Corriere della Sera, 27 gennaio 2022
Le nuove vie del gas
Ridurre la dipendenza dell’Unione europea dal gas russo. Bruxelles in queste ore sta mettendo a punto un «piano di emergenza» per garantire la sicurezza energetica del Continente in caso di aggressione dell’Ucraina da parte della Russia. E per farlo ha bisogno di importare gas dagli Stati Uniti e di rafforzare altre alleanze. C’è molta preoccupazione, le truppe russe ammassate al confine con l’Ucraina e in Bielorussia fanno presagire scenari di guerra. Le sanzioni contro Mosca che gli Stati Uniti e l’Ue faranno scattare in caso di aggressione avranno un impatto sugli approvvigionamenti di gas. L’economia europea dipende dal gas e per il 90% il gas è importato. Di questo il 40% viene dalla Russia.
Nel dialogo tra Stati Uniti e Unione c’è però un punto politico ambiguo. Nella conferenza stampa della settimana scorsa, Joe Biden ha notato come il prodotto interno lordo della Russia dipenda al 45% dall’export di gas e petrolio. Il presidente, quindi, ha fatto capire che, in caso di invasione dell’Ucraina, le sanzioni dovrebbero colpire innanzitutto gli idrocarburi russi. Ed è qui che potrebbero emergere posizioni diverse all’interno dell’Europa, dove ci sono Paesi come Italia e Germania decisamente più esposti di altri.
Su questo aspetto cruciale si è creata un po’ di confusione. Ci sono analisti che pensano potrebbe essere, invece, Vladimir Putin a ridurre il flusso delle esportazioni, come rappresaglia. Ma avrebbe senso una mossa così autolesionistica? I consiglieri di Biden tendono a escluderlo. In ogni caso, martedì 25 gennaio, hanno convocato i giornalisti per annunciare che è allo studio «un piano americano» per sostituire le importazioni di gas europeo dalla Russia. Il progetto tecnico-economico, al momento, è molto generico. Il gas, dicono dalla Casa Bianca, potrebbe arrivare da «altri fornitori». Quali? Sul mercato non c’è molta scelta. Non bisogna, infatti, guardare solo ai Paesi con più riserve, ma a quegli Stati in grado da subito di far viaggiare il gas, allo stato liquido, su grandi navi cisterna. È un piccolo gruppo composto da Stati Uniti, Qatar, Australia e Nigeria. La pista più concreta porta nel Golfo Persico. Lunedì prossimo, 31 gennaio, l’Emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al Thani sarà ricevuto alla Casa Bianca da Biden. Nell’agenda dell’incontro è stato inserito il tema della «sicurezza degli approvvigionamenti energetici». Vedremo, quindi, quale sarà la risposta dell’Emiro.
L’Ue si sta muovendo a sua volta. In novembre la commissaria all’Energia Kadri Simson sulla via per l’expo di Dubai si è fermata in Qatar, che è storicamente il primo fornitore di gas naturale liquido dell’Europa, ed è riuscita a rimuovere alcune incomprensioni che finora hanno limitato l’interesse dell’emirato per nuovi investimenti nell’Ue. In febbraio parteciperà a Baku alla riunione ministeriale del Corridoio sud, che collega l’Azerbaigian con l’Italia attraverso Turchia e Grecia. Il gasdotto Tap, che arriva in Puglia, in questa fase sta giocando un ruolo fondamentale.
Tra i fornitori «vicini» c’è l’Algeria, che sta diventando un elemento stabilizzatore, con la connessione MedGaz verso la Spagna e il gasdotto verso l’Italia. Nel nostro Paese arriva anche il gas dalla Libia. Sul fronte nord, usando il dialogo strategico con la Norvegia, Simson ha ottenuto un aumento della produzione da parte di Equinor. Un collegamento strategico con la Polonia sarà completato entro fine anno.
Le importazioni di Lng made in Usa saranno cruciali (a gennaio è stato registrato il record in Ue), c’è però un altro problema. I maggiori acquirenti di gas sono, oltre agli europei, Cina, Giappone e Corea del Sud. La quota di gas deviata verso il Vecchio continente andrà a intaccare la domanda asiatica, compresa quella degli alleati americani. A meno che non ci sia un grosso balzo della produzione mondiale e, particolare rilevante, un aumento delle navi-cisterna a disposizione. Gli Usa, per esempio, ne hanno solo 60 e non tutte in perfetta efficienza. Tutto ciò si può fare rapidamente? Legittimo dubitarne, mentre esiste il rischio che, nel frattempo, il prezzo del gas, già molto alto, lieviti ulteriormente, alimentando l’inflazione. Intanto il 7 febbraio l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell e la commissaria Simson vedranno a Washington il segretario di Stato Antony Blinken e la segretaria all’Energia Jennifer Granholm per stringere un patto per la sicurezza energetica europea.