Robinson, 15 gennaio 2022
Il paradosso del coleottero
C’è un uomo che da molti anni colleziona coleotteri. Li cerca lungo i corsi d’acqua, nei boschi, in mezzo ai prati e persino nelle vie delle città, dovunque si posi il suo sguardo di cacciatore. Ha fatto seri studi letterari, ma ora la sua professione è assicuratore. Si chiama Tommaso Lisa ed è uno scrittore. Ha pubblicato alcuni piccoli libri che sono una meraviglia. Contengono narrazioni e descrizioni della sua attività di entomologo dilettante. Il primo apparso a inizio del 2021 s’intitola Memorie del sottosuolo. Un coleottero dei funghi (Exòrma) ed è dedicato a un coleottero mangiatore di funghi, Diaperis boleti,che appartiene alla famiglia dei Tenbrionidi costituita da 18.000 specie conosciute in inglese col nome di darkling beetles: insetti scuri, coleotteri neri. Si tratta del suo insetto totemico. Per cercarlo, e stanare insieme altri coleotteri, scava nei legni marci, scorteccia alberi caduti, cammina nei tratti boschivi durante l’intervallo di pranzo sbocconcellando un panino imbottito. Una vera ossessione che si trasmette alla sua prosa ricca e saporosa, carica di umori e odori. La sua arte scrittoria è munita del tocco della divagazione, dote che attiene solo agli scrittori muniti di spirito eccentrico. Del resto, cosa possiamo aspettarci da un uomo che ha la passione per i dettagli, che si perde per ore nella contemplazione delle sue prede fissate nelle scatole e nei cassetti dove le conserva? A tratti i racconti delle sue “caccie sottili” ( il termine è di Ernst Jünger, anche lui entomologo dilettante) sembrano visionari, come se avesse ingerito qualcuno di quei funghi di cui parla nelle sue pagine, ma è solo un’impressione momentanea perché la sua è una scrittura lucida e caparbia, secca e forbita. Nel libro che ha pubblicato da poco, Coleotteri rossi e altri insetti dello stesso colore, con i disegni di Sabrina Luoni ( Edizioni Danaus), al centro del diario entomologico ci sono alcuni insetti dotati di meravigliose colorazioni, dal cadmio alla lacca carminio, raccolti per lo più in Toscana, o scambiato con altri entomologi dilettanti, una legione d’appassionati sotterranei come i coleotteri di cui si occupano, che per altro noi tutti abbiamo probabilmente visto almeno una volta nella vita sull’erba o tra le piante del giardino, senza dare loro alcuna importanza. Ma cosa è esattamente l’entomologia? L’antropologo ed entomologo Hugh Raffles, autore di Insectopedia, citato da Lisa, scrive: «Focalizzare l’attenzione su un’altra vita, su una vita più piccola, sviluppa modi non convenzionali di vedere e sentire le cose, sovverte gli ordini gerarchici e le scale di valori dati e trasforma questa esperienza solipsistica in un’etica. Concentrare lo sguardo su un’altra forma di vita con pazienza e sensibilità fa apprezzare meglio le differenze, mette in evidenza la relatività delle cose e delle relazioni». Insomma, chiosa Lisa, l’entomologia consente di spostare l’attenzione dal punto di vista antropocentrico a quello fisico. Ma non è tutto qui. Come mostrano questi piccoli libri – e se ne annuncia uno nuovo sulla ricerca di un coleottero nell’Isola di Sant’Elena dove fu segregato Napoleone – c’è alla base di queste ricerche d’insetti «una inconfessata pulsione affettiva, un desiderio istintivo e irrazionale». Lisa è diventato uno scrittore dal momento che, non solo raccoglie coleotteri, ma li descrive, narra le proprie immersioni nell’universo del sottobosco, racconta da dove vengono i loro nomi. Si sofferma su chi li ha studiati, dando vita a una galleria di scienziati più o meno dilettanti, che hanno segnato la storia delle esplorazioni del minuscolo, parenti poveri di Charles Darwin studioso dei lombrichi, o di Jean-Henri Fabre autore di Ricordi di un entomologo, di cui Adelphi pubblica ora il secondo mastodontico volume magnificamente tradotto da Laura Guarino. Il messaggio etico, che i libri di Tommaso Lisa contengono, sconfina nella “solastalgia”, la nostalgia del conforto, termine coniato da un filosofo australiano Glenn Albrecht per descrivere l’angoscia che s’accompagna alla scoperta continua dell’ambiente vitale violato e distrutto dagli stessi esseri umani. Un tempo nell’alta Pianura Padana al confine con la bassa Val Sesia e il Biellese orientale si estendeva una grande foresta planiziale, dove viveva un altro dei personaggi delle storie di Lisa, Cucujus, un coleottero di forma allungata e colore rosso cinabro, un “relitto post- glaciale” ora estinto, salvo forse in uno sperduto angolo della Sila, un luogo che i greci chiamavano Hyle, la materia: il legno, la pasta, la sostanza. Senza le cosiddette foreste primarie i coleotteri scompariranno. Forse non saranno loro a ereditare la Terra, né gli scarafaggi, nostri compagni abituali, come aveva previsto Primo Levi. Com’è scritto sulla tomba del padre della scienza moderna, Francis Bacon a Cambridge: Composita salvantur, “quanto è composto si dissolva, il disordine succeda all’ordine”. Forse è proprio per contrastare l’inevitabile entropia che Tommaso Lisa raccoglie coleotteri e ne scrive. Una piccola ma luminosa speranza.