la Repubblica, 18 gennaio 2022
La crisi di Credit Suisse
Gli uomini di potere, che siano banchieri o politici, in Svizzera dovrebbero tenere un basso profilo. Se del caso prendere il tram o il treno, come tutti. È il riassunto di un commento apparso qualche settimana fa sulla Neue Zürcher Zeitung, il più autorevole quotidiano elvetico, quando in dicembre esplose il caso di Antonio Horta-Osorio, il presidente del Cda di Credit Suisse, costretto l’altro ieri alle dimissioni, per aver violato, a due riprese, la quarantena, utilizzando il jet della banca.
Che sia ancora vero l’assioma di ispirazione calvinista sull’obbligo dell’understatement per i potenti, è oggi tutto da dimostrare. Sono finiti i tempi dei mitici “gnomi” della Bahnofstrasse di Zurigo, che filavano via furtivi senza guardaspalle e utilizzando prevalentemente i mezzi pubblici, alla fine della loro giornata lavorativa. Non è raro, per contro, che un Ministro venga immortalato nell’ora di punta sul treno dei pendo-lari, come è capitato all’ex-responsabile dell’ambiente, Doris Leuthard.
Quanto ai banchieri oggi girano in limousine, protetti da apparati di sicurezza degni di capi di Stato. Con il rischio, come è stato il caso di Horta- Osorio, che finiscano per approfittarne. È anche vero, però, che fino a qualche anno fa i manager dei maggiori istituti erano svizzeri doc, mentre da qualche anno sono subentrati i top manager stranieri. Sempre a Credit Suisse, fino allo scorso anno, il Ceo era il franco-ivoriano Tidjame Thiam, dimessosi anche lui per uno scandalo, avendo fatto spiare alcuni collaboratori. Una vicenda con una nota tragica, visto che uno degli agenti implicati nell’operazione di spionaggio, finì per suicidarsi. Ebbene, secondo il New York Times, Thiam avrebbe pagato innanzitutto per il colore della sua pelle. «Altri dirigenti di banca – ha scritto il quotidiano statunitense – sono sopravvissuti a scandali molto più grandi». Nonostante godesse di uno stipendio multimilionario e di una reputazione eccellente, venne spesso trattato, soprattutto dai siti web e dai tabloid, come un diverso. Su un volo interno, tra Zurigo e Ginevra, venne pure sottoposto a un controllo di polizia, come capita ai migranti e smise di guidare la sua Porsche per evitare situazioni imbarazzanti.
Quanto al portoghese Horta-Osorio, il portale finanziario Inside Paradeplatz lo ha definito, di recente, “un Re Sole, proprio come Thiam”. Tutto il contrario, verrebbe da dire, di quel basso profilo cui era abituata l’opinione pubblica che tra l’altro, nel 2013 aveva plebiscitato, nelle urne, un’iniziativa che chiedeva un tetto ai superstipendi. «È vero, ma quest’attesa – spiega a Repubblica il professor Sergio Rossi, docente di macroeconomia ed economia monetaria all’Università di Friburgo – è andata scemando negli ultimi trent’anni a seguito dell’avvento dell’ideologia neoliberista, che pretende di versare dei compensi stravaganti ai dirigenti delle grandi imprese, immaginando che siano meritati».
Sulla fine ingloriosa di Tidjane Thiam e Horta-Osorio a Credit Suisse, seconda banca elvetica, pesano risultati negativi: il titolo ha perso il 23% in un anno, scontando il clamoroso fallimento degli investimenti in due fondi per 15 miliardi. Una spirale negativa che aveva generato indiscrezioni anche su possibili appettiti sulla banca da Francia e Italia. Ma può aver contribuito il loro essere sopra le righe? «Il fatto è che diversi manager pensano di riuscire sempre a farla franca anche quando violano le regole, salvo poi accorgersi che ciò comporta un rischio reputazionale per la banca o l’impresa di cui sono i massimi dirigenti». Ma la Svizzera sembra non voler cadere nel luogo comune sull’inefficienza dei manager stranieri. Basti pensare che, lunedì 25 gennaio, inizierà a Zurigo un processo che si preannuncia epocale e che vede come principale imputato Pierin Vincenz, svizzero purosangue, che per 10 anni è stato Ceo del gruppo Raiffeisen, il terzo sulla piazza finanziaria elvetica, accusato di frode commerciale, falso, appropriazione indebita e concorrenza sleale. Anche lui usava il jet della banca per fini privati e la carta di credito di Raiffeisen per incursioni negli strip club.