOggi.

Devono eleggere “una figura di alto profilo” o i Maneskin? La scelta del nuovo Capo dello Stato ricorda sempre più un format televisivo, a metà fra “X Factor” e “Uomini e Donne”. Le dirette per contare ciò che si sa irrilevante, ossia l’orgia di schede bianche. Le immagini epocali dei catafalchi, delle urne cimeteriali, del drive-in, dei parlamentari positivi al Covid che votano in macchina, con la mascherina naturalmente, che arrivano in ambulanza, Bossi in carrozzina, la Segre “emozionata” ma anche regalmente afflitta, “una fatica venire fino a Roma”, manco ci fosse arrivata pedibus calcantibus. Max Del Papa. ItaliaOggi.

Il ritorno in grande stile dell’Isis- che ha attaccato nel Nord-Est, la prigione di Gweiran e la vicina città di Hasaka in area curda (i curdi sono stati i peggiori nemici dei terroristi islamici), mostra che l’area non è stabilizzata e che il fuoco che covava sotto la cenere è pronto a infiammare la regione. Noi europei possiamo solo ripetere «Non ci resta che piangere» (film di 1984), vista la caduta di leadership degli Usa cui, fiduciosi, avevamo assegnato la leadership dell’Occidente. Il suo tracollo iniziò con il passaggio del potere da Bush a Obama. In quel momento, truppe americane erano in Iraq e in Afghanistan costituendo il presidio fondamentale dei rapporti (difficili) tra Occidente e Islam, dopo l’attacco alle Twin Towers e le stragi. Domenico Cacopardo. ItaliaOggi.

L’ultimo lupo fu abbattuto in Baviera 140 anni fa. Esattamente il 22 luglio del 1882, l’oste Martin Wiesend lo uccise con due colpi di fucile nelle Fichtegebirge, la popolazione per tre giorni festeggiò l’evento: anche allora il Wolf aveva fatto strage di pecore e di capre, e terrorizzava gli abitanti. I bambini in estate non osavano più uscire di casa. Sul luogo dell’abbattimento, è stata eretta una stele ricordo, che ancor oggi viene fotografata dai turisti. Roberto Giardina, ItaliaOggi.

L’uomo è se stesso in punto di morte. E solo in punto di morte bisognerebbe giudicarlo. Roberto Gervaso.