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 2022  gennaio 21 Venerdì calendario

Terremoti in laboratorio

I terremoti sono l’esempio proverbiale di ciò che non si può predire. Almeno per il momento, è l’impegnativa glossa che sta provando ad aggiungere Paul Johnson, geofisico al leggendario Los Alamos National Laboratory, quello dell’atomica. Con l’aiuto del machine learning, la branca più promettente dell’intelligenza artificiale, che stabilisce ricorrenze significative a partire da grandi quantità di dati. Il problema qui sono proprio i dati. Nel senso che tipicamente i grandi terremoti si creano dal movimento delle placche tettoniche o ai confini delle faglie. Il processo, detto stick-slip, descrive il lentissimo, anche pluridecennale accumulo (stick) di energia lungo le faglie che poi termina nel rapidissimo momento esplosivo (slip) del sisma. Solo quest’ultima fase produce molti dati ma è come desumere la trama del film dall’ultima scena.
Servirebbero almeno dieci cicli completi per addestrare il sistema e la faglia di Sant’Andrea ne genera uno ogni 40 anni circa. E allora? Johnson scommette sui cosiddetti “terremoti silenti”, quelli slow-slip, che invece di esaurirsi in pochi secondi possono durare ore, giorni, mesi (e sono anche molto più frequenti) producendo una mole di dati molto più ricca. A questi aggiungono poi quelli ricavati da “terremoti da laboratorio” in cui palline di vetro vengono compresse prima di arrivare al punto di rottura. Mettendo insieme gli uni e gli altri la squadra ha provato a fare previsioni retrospettive (hindcast) e il software, a partire dai dati preparatori di eventi reali, è riuscito a predirne l’esito con «moderato successo». Per adesso Johnson si accontenterebbe della tempistica di terremoti imminenti, mentre è ancora presto per localizzazione e magnitudo. Ma se gli esperimenti andranno bene è verosimile che la sua strada sarà percorsa da altri centri di ricerca. Nell’attesa l’AI sta rivoluzionando la previsione degli incendi in California.