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 2022  gennaio 15 Sabato calendario

Intervista al gioielliere di Diana

Alberto Repossi è entrato nella storia di Diana, e dei Windsor. Il gioielliere ha testimoniato al processo sulla fine di Lady D, per l’anello di «fidanzamento» che Dodi comprò prima della tragedia nel 1997. Mentre si riaccendono i riflettori su un altro caso Royal, parla con il Corriere. 
Cosa ricorda, dottor Repossi, di quel processo giudiziario? 
«Dalla famiglia Windsor, nessuna pressione. Fedeli al motto never explain, never complain. Mai spiegare, mai lamentarsi. Ma l’establishment attorno alla Ditta si diede da fare per monitorare che tutto in udienza procedesse su binari sicuri». 
Diana, e ora Andrea. Con la regina che l’ha lasciato al suo destino. Che ne pensa? 
«Una scelta di saggezza quella della sovrana che prende le distanze dal figlio, in fondo il principe ha risorse, non certo solo lo chalet in Svizzera, con le quali regolare i conti del processo. Certo, la vicenda rivela un atteggiamento un po’ “medievale” nella gestione del potere. Voglio dire, per secoli han fatto ciò che hanno voluto ma con i nuovi mezzi di comunicazione han dovuto cambiare». 
Il processo alle Royal Courts of Justice, e prima l’incontro con Dodi e Diana a St Tropez. Com’era? 
«Diana era cortese, educata quando la vidi in Costa Azzurra, ma la mia emozione era tale che mi sentivo pietrificato. Al processo fui torchiato, tre volte interrogato da Scotland Yard – io e mia moglie Giò. E il chief detective che mi suggerì di cambiare versione, di ricordare meglio...». 
Pressioni? 
«Dalla famiglia, mai. Anche quando due anni dopo la morte di Diana vidi il principe Carlo: impeccabile, amabile. Ma i cortigiani monitoravano. E non dimentico quell’intervista che mi chiese una tv... non andò in onda. Me la snocciolarono all’interrogatorio». 
Ha più rivisto Mohammed Al Fayed? Il padre di Dodi? 
«Al Ritz mesi fa, pranzava con la moglie. Mi complimentai per l’hotel rinnovato e mi disse quanto gli era costato! Ma è stanco, per il leone che era». 
Al Fayed ha accusato i Windsor. E lei? 
«Io salvo la regina e la Royal Family per il credito che hanno acquisito nei secoli. Dal lavoro per le fortune della Gran Bretagna al ruolo di baluardo della democrazia che i Windsor hanno avuto nel secondo conflitto mondiale. Senza gli inglesi sarebbe stata un’altra storia. Però da un principe oggi mi aspetto un’altra apertura, penso ad Alberto di Monaco che non ha avuto paura a riconoscere pubblicamente i figli fuori dalle nozze». 
Il posto di Diana è stato preso da Kate e Meghan, lei da che parte sta? 
«Kate è perfetta, su misura per i Windsor. Meghan è fuggita, sarebbe stato più coraggioso combattere dall’interno. Di William e Harry ho apprezzato lo sforzo di far fronte comune, con diverse opinioni, per la memoria della madre, per la prima statua di Diana».