La Stampa, 16 gennaio 2022
Le trame di Gianni Letta
In queste ore all’orecchio di Berlusconi hanno sussurrato tutte le maldicenze possibili, anche le più grevi: «Gianni Letta è un traditore…». Lui lo sa, ci è abituato e anche stavolta lascerà scivolare e macerare tutto nel silenzio. E d’altra parte, come gli capita da 33 anni, Gianni Letta col Cavaliere parla direttamente e anche stavolta si è potuto permettere di dire a Berlusconi tutto ciò che pensa sulla scalata del Quirinale: «Lo dico per il tuo bene. Se noi avessimo i voti, dovremmo fare di tutto per farcela, ma nelle condizioni date tu hai una grande occasione: puoi essere determinante per scegliere ed eleggere il nuovo Presidente. Puoi entrare nella storia».
Gianni Letta è un personaggio felpato, disdegna l’apparire e per le sue trame preferisce l’ombra, il confessionale. Da direttore del “Tempo” non scrisse mai un editoriale e da uomo di governo non fece mai un intervento in Parlamento. Ma questo è il Letta pubblico, perché invece nelle segrete stanze è un po’ diverso: si consente talora di irrobustire il tono (mai il volume) delle sue parole e in questa partita del Quirinale ha cercato di far capire a Berlusconi i rischi di un attacco al Colle che dovesse concludersi con una precipitosa ritirata."Zio Gianni” è un signore di 86 anni, oramai pensa alla storia e non ha un’età per litigare con Berlusconi: infatti non ce l’ha con Silvio e i racconti che lo descrivono in rotta col capo sono lontanissimi dalla realtà. Ma Letta – questo sì – è molto irritato con chi lo asseconda e lo alletta – Licia Ronzulli, Antonio Tajani, il capogruppo alla Camera Paolo Barelli – rischiando, a suo parere, di esporre l’azienda e Forza Italia ad una sconfitta pericolosa. Una sconfitta che rischia di non essere indifferente per Berlusconi: anche se non se ne è mai parlato, dopo le grandi delusioni, l’uomo si deprime. Capitò nella primavera del 2006: dopo la sconfitta alle Politiche per una manciata di voti, per qualche giorno Berlusconi cavalcò l’adrenalina, ma poi si eclissò a lungo.
Ecco perché Letta sa che nei prossimi giorni torneranno ad aver bisogno delle sue arti. Lui è la Protezione civile del Cavaliere. Il lobbista del buonsenso. Quello che gli inglesi chiamano tinkerman, il riparatore. E d’altra parte nel mondo di Silvio, oramai da diversi anni, Letta è l’uomo di fiducia, sia della famiglia che dell’azienda: quelli sono gli interessi che cura con più continuità. Poi, certo, Gianni Letta è l’ambasciatore di Berlusconi nella “Repubblica romana”, quel bosco e sottobosco di ministeri e Rai, grand commis e impiegati, consiglieri di Stato e uscieri, Coni e banche, Opus Dei e Teatro dell’Opera. E ovviamente è il riferimento memorabile per una “scia” di assunti e promossi che in tutti i palazzi del potere romano gli devono qualcosa. A Palazzo Chigi, dove torna spesso, è circondato da una devozione filiale, fatta di inchini e riverenze: «Dottor Letta…». Ma anche tre ministri gli devono qualcosa. Nei giorni della formazione del governo Draghi, “zio Gianni” ha dato una mano e ha spinto in squadra due donne “toste” – e a lui vicine – come Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna, mentre Renato Brunetta – pur essendosi promosso da solo – anche lui è vicino a Letta. Mentre quella volta restarono a secco i “favoriti” di Arcore, a cominciare da Antonio Tajani e Anna Maria Bernini.
Ma ora c’è da giocare, non più a chiacchiere, la partita del Quirinale. Finora si è trafficato in “croste” e in promesse grazie al cimento di telefonisti brillanti. Un approccio che non appartiene allo stile di Letta. Certo, lui sa bene che il primo tempo Silvio vuole giocarlo tutto. Nelle ultime ore sono arrivate a Letta tutte le informazioni sull’ultimo vertice di centro-destra. E sa che resta un dubbio ancora irrisolto: Berlusconi vuole mettersi in gioco non alla terza, ma subito: alla prima votazione. Misurando così il consenso dei “suoi” parlamentari, provando a trainare gli incerti. La tattica delle prime quattro votazioni è ancora da definire, ma Letta sa che a lui spetterà entrare in azione nel secondo tempo. Nella fase della costruzione.
In queste ultime settimane, con la proverbiale riservatezza e infatti nessuno ne ha saputo nulla, Gianni Letta ha ricucito un rapporto personale con Matteo Salvini, che si era dissolto nei mesi scorsi. E anzi i due hanno giocato di sponda nella vicenda delle nomine Rai, un’azienda dove “zio Gianni” ha una certa dimestichezza.
Dunque sta di nuovo per scoccare l’ora del “riparatore”. Ma per costruire quale operazione? Per portare a chi la dote dei 450 grandi elettori del centro-destra quando Berlusconi dovesse ritirarsi? La scelta, questo Letta lo sa, non spetterà a lui. Ma si è messo avanti col lavoro. In questi mesi ha intessuto un buon rapporto con Mario Draghi, negli ultimi mesi è stato spesso – e alla luce del sole – a Palazzo Chigi, entrando dalla porta principale come due giorni fa.
Ed è in ottimi rapporti anche con Sergio Mattarella: l’11 novembre scorso, invitato dal capo dello Stato al Quirinale in occasione di un ricordo sulla presidenza di Giovanni Leone, Gianni Letta ha tenuto una relazione colta, ricchissima di riferimenti storici e personali, al termine della quale ha preso la parola il capo dello Stato, concludendo il suo contributo con un’affermazione per lui decisamente insolita: «Difficile ritrovare una campagna giornalistica, scandalistica e invereconda, come quella diretta contro il Presidente Leone».
Ma anche Gianni Letta, tre giorni fa, si è concesso una licenza, un fuor d’opera rispetto al suo stile misurato e silenzioso. Uscendo dalla camera ardente per David Sassoli, Letta aveva sostenuto che se il clima di concordia respirato alla Camera e al Senato nel ricordo dell’ex presidente del Parlamento europeo fosse quello che porta a votare per il presidente della Repubblica al Quirinale, «sarebbe una grandissima lezione, un contributo di David alla pacificazione del Paese e allo sviluppo dell’Italia». Il segno che anche il pazientissimo Letta, il cultore del silenzio, ci teneva a lanciare un segnale poco prima di entrare nel tunnel oltre il quale nulla sarà come prima nell’universo di Silvio Berlusconi.