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 2022  gennaio 16 Domenica calendario

I 40 anni della Filarmonica della Scala

La storia, o meglio l’avventura, della Filarmonica della Scala cominciò 40 anni fa, un lunedì. «Ricordo bene l’emozione di quel 25 gennaio 1982 – ripensa oraRiccardo Chailly, da sette anni suo direttore principale -. Quella sera nasceva qualcosa di vitale, allineato con i principi toscaniniani, che rimetteva in moto la crescita e l’ambizione esecutiva. Abbado volle sui leggii la Terza di Mahler: iniziare con una partitura così temeraria non era solo un atto di coraggio ma un gesto di fiducia nei musicisti. Se si voleva chiarire subito gli obiettivi di un’orchestra diversa come la Filarmonica, era giusto metterla alla prova senza sconti». 
Scelta ardita, come tante altre che hanno scandito la vita di quest’orchestra nata dalla lucida visione di Claudio Abbado, sostenuto dalla tenacia appassionata di un violinista amico, Ernesto Schiavi, artefice della struttura e suo storico direttore artistico. Struttura privata all’interno di una pubblica, qual era la Scala ai tempi. «L’impresa non fu facile – conferma Schiavi, oggi direttore artistico dell’Orchestra Rai -. Visto che parlavo tedesco, Abbado mi spedì a Vienna a studiare lo statuto dei Wiener. Ma in Italia non era prevista un’analoga situazione. Per dieci anni, fino a quando non fu varato un apposito decreto, siamo andati avanti da fuorilegge. Contando sul nostro entusiasmo, la nostra caparbietà, l’autorevolezza dei maestri, da Abbado a Giulini a Muti. E tanti altri ancora». 
Altri come Boulez e Bernstein, Davis e Bertini. E Gardiner, Jansons, Maazel, Nagano, Ozawa, Salonen, Sawallish, Prêtre, Chung… E Zubin Mehta naturalmente. «Ho iniziato a dirigere questa meravigliosa orchestra nel ‘90 – spiega -. La Filarmonica è un esempio della flessibilità di una formazione d’opera che suona anche la sinfonica. Grazie alle esperienze accumulate ha raggiunto un apice di musicalità e virtuosismo. Porto con me bellissimi ricordi, mi congratulo con ogni musicista, impaziente di tornare sul podio a febbraio con il mio caro amico Daniel Barenboim». 
«Non vedo l’ora anch’io – conferma da Berlino Barenboim, alla guida della Scala fino al 2015 -. Con Zubin eseguirò il Terzo concerto per pianoforte di Beethoven. La Filarmonica è una delle mie orchestre del cuore, la prima volta che l’ho diretta, concerto di Natale 2005, Nona di Beethoven, sono rimasto sbalordito dalla sua altissima qualità. E dalla curiosità dei suoi musicisti, che mai hanno ceduto alla tentazione della routine. Io li ho trascinati nelle sinfonie di Mahler, nel Tristan und Isolde di Wagner, e loro si sono buttati con dedizione. L’idea di Abbado, far crescere in parallelo la parte lirica e sinfonica, ha dato i suoi frutti. Saper suonare al meglio le Sinfonie di Mozart è garanzia di eseguire al meglio Le Nozze di Figaro, e viceversa. Quel quid in più che, come la Filarmonica, rende speciali i Wiener e la Staatskapelle di Berlino». 
Milleseicento concerti, l’alternanza di bacchette prestigiose e programmi disparati, hanno creato un dna potente, un suono originale. «Oggi la Filarmonica è una compagine importante, uno strumento duttile che ha ampliato il repertorio in maniera intelligente, con l’attenzione a musicisti giovani di qualità – riprende Chailly -. A caratterizzarla è proprio l’identità del suono. Non posso dimenticare il mio primo concerto con la Nona di Mahler. E, nelle ultime tournée, il riconoscimento d’appartenenza alla cultura sinfonica europea. Il 24 sera festeggeremo insieme tutto questo. Mi piace vedere in questa nuova inaugurazione un’immagine celebrativa, anche per il programma. Una novità di Battistelli, due miniature di Stravinsky, mai eseguite in Scala, la Suite 1919 dell’Uccello di fuoco che è stata per anni la “firma” di molti programmi diretti da Abbado, e la Quinta di Ciaikovsky, altro autore che lui amava». 
Abbado mai dimenticato, il motore di tutto. «Con la sua semplicità disarmante, a chi gli chiedeva che bisogno ci fosse di una nuova orchestra, Claudio rispondeva: perché così suoneremo meglio – ricorda Schiavi -. E quando si metteva un’idea in capo, nessun ostacolo era insuperabile. Compreso quello finanziario. Dovevamo cavarcela da soli, trovare uno sponsor. Arrivò Fininvest. E l’impensabile accadde: Abbado comunista, Badini socialista e Berlusconi, non ancora in politica ma politicamente sul fronte opposto, non ebbero nulla da ridire nel mettersi insieme. Da una parte per il bene dell’orchestra, dall’altra per dare un’immagine culturale a Rete4, fortemente voluta da Fedele Confalonieri. E così, nonostante qualche ostilità dei sindacati e di una certa sinistra radical milanese, Fininvest divenne per 20 anni il partner della Filarmonica». 
Legame interrotto con la burrascosa dipartita di Muti. «Da un giorno all’altro ci siamo ritrovati senza sponsor, a rischio di chiusura – ricorda Schiavi -. Ma poi sono subentrate UniCredit, poi Allianz». La storia continua. «Ma poteva non cominciare mai – conclude Schiavi -. Quel primo concerto di 40 anni fa restò in forse fino all’ultimo. Dovendo lavorare di lunedì, giorno di riposo, i tecnici di palcoscenico avevano chiesto un compenso per noi impossibile. Tensione altissima, mediazione andata avanti per ore. Abbiamo rischiato di non nascere, ma ce l’abbiamo fatta».