Corriere della Sera, 15 gennaio 2022
Quirinale, gli appunti sui votanti da convincere
«Dovreste vedere i due quadri che mi ha mandato per Natale!», raccontava giorni fa agli amici di Coraggio Italia il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. Alessandro Sorte, che invece è tornato in Forza Italia, raccontando delle telefonate con Arcore ha spiegato invece che «io mi sposo tra qualche giorno, lo sapete; ma in viaggio di nozze non vado perché devo votarlo nell’elezione del presidente della Repubblica».
Il «lui» sottinteso, in queste e in tutte le conversazioni che a tutte le latitudini riguardano il centrodestra, è ovviamente Silvio Berlusconi. Che guardandosi indietro a quello che è successo nell’ultimo mese, e riavvolgendo il filo delle tante telefonate con esponenti di tutti i gruppi parlamentari che hanno scandito tempi e modi della sua campagna per il Quirinale, ha raccontato ai fedelissimi di sentirsi come «ritornato agli inizi», a quando c’erano cose da costruire, imprese da mettere in piedi da zero. «Vedete», ha confidato a un parlamentare durante un colloquio telefonico, «se si chiamano grandi elettori non sarà un caso, giusto? Ecco, io li tratto da tali. Perché sono tutti grandi allo stesso modo…».
Non si spiegherebbe in altro modo la meticolosità con cui sono state composte e ricomposte, nello scrittoio di Arcore così come sulla scrivania di Villa Grande, le biografie delle decine di parlamentari considerati «contattabili» per provare ad averne il voto.
Sulle pagine dedicate a Lello Ciampolillo, l’ormai celeberrimo senatore ex Cinque Stelle che si fiondò all’ultimo secondo per votare la fiducia al Conte II, il primo caso di parlamentare che ha costretto Palazzo Madama all’utilizzo del Var, è annotato a penna «senatore ambientalista, abbraccia gli alberi di ulivo, ricordarsi di dire che a Villa Grande c’è un ulivo da abbracciare». Tutto successo per davvero, anche se nessuno è in grado di confermare se la telefonata con Ciampolillo ha poi avuto luogo oppure no.
Perché è vero, come ha confidato Fedele Confalonieri a uno dei vecchi leader del centrosinistra durante una telefonata di auguri natalizi, che «Berlusconi è riuscito in imprese giganti a cui nessuno di noi amici all’inizio credeva». Ma è altrettanto vero che – vada avanti o si fermi prima – quella di ricercare cinquecento voti «uno per uno» viene vissuta come una competizione che pare cucita addosso al Cavaliere dei primi tempi. «Qual è stata la vera differenza tra Berlusconi e un politico tradizionale? Il politico tradizionale guardava chiunque dall’alto in basso. Berlusconi, invece, ha fatto sempre sentire chiunque un padreterno», racconta una persona che gli ha fatto da ministro.
Quindi, aggiunge, «se il senatore Ciampolillo parlasse al telefono con lui, un secondo dopo si sentirebbe Churchill».
La pagina di pubblicità acquistata sul Giornale di famiglia sembra la riproposizione in scala bonsai dell’autoagiografia Una storia italiana, spedita per posta nel 2001.
«Una persona buona e generosa», «un amico di tutti e nemico di nessuno», «un self-made man e un esempio per tutti gli italiani», tra le altre cose. L’amichevole e natalizia partecipazione di Vittorio Sgarbi, in qualità di celebre telefonista a caccia di voti fuori dal centrodestra, è servita da apripista, ha fatto da passepartout di porte che altrimenti si sarebbero aperte con difficoltà o non aperte. Come quelle del gruppo Alternativa, in cui si sono raccolti gli ex grillini più duri e più puri, quelli della prima ora, i nemici di qualsiasi compromesso, che invece col critico d’arte hanno costruito un rapporto.
«Sono un liberale e ascolto chi ha posizioni diverse dalle mie», ha detto il Cavaliere alla no vax Laura Granato. La base del «messaggio» del ’94, in fondo. Ma senza più «comunisti», dei quali per la prima volta cerca il voto.