Corriere della Sera, 13 gennaio 2022
Sissi, il mito del grande e del piccolo schermo
Il mito di Sissi, imperatrice d’Austria e regina d’Ungheria, continua ad essere alimentato. Canale 5 ha finito di trasmettere una serie (genere telenovela) in sei puntate prodotta dall’emittente tedesca RTL (ora su Infinity); Netflix ne ha una quasi pronta.
E come non ricordare i film con la straordinaria Romy Schneider che, nel 1955, a soli 17 anni, ha impersonato Sissi in «La principessa Sissi», un film che la tv ripropone ogni anno a comporre la trilogia: «Sissi. La giovane imperatrice» e «Sissi. Il destino di un’imperatrice». Sissi appare in altri film, interpretata da Gabrielle Dorziat in «Mayerling», diretto nel 1936 da Anatole Litvak, da Maria Holster in «Kaiserwalver» del 1953, dall’elegante Ava Gardner in «Mayerling» del 1968, da Sandra Ceccarelli nella fiction Rai «Rudolph. Il destino di un principe» e da Cristiana Capotondi nella miniserie «Sissi», prodotto per la Rai nel 2009. La Schneider appare anche nelle vesti di Sissi in «Ludwig» di Luchino Visconti.
Sissi è la testa coronata più rappresentata nel cinema e nelle serie e ogni volta ci si pone la domanda: perché? Perché una vita sostanzialmente infelice è stata tramutata in favola. Perché era giovane, bella ed emancipata. Perché era nello stesso tempo vulnerabile e determinata, fragile e sicura di sé, cioè sceneggiabile. Ma già a partire dagli anni ’60 del XIX sec., Sissi diventa un idolo; ogni sua apparizione in pubblico è salutata con grande entusiasmo.
Sono del periodo anche i tre celebri ritratti di Wintheralter le cui numerose copie contribuiscono al diffondersi della leggenda mediatica. Si racconta che l’imperatrice fosse ossessionata dal proprio aspetto fisico (per questo, tutte le volte, scelgono attrici fascinose): sottoponeva il suo corpo già esile a diete, digiuni, bagni gelidi e dedicava ogni giorno più di tre ore alla cura dei lunghissimi capelli. Qui si veste e si spoglia, sempre con molta grazia.