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 2022  gennaio 14 Venerdì calendario

Storia dei luoghi comuni

I luoghi comuni sulle persone nascono nei modi più diversi, ma alla fine fanno sempre comodo a qualcuno. Il saggio di Emilio Mazza e Michela Nacci, Paese che vai (Marsilio), raccoglie e analizza i caratteri nazionali così come sono stati tramandati dai cliché. “Le nazioni sono viste come individui: hanno una personalità, precise caratteristiche, un volto”, scrivono gli autori. E sorprende nel vedere come questi ritratti stereotipati non nascano da chiacchiere al bar. Anzi, sono spesso i più grandi pensatori della storia a metterli nero su bianco.
Se oggi si cerca di evitare gli stereotipi sugli stranieri, nell’antica Roma non ci si scandalizzava del “razzismo climatico”. Cicerone scriveva che “ad Atene l’aria è sottile e per questo gli Attici sono ritenuti più acuti, a Tebe è pesante e così i Tebani sono ritenuti grassi e robusti”. Ippocrate raccontava che gli Sciti, nomadi indoeuropei che giravano a cavallo nella steppa, “per il freddo e lo scuotimento, non provano desiderio di avere rapporti sessuali”; per Platone erano “irascibili”, mentre Fenici ed Egizi erano avidi di guadagno. Aristotele pensava che gli Asiatici fossero abili nelle arti, ma codardi e per questo destinati a una “vita servile”. Gli Europei del Nord coraggiosi (per i climi freddi), ma poco intelligenti. I “Meridionali”, osservava invece Jean Bodin qualche secolo più tardi, “sono poco sanguigni, come le lepri e i cervi. Ciò li rende più paurosi e deboli”.
I vizi, poi, si sprecavano. La Spagna di Baltasar Gracián (1601-1658) era superba, l’Italia ingannatrice, l’Inghilterra incostante, la Grecia infedele e la Turchia barbara. La lussuria, invece, “parendogli angusta una sola Provincia, si dilatò per tutto il mondo”. A Montesquieu, oltre allo spirito delle leggi, piaceva descrivere quello dei popoli che incrociava nei suoi viaggi. Nel Belpaese osservava che “non si sono mai visti tanti devoti e così poca devozione”. David Hume, invece, da buon empirista, è il primo che “va alla fonte dei pregiudizi e propone gli antidoti”. Si accorge che i giudizi sul popolo di appartenenza sono quasi sempre più indulgenti. Ne nasce una teoria dei caratteri: c’è chi guarda alle cause fisiche, chi a quelle morali; chi ai caratteri rigidi e chi a quelli flessibili.
Bodin, Du Bos, Montesquieu, Hume, Herder, Madame de Staël, Michelet, Hegel, Tocqueville, Spencer, Weil e Bateson… sono tanti gli intellettuali che hanno contribuito a selezionare e tramandare i luoghi comuni che ancora oggi usiamo. Anche se molto spesso servivano a esaltare gli amici o i propri ideali. A spese di tutti gli altri.