la Repubblica, 28 gennaio 2022
A sessant’anni dalla prima sfilata di Yves Saint Laurent
Parigi, Rue Spontini, 29 gennaio 1962. Il ventiseienne Yves Saint Laurent presenta la prima collezione con il suo nome. Quel giorno, commentò Pierre Bergé, amico fraterno, socio e compagno dello stilista: «Yves vinse la sua prima battaglia. Capii allora che, come un generale, ci avrebbe guidato di vittoria in vittoria». Di lì a poco se Life lo descrisse come: «il miglior creatore dai tempi di Chanel», Le Figaro lo definì «il più grande couturier del mondo».Oggi, per festeggiare i sessant’anni da quel debutto, la Fondation Pierre Bergé – Yves Saint Laurent dedica allo stilista una mostra diffusa: Yves Saint Laurent aux Musées (dal 29 gennaio al 15 maggio). Curata da Madison Cox, Mouna Mekouar e Stephan Janson, l’esposizione si snoda in sei grandi musei di Parigi: Centre Pompidou, Musée d’Art Moderne, Musée du Louvre, Musée d’Orsay, Musée National Picasso e Musée Yves Saint Laurent. «Attraverso le collezioni permanenti di questi musei» spiega Mouna Mekouar «la mostra vuole portare alla luce l’eterno legame di Yves con l’arte». Un legame connaturato nella stessa indole dello stilista franco- algerino morto nel 2008 all’età di 71 anni. «Trovo che la mia forza» diceva infatti «sia nel modo in cui guardo la mia epoca e l’arte del mio tempo».È la prima volta che alcuni tra i musei più famosi del mondo aprono contemporaneamente le porte a un creatore di moda. Ma non è l’unico record di Yves. Quasi 40 anni fa, nel 1983 fu il primo stilista vivente a essere oggetto di una grande retrospettiva al Metropolitan Museum di New York. Curata da Diana Vreeland, leggendaria signora della moda, quell’esposizione provocò entusiasmi e polemiche. A dispetto di molti che la considerarono una forma di pubblicità, giudicandola troppo simile alle vetrine dedicate allo stesso designer da grandi magazzini come Neiman Marcus e Bloomingdale’s, quella mostra è entrata nella storia. Per la prima volta il talento di un creatore di moda poteva essere paragonato a quello di un artista.Fin dai suoi esordi nel 1957 quando, a soli 21 anni, divenne direttore creativo di Dior, Saint Laurent conseguì un successo dopo l’altro. Anche quando, come accadde con la controversa collezione Beat (1960) poteva sembrare il contrario. Quella sfilata, tutta in nero, cancellò per sempre il modello della jolie madame amata da Dior. Vogue Britain commentò: «Pallidi volti da zombie, nero dappertutto». Ciò che più di ogni altra cosa sconvolse il pubblico furono i chiodi di coccodrillo con intarsi di visone. Il riferimento alla gioventù ribelle era troppo esplicito. Non era ammissibile che un indumento “rubato” allo stile di strada facesse il suo ingresso nella couture.Marcel Boussac, che al tempo era proprietario della Christian Dior, licenziò Yves su due piedi.L’anno dopo, con Pierre Bergé, Yves Saint Laurent inaugurò una griffe con il suo nome. Collezione dopo collezione, in oltre quarant’anni di attività ha segnato il costume con profonde innovazioni. E, attraverso lo smoking declinato al femminile, i completi pantalone, le giacche da marinaio e il nude look, ha stravolto il mondo della moda, sovvertendone i canoni. Coniugando meglio di chiunque altro libertà e rigore, tradizione e innovazione, maschile e femminile, ha intrecciato uno speciale legame con artisti e letterati della modernità. Come Piet Mondrian a cui dedicò la collezione autunno- inverno 1965-66. Nata per caso, mentre sfogliava un libro sull’artista olandese regalatogli dalla madre, quella sfilata fu definita: «la stagione migliore della maison : con i suoi abiti applauditi da tutti, Yves Saint Laurent ha portato nella moda un mondo nuovo ». Ora l’abito Mondrian è esposto al Centre Pompidou accanto a Composition en rouge, bleu et blanc II, l’opera che lo ha ispirato. Questa sorta di dialogo creativo era di vitale importanza per Saint Laurent. «Per sopravvivere, come diceva Nietzsche – confessò lo stilista – un uomo deve avere i suoi fantasmi estetici. La vita è possibile solo grazie a loro. Credo di averli trovati in Mondrian, Picasso e Matisse, ma anche e soprattutto in Proust».Non è un caso che la mostra prosegua poi al Musée Picasso. Al Musée d’Art Moderne, che rende omaggio alla sua attrazione per luci e colori accostando i suoi abiti alla Fata dell’elettricità di Raul Dufy, e al Louvre. Qui, nella Galerie d’Apollon, viene messa in luce la sua fascinazione per l’oro, colore del sole, e per le arti decorative. Fanno invece riferimento al legame di Yves con il suo scrittore preferito Marcel Proust e all’ambiguità dei personaggi della Recherche le creazioni esposte al Musée d’Orsay, a partire dalla serie di smoking, sintesi ideale di quella sottile dialettica tra maschile e femminile, di cui Saint Laurent è stato interprete inarrivato. Perché, come sosteneva Pierre Bergé, Yves: «era un anarchico, ha fatto saltare in aria le basi della società, trasfor-mandola per trasformare le donne». Anticipando così molti aspetti della contemporaneità.