la Repubblica, 28 gennaio 2022
Metti davanti alla Regina 4 bobbisti giamaicani che spingono una Mini per allenarsi durante il lockdown
Non avrà forse visto Cool Runnings, la Regina Elisabetta, non avrà apprezzato il film del ’93 che romanzava la storia vera del primo bob giamaicano alle Olimpiadi. Ma in tempi recentissimi uno degli eroi dell’isola caraibica che si sta preparando per i Giochi di Pechino le ha strappato un sorriso, una risatina, e un commento, l’unico mai registrato sullo sport che più assomiglia a una Formula 1 del ghiaccio. Ci sono testimoni, è tutto vero. Ma intanto, bisogna legare la Giamaica a Pechino, perché è già storia quel che accadrà in Cina tra pochi giorni. Mai così tanta Giamaica alle Olimpiadi invernali: nelle strettoie delle qualificazioni sono riusciti a passare il bob a due, la novità del monobob femminile (una sola a bordo, senza frenatrice), e per la prima volta da ventiquattro anni proprio il bob a quattro. La slitta tecnologica icona del film della Disney, che raccontò il matrimonio possibile tra il mondo degli sprinter tropicali e quello del ghiaccio, tra il reggae (nella colonna sonora cantava Jimmy Cliff) e i Giochi invernali. Con quattro amici dell’isola trascinati nell’avventura da un centometrista che aveva fallito la qualificazione all’edizione estiva, e un coach finito ai margini per truffa interpretato da John Candy. Nel film, come nella realtà di Calgary 1988, finirà con il bob rovesciato e un rischio non da poco per gli occupanti.Da allora i bobbisti giamaicani sono identificati con la festa olimpica, anche se nel tempo si sono affacciate altre nazioni esotiche (Isole Vergini, Antille Olandesi, Nigeria, Messico, Trinidad, Portorico), anche se per dodici anni Kingston è stata assente dai Giochi. Tornandoci a Sochi 2014 anche grazie al supporto di una criptovaluta, e con un pilota già in pista a Nagano ’98 con un altro nome: non più Winston Watt, ma Winston Watts, “per un problema al passaporto” spiegò. Insomma, il tasso di stravaganza sempre alto, per un team che nella fantasia popolare si allena spingendo un carretto per le strade dell’isola, tra ritmi tropicali e galline che scorrazzano come nel film. Ma la carica vitale della Giamaica nel mondo del bob si rinnova nel tempo, e continua a generare storie che nutrono le Olimpiadi invernali molto più di tante vittorie delle potenze di neve e ghiaccio.Si torna così alla Regina, e alla primavera del 2020 segnata dai lockdown che limitano la circolazione anche in Gran Bretagna. Sono i giorni in cui gli atleti si inventano workout in camera da letto, nel giardino di casa, non potendo utilizzare gli impianti chiusi. A un meeting su Zoom la Regina incontra militari della Royal Air Force sparsi per il mondo in quel difficile momento. Alla call partecipa Shanwayne Stephens, artigliere di reggimento con origini giamaicane. Gli piace il suo lavoro: «Posso passare dal campo di addestramento per situazioni di combattimento, al piazzale di Buckingham Palace per compiti di cerimoniale, oppure alle dimostrazioni di fronte al pubblico dei festival». Quando tocca a Stephens spiegare come si tiene in attività durante il lockdown, lui è molto sincero: racconta di come coi compagni si alleni per le Olimpiadi spingendo una Mini Cooper per le strade della sua città, Peterborough. La spinta d’altronde è fondamentale nel bob: serve coordinazione e potenza per lanciare un mezzo che potrà toccare i 160 all’ora. La Mini, in fondo, ha un senso. Ma il racconto è troppo divertente per non suscitare una reazione ad altissimo livello. Infatti la Regina si illumina, si scioglie in una risatina, e onora il suo artigliere con una battuta: «Bene, suppongo che sia un modo per allenarsi». Una frase che secondo il Times sarebbe l’unica mai pronunciata dalla corona sullo sport di Cool Runners. Finito il regale appuntamento, Shanwayne Stephens aggiungerà altri particolari alla sua gustosa storia: come per esempio la reazione degli abitanti di Peterborough quando vedevano quattro omoni passare spingendo una Mini in perfetta coordinazione. «Pensavano che la macchina fosse rotta e ci volevano aiutare. Poi, quando gli spiegavamo che eravamo il “Jamaica bobsleigh team”, si esaltavano ». Ne è passato di tempo da quando uno degli eroi di Calgary 1988, Devon Harris, disse vedendo per la prima volta un bob: «Nessuno mi farà salire su quel coso». Anche se il crowdfunding è stato decisivo per andare a Pechino, anche se gli accrediti olimpici, indispensabili per entrare in Cina, sono arrivati solo la sera prima della partenza, tre equipaggi qualificati sono un bilancio da scuola di un buon livello. Ma l’anima tropicale, solare, scanzonata e naïf degli esordi, è ancora viva e lotta insieme a noi.