la Repubblica, 28 gennaio 2022
La Russia e le sue 140 navi sui sette mari
La sfida è ovunque. Il confronto tra la Russia e l’Occidente si allarga sui sette mari, spingendo la tensione sempre più in alto. Mosca ha deciso di far salpare 140 unità navali per imprimere una pressione globale e mostrare al mondo la sua determinazione. Si tratta praticamente dell’intera Marina: secondo le stime, infatti, le navi operative sono in tutto 154. Ed è proprio la dimensione dello schieramento a testimoniare la gravità della situazione. Ogni ora nuove fregate e altri caccia prendono il largo, dirette verso le posizioni chiave per condizionare qualsiasi reazione della Nato a un’eventuale invasione dell’Ucraina. La partita tra potenze si estende su una scacchiera che non conosce confini. Putin lunedì ha avuto un colloquio persino con il presidente cubano Miguel Díaz-Canel, per coordinare la «cooperazione strategica tra i due Paesi». E l’ammiraglia del Pacifico ha appena concluso un’esercitazione davanti all’Oman, assieme a navi cinesi e iraniane: alleati uniti dall’ostilità verso gli Usa.
Il primo allarme rischia di scattare a Kaliningrad, l’enclave russa incastonata tra Polonia e Lituania: una fortezza all’interno della Nato e della Ue che domina l’ingresso al Baltico. Lì ci saranno due fregate armate con i cruise Kalibr ipersonici e almeno 18 unità minori impegnate «in addestramento al combattimento». Da due settimane però sottomarini “non identificati” fanno capolino in prossimità della Svezia, creando uno stato di allerta perenne nelle difese di Stoccolma. Neppure il Polo Nord appare neutrale: due bombardieri Tupolev 160 l’hanno sfiorato con un volo non stop durato tredici ore. L’anticipo di una mobilitazione più ampia: martedì un’altra squadra navale ha preso la via del profondo nord per prepararsi «a proteggere le linee di comunicazione nell’Artico». La sortita più sorprendente però avverrà nel cuore dell’Atlantico, 240 chilometri a sud dell’Irlanda. Il governo di Dublino ha protestato per «l’esercitazione di tiro con cannoni e missili» degli incrociatori russi in un’area che considera «zona economica esclusiva». Quel punto in mezzo all’Oceano non è stato scelto a caso: è a cavallo di una delle rotte storiche che uniscono America ed Europa, dove passano pure i cavi vitali per il traffico web e la telefonia.
Ancora più a sud prosegue il viaggio di sei navi da sbarco, l’élite della fanteria di marina russa, salpata dal Baltico e avvistata ieri a Gibilterra. Questa flottiglia può creare una testa di ponte con 50 tank e 1.500 marines: si teme che possa raggiungere la Crimea e viene seguita passo passo dalla Nato. La loro destinazione annunciata è però il Mediterraneo, dove si prepara la più grande concentrazione della flotta di Mosca. Dal Mar Nero e dal Pacifico uno sciame di battelli converge verso la base siriana di Tartous: un incrociatore, due caccia, cinque corvette, tre sottomarini. Si raduneranno nelle stesse acque che a febbraio vedranno agire insieme la portaerei Usa Truman, quella francese De Gaulle e l’italiana Cavour. L’obiettivo di questi wargame è evidente: il dominio del Bosforo, l’unica rotta per il Mar Nero e quindi per l’Ucraina.
Non è finita. Martedì un nuovo annuncio: venti navi hanno lasciato la Crimea per dedicarsi a testare la difesa missilistica. La prima operazione è stata da manuale: tre dragamine hanno aperto un corridoio navale, mentre la fregata “Ammiraglio Essen” li ha coperti con le batterie anti- aeree. Ossia la prova generale di un attacco alle coste ucraine.
Mosca non nasconde queste attività, anzi le pubblicizza. Comunica ogni movimento, spiegando che «lo scopo delle esercitazioni è la protezione dell’interesse nazionale russo negli oceani». Non è propaganda interna: l’enfasi sulla mobilitazione non è rivolta a impressionare il popolo russo ma è diretta all’Occidente. Il Cremlino vuole esplicitare la volontà di andare fino in fondo pur di imporre le sue pretese. Ancora oggi, la strategia di Putin segue la dottrina di von Clausewitz: lo strumento militare serve a ottenere un risultato politico, a costo di arrivare a un conflitto.
È solo un bluff? Lo scopriremo nelle prossime settimane. Già adesso però il mondo sta correndo rischi enormi. Perché alle manovre russe la Nato risponde muovendo le sue forze. E torna attuale un dialogo risalente un’altra era: l’avvertimento consegnato all’ambasciatore sovietico in una scena del film “Caccia all’Ottobre Rosso”: «Quella che sembra un’esercitazione può essere il preludio alla guerra. Come si fa a dire la differenza? La prudenza impone che mandiamo navi a monitorare le vostre. Ma il vostro governo dovrebbe tenere presente che avere le vostre navi e le nostre a una distanza così ravvicinata, è intrinsecamente pericoloso».