la Repubblica, 14 gennaio 2022
Intervista a Jens Stoltenberg
La Nato sarà al fianco dell’Ucraina se la Russia la attaccherà. «In quel caso ci saranno conseguenze», ma non si scenderà in guerra. Il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ammette che i tre vertici che si sono susseguiti in questa settimana con i delegati di Mosca, non hanno prodotto passi avanti. La situazione rimane critica. E avverte che non potrà mai essere accettata la richiesta del Cremlino di imporre vincoli alle libere adesioni da parte degli Stati europei all’Alleanza Atlantica. «Vogliono controllare i loro vicini ma sarebbe contrario ai nostri principi fondamentali». E proprio in base ad essi, la risposta alla Russia e anche all’espansionismo cinese sarà sempre intransigente.
Dopo questa serie di incontri, a Ginevra poi a Bruxelles con il Consiglio Nato-Russia e quindi a Vienna con il summit Osce, quali sono le sue sensazioni sull’approccio russo al negoziato? In sostanza, stanno negoziando in buona fede o no?
«Difficile dirlo. Stiamo aspettando la risposta dalla Russia. Non sono stati in grado di darcela nella riunione di mercoledì. Posso dire che le discussioni sono state difficili, abbiamo passato quattro ore ad affrontare una vasta gamma di questioni. Loro hanno sollevato i loro problemi di sicurezza, noi le nostre preoccupazioni. Siamo molto distanti. Il confronto è stato aperto e franco. Ma l’importante, in questo momento critico per la sicurezza europea, è che ci siamo seduti insieme intorno a un tavolo. È la prima volta in più di due anni.
Abbiamo proposto altri incontri e spero che accettino di continuare.
Abbiamo bisogno di dialogo quando le tensioni sono così alte».
Oggi, però, il rappresentante russo ha detto che a breve non vede la possibilità di nuovi incontri. C’è il rischio di una escalation? E se la Russia invaderà l’Ucraina, la Nato sarà costretta ad andare in guerra nell’Europa orientale?
«L’Ucraina è un partner di grande valore. La aiutiamo nel diritto fondamentale all’autodifesa. Diamo il nostro supporto – in particolare Usa, Regno Unito e Turchia – nella fornitura di attrezzature e nell’addestramento. Ma Kiev non è un alleato della Nato. L’impegno a difendere tutti gli alleati vale solo per gli alleati. Se la Russia usa di nuovo la forza contro l’Ucraina, sarà un errore strategico e avrà gravi conseguenze in termini sanzioni politiche, economiche e finanziarie. Noi continueremo a sostenere l’Ucraina e sappiamo che Kiev è molto più capace di difendersi ora rispetto al 2014. Le sue forze sono meglio addestrate e meglio equipaggiate.
Poi, naturalmente faremo ciò che è necessario per assicurare la nostra presenza. Quel che sto dicendo è che l’obbligo di difendere e proteggere gli alleati si applica agli alleati. Per l’Ucraina abbiamo dichiarato che le conseguenze saranno nuove sanzioni economiche e che forniremo il nostro sostegno».
E se Kiev chiedesse di aderire definitivamente alla Nato, quale sarebbe la risposta? Sì o no?
«L’Ucraina ha già chiesto l’adesione e abbiamo deciso di lavorarci. Di sostenerla nelle riforme, nella modernizzazione delle forze armate secondo i nostri standard. È chiaro che siamo aperti. Nel 2008 abbiamo stabilito che Ucraina e Georgia diventeranno membri, ma non quando. Il messaggio principale, però, ora è un altro: la questione dell’adesione riguarda l’Ucraina e i 30 alleati del Patto. I russi vorrebbero invece un accordo vincolante che impedisca l’allargamento della Nato. Sarebbe una violazione dei nostri principi sull’autodeterminazione dei popoli. Ucraini, finlandesi o svedesi devono avere il diritto di decidere da soli se e quando aderire. I russi non possono interferire. Vogliono ristabilire una sorta di influenza riservata alle grandi potenze. Ma questa non è l’Europa in cui vorrei vivere. Gli stati europei sono liberi e indipendenti».
Lei dice che la porta sarà aperta ma non quando. Questa crisi può accelerare il percorso? Magari nei prossimi mesi?
«Ciò che è all’ordine del giorno ora sono le riforme, aiutare l’Ucraina.
Ripeto: il punto adesso è l’aggressività russa, non il resto.
Hanno occupato una parte dell’Ucraina, la Crimea, controllano il Donbass attraverso il sostegno dei separatisti e poi cercano di costringerci ad accettare un trattato legalmente vincolante che violerebbe la sovranità nazionale.
Questo è il nodo cruciale».
Cosa succede in Kazakistan?
Mosca cerca di estendere il suo ombrello strategico anche in questa parte dell’Asia centrale? È una crisi che rende Putin e la Cina più potenti in questa area?
«In generale quello che vediamo è che la Russia cerca in un certo senso di ristabilire la sua sfera di influenza.
Lo stanno facendo anche lì. Siamo molto preoccupati. È importante che i diritti umani siano rispettati, compreso il diritto di manifestare pacificamente. In Kazakistan emerge un deficit di diritti democratici ed è assente il rispetto dei diritti umani.
Mosca anche in questo caso punta al controllo sui suoi vicini».
Il problema del rispetto dei diritti umani c’è anche in Cina.
«È vero. La Nato è un’alleanza basata sui alcuni valori fondamentali, sui diritti umani, sulla libertà, sulla democrazia. In Cina abbiamo visto l’oppressione delle forze democratiche, delle minoranze.
Anche a Hong Kong con la repressione dei media indipendenti.
Tutto ciò dimostra l’importanza dell’alleanza tra Nord America e Europa a difesa delle democrazie. È importante perché è in gioco pure la sicurezza europea».
Lei sta per concludere il suo mandato. Quale sarà la sfida più difficile per il suo successore?
«Viviamo in un mondo imprevedibile, ci saranno sorprese. È estremamente difficile prevedere quale sarà la prossima crisi. Il mio messaggio principale è che dobbiamo prepararci agli imprevisti.
Usa e Europa insieme valgono il 50 per cento dell’economia mondiale.
Insieme siamo in grado di preservare la pace. A questo proposito devo ringraziare, attraverso voi, l’Italia per i suoi contributi alla sicurezza della Nato. Per il ruolo meraviglioso che gioca e ha giocato in Iraq, in Afghanistan, in Kosovo».
La prossima estate l’Alleanza Atlantica approverà il suo “Strategic concept”, le nuove linee guida del Patto. La Cina verrà considerata una minaccia strategica?
«Nel precedente “Strategic concept”, del 2010, la Cina non era menzionata. Presto però avrà la più grande economia del mondo, il secondo più grande progetto di difesa, la più grande marina. Si avvicina all’Africa, si allunga verso l’Artico, cerca di controllare le infrastrutture in Europa. Si lancia nel cyberspazio e negli investimenti di armi nucleari a lungo raggio. Tutto questo riguarda la nostra sicurezza. L’ascesa della Cina offre anche opportunità per le nostre economie, ma dobbiamo impegnarci con Pechino pure sul cambiamento climatico. Ognuno di questi fattori sarà assolutamente affrontato nello “Strategic concept”».