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 2022  gennaio 18 Martedì calendario

Boris vuole eliminare il canone della Bbc

Si riaccende lo scontro fra il governo Johnson e la Bbc, e stavolta il colpo per l’emittente pubblica rischia di essere fatale. Fra le misure dell’Operazione Red Meat, una serie di nuove iniziative politiche con le quali Johnson cerca di riguadagnare il consenso perduto a forza di scandali e feste in violazione delle regole Covid, c’è l’eliminazione del canone obbligatorio, a partire dal 2027, anno di scadenza dell’attuale Royal Chart, il contratto decennale fra la Bbc e il governo, e il congelamento dell’attuale abbonamento annuo, 159 sterline, fino al 2024.
Lo ha annunciato ieri, in una concitata seduta parlamentare, la ministra della Cultura Nadine Dorries, una fedelissima del primo ministro, confermando voci uscite, o fatte uscire, domenica. Secondo la Dorries, i vertici Bbc avevano intenzione di alzare il canone a 180 sterline per far fronte ai costi del servizio pubblico, dopo una serie di tagli imposti dal governo che negli ultimi anni hanno reso necessario ridimensionare o eliminare interi servizi e canali. Dorries ha dichiarato di non poter approvare questo aumento, “perché deve essere realista rispetto alla situazione economica e all’aumento del costo della vita che aspetta il Paese. Il governo è determinato a supportare le famiglie”. Ha anche anticipato che, dopo l’aprile del 2024, il canone potrà aumentare in linea con l’inflazione per altri 4 anni, ma l’intero modello di finanziamento, su cui il governo ha l’ultima parola dovrà essere ripensato: non ha però indicato una chiara alternativa al canone. Una presa di posizione considerata dai detrattori opportunista e populista, anche perché un intervento sul finanziamento della Bbc, pur annunciato nel programma elettorale di Boris Johnson del 2019, non era minimamente atteso in questi giorni. Sono diversi i commentatori che interpretano questo annuncio come una manovra politica con una doppia finalità. La prima è distrarre gli elettori dagli scandali con cui Johnson ha dilapidato il proprio notevole capitale politico in due anni, e nulla funziona meglio che indicare un nemico. La seconda è vendicarsi di una emittente che, seppure in crisi, che ha tentato di mantenere la propria indipendenza editoriale scontrandosi apertamente con il governo Johnson e che ancora gode di prestigio e seguito nel paese e nel mondo. I rapporti fra la Bbc e la politica sono tradizionalmente tesi da decenni, soprattutto a partire dagli anni Novanta, quando il premier laburista Tony Blair strinse una controversa alleanza con l’impero mediatico dello ‘squalo’ Rupert Murdoch. Il taglio dei fondi è iniziato poco dopo, con il governo Cameron, ma la pressione sui contenuti e sul finanziamento si è molto esacerbata con Johnson fin da quando era il campione di Vote Leave ai tempi della campagna referendaria per Brexit.
E non si sono mai ricomposti: da premier ha imposto ai suoi ministri una lunga censura della Bbc, con il rifiuto a comparire sull’emittente pubblica proprio nelle fasi più drammatiche della diffusione del Covid, quando la popolazione cercava risposte alla gestione governativa della pandemia: una strategia punitiva che ha colpito anche altre voci critiche del governo, che in un panorama mediatico estremamente polarizzato può contare su media molto più favorevoli. Il braccio di ferro con la Bbc ha portato, nel gennaio 2020, alle dimissioni anticipate del direttore generale Tony Hall, sostituito da Tim Davie, considerato più vicino ai Conservatori. Ieri, in un comunicato congiunto con il presidente uscente Richard Sharp, ha definito il congelamento del canone ‘deludente – non solo per gli utenti ma anche per le industrie culturali che contano sulla Bbc. Saranno necessarie scelte dure che avranno un impatto sugli spettatori”. Intanto è esploso lo scontro politico, con la ministra ombra per la Cultura, Lucy Powell, che ha definito la manovra di Johnson ‘dittatura da quattro soldi”. Ma, va chiarito, una Bbc davvero indipendente non ha sponsor nemmeno fra i laburisti