Il Messaggero, 17 gennaio 2022
La stagione degli esami giapponesi, tra omicidi e suicidi
Anche quest’anno l’infernale stagione degli esami (i giapponesi la chiamano proprio così: jigoku shiken) si è aperta con un gesto disperato. Un ragazzo di provincia, 17enne, si è presentato davanti ai cancelli della prestigiosa Todai (l’Università Statale di Tokyo, uno dei quattro atenei più importanti del Paese, assieme alla Waseda e alla Keio sempre a Tokyo e alla Kyodai, l’Università statale di Kyoto) e con un coltello da cucina ha cominciato ad aggredire i passanti. Prima di essere bloccato dalla polizia (come al solito nessuno dei presenti si era degnato di intervenire, neanche gli addetti alla sicurezza dell’Università) ha ferito gravemente 2 studenti e un anziano signore di 72 anni, probabilmente il nonno di un candidato, poi operato d’urgenza ed in prognosi riservata. «Odio il sistema degli esami di ammissione pare abbia dichiarato l’aggressore, all’ultimo anno di scuola superiore io non ce la farò mai, ma piuttosto che deludere ancora i miei genitori e non avendo il coraggio di suicidarmi ho pensato di fare qualcosa che mi procurasse la pena di morte».
L’intenzione quindi era proprio di uccidere almeno due persone, il minimo necessario, in Giappone, per essere condannati a morte. In questa dichiarazione c’è un drammatico condensato della pressione e della difficoltà di uscirne se non attraverso gesti disperati che milioni di studenti giapponesi subiscono fin dalla più tenera età (ci sono esami di ammissione perfino per gli asili) per cercare di tenere il passo in un sistema rigido, faticoso e a detta di molti decisamente inefficace. «Un sistema che produce macchinette, non individui pensanti, per di più estremamente fragili e delicate. Basta poco per incepparle, e spesso non sono riparabili, scriveva oltre venti anni fa il sociologo Ikuo Amano. «Nulla è cambiato da allora, se non in peggio sostiene oggi lo stesso Amano, che nel frattempo è diventato docente proprio alla Todai persino la Cina, che aveva un sistema abbastanza simile al nostro, è corsa ai ripari, vietando i compiti a casa e alleggerendo i curriculum. Da noi invece si va avanti a testa bassa, senza rendersi conto che i nostro sistema, oltre che inutilmente crudele, non è neanche efficace. Continuiamo a puntare sul mero nozionismo, senza minimamente stimolare il ragionamento. Le nostre università non figurano in testa alle classifiche mondiali e i nostri laureati difficilmente trovano impieghi prestigiosi all’estero».
Il sistema giapponese, riformato e modellato su quello americano nell’immediato dopoguerra consiste in tre cicli obbligatori (6 di elementari, 3 di scuola media e 3 di superiori) cui vanno aggiunti la scuola materna/asilo nido (disponibili sin dall’età di due anni) e l’università (3-5 anni) cui oramai accedono – e si laureano – circa il 40% dei diplomati. Da questo ultimo dato avrete già capito qual è la differenza sostanziale: non c’è l’esame di maturità. In Italia la selezione si fa in uscita dalla scuola superiore, in Giappone all’entrata dell’Università. Da noi è relativamente facile tranne che per alcune facoltà entrarci, ma in media solo un terzo degli iscritti al primo anno va avanti e riesce a laurearsi. Qui in Giappone per entrare bisogna passare attraverso, appunto, l’inferno degli esami, ma se si entra la laurea è garantita. E in genere, anche un lavoro.
Il punto è che l’inferno degli esami non è limitato all’università: fin dalla scuola materna sono previsti test di entrata che, a seconda del risultato, possono di fatto decidere il tuo futuro. Riuscire ad entrare in un certo asilo, all’età di 4 o 5 anni, dà la possibilità di accedere con relativa facilità una sorta di corsia preferenziale – a tutte le fasi successive: elementari, medie, superiori. Ma poi, per entrare all’Università il famigerato nyugaku shiken bisogna affrontarlo. E c’è qui ci prova anche due o tre volte, pur di riuscire ad entrare in una università prestigiosa. Per prepararsi a dovere, gli studenti frequentano scuole speciali di preparazione molto costose, (i cosiddetti juku), fin dalle scuole elementari: portando le ore effettive di studio fino a 14 ore al giorno (tutte le scuole in Giappone aprono alle 8:30 e chiudono alle 16:30, dopodichè i ragazzi vanno direttamente al juku) aumentando la fatica, lo stress e costringendo i genitori ad accollarsi enormi spese. La scuola d’obbligo in Giappone è gratuita, ma chi può preferisce mandare i figli nelle scuole private, che sono carissime, così come le università private più prestigiose. Il sistema è davvero pesante, e molti si fermano per strada. C’è chi semplicemente abbandona la scuola (con familiari e presidi che si mettono d’accordo per promuoverlo lo stesso, onde evitare imbarazzanti ispezioni del ministero), altri che finiscono nel mondo della malavita, commettendo reati più o meno gravi e altri ancora che decidono di togliersi la vita.
Negli ultimi tre anni, mentre il dato complessivo continua a indicare un calo dei suicidi a livello nazionale (siamo a circa 22 mila l’anno, comunque 60 al giorno) i minori che si tolgono la vita sono in costante aumento: circa un migliaio, l’anno scorso. Molte le ragioni dietro questo triste e drammatico fenomeno, e tutte più o meno legate alla durezza del sistema scolastico. I ragazzi che non ce la fanno si sentono in colpa e vengono presi in giro – anche violentemente – non solo dai compagni, ma spesso anche dai docenti. E in casa è molto difficile per loro avere un rapporto con i genitori. Non c’è dialogo con gli adulti: i genitori sono stanchi e stressati dal lavoro, i docenti ossessionati dal portare a termine i programmi. «A volte basterebbe una chiacchierata spiega Akio Yamada, cofondatore di Mex, una piattaforma on line che permette ai giovani di sfogarsi ed in certi casi addirittura di trasferirsi nelle loro strutture protette per fermare certi propositi. Ma siamo tra i pochi a prenderci carico di questi poveri ragazzi, e la percentuale di minorenni che pensa al suicidio è altissima. Secondo un nostro sondaggio, uno su quattro lo prende in considerazione». Insomma, la situazione non è esattamente tutte rose pardon, ciliegi e fiori, come a volte risulta nei più popolari manga e anime giapponesi, tipo Golden Boy o Black Lagon. Per farsi un’idea più realistica si dovrebbe piuttosto leggere/vedere G.T.O (Great Teacher Onizuka). Il tutto si trova sulla piattaforma Popcorn TV (https://popcorntv.it) o sul sito My Anime: https://myanimelist.net