la Repubblica, 13 gennaio 2022
L’Italia è un paese per presidenti. Ce ne sono 70mila
Se a via del Corso, nel centro del centro di Roma, chiami “Presidente!” si gireranno in quindici. L’Italia è piena di presidenti, e della più varia risma: ogni autorità pubblica ne ha uno, spesso più di uno. Non a caso, se in Germania guida l’esecutivo un cancelliere, se in Inghilterra governa un primo ministro, alle nostre latitudini c’è invece un presidente del Consiglio. Così, in ciascuno degli ottomila Comuni italiani s’incontra il presidente della Giunta (ovvero il sindaco), quello del Consiglio comunale, i presidenti delle commissioni consiliari, i presidenti dei gruppi politici che siedono in Consiglio. Idem in Parlamento, nelle Regioni, nelle Province, nelle Città metropolitane. O nell’organizzazione giudiziaria: presidenti di tribunale, di Corte d’appello, di Corte d’assise, di Tar, Consiglio di Stato, Corte dei conti, Cassazione, di sezione del Consiglio di Stato o della Corte dei conti o della Cassazione, senza contare organi eccentrici come i Tribunali delle acque. Poi i presidenti delle authority, delle istituzioni universitarie, delle agenzie pubbliche, degli enti controllati dallo Stato, di Aci, Inail, Inps, Istat, Coni, di altri organismi talvolta sconosciuti ai più, come l’Istituto per il credito sportivo o l’Aero Club d’Italia.
Noi, per lo più, non ci facciamo caso. La nostra attenzione si risveglia soltanto quando c’è da eleggere un nuovo inquilino al Quirinale, sicché segniamo una data in rosso nel calendario ufficiale, e la ripetiamo ogni sette anni, alla scadenza del presidente della Repubblica in carica: 3 febbraio 2022, nel caso di Sergio Mattarella, il dodicesimo presidente. Ma in Italia, in realtà, il presidente viene eletto ogni giorno, più di una volta al giorno. Perché i posti sono tanti, così come gli appetiti; e c’è un’intera nazione da sfamare. E perché non occorre vincere un concorso per guadagnare la poltrona, servono piuttosto relazioni, dato che il presidente non è mai eletto dal popolo votante, bensì piuttosto da assemblee ristrette, da circoli, da club degli ottimati. Oppure viene nominato, come i cavalieri della Tavola Rotonda. (…) Da questo nasce la ricerca depositata nel libro: una contabilità dei presidenti, di quanti incarnano nel loro stesso corpo un organismo, un ente, una struttura collettiva. O meglio, delle presidenze, più che dei singoli individui chiamati di volta in volta a ricoprirne il ruolo. Una rassegna delle cariche, non degli incaricati. E con un doppio limite. In primo luogo, oggetto della ricerca è il settore pubblico, non quello privato, non i vertici di Telecom o della Ferrari. In secondo luogo, vengono esclusi dal computo i direttori generali, i commissari, i garanti (per esempio quello dell’Infanzia), i governatori (è il caso della Banca d’Italia), e insomma tutta la nomenclatura che usa epiteti diversi, per designare chi rappresenta questa o quella istituzione. Ma ci interessano qui soltanto i presidenti – la categoria, d’altronde, più nutrita.
Tuttavia, per misurarla occorre anzitutto stabilire la cifra complessiva delle amministrazioni pubbliche; ed è un problema, se non anche un mistero. Giacché in Italia il loro numero è cangiante come l’opale, come le leggi che in ogni momento aggiungono nuove succursali, nuove strutture centrali o periferiche. Di conseguenza girano stime alterne, ballerine. Così, nel 2010 il Forum PA calcolava 9867 amministrazioni pubbliche, contando anche gli enti pubblici regionali e locali, ma senza considerare le 44.896 scuole statali. Altri numeri sono più alti, oppure un po’ più bassi. Da qui la scelta metodologica: basarsi su una fonte ufficiale, sia pure con qualche aggiustamento. La fonte consiste nell’ Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, che l’Istat diffonde anno per anno; e l’anno di riferimento è il 2020, il più recente, mentre questa ricerca giunge a conclusione. Quanti sono, dunque, i presidenti? Sommando le schede raccolte nelle pagine seguenti del libro, e moltiplicando il loro numero quando la carica si ripete sul territorio nazionale (il presidente della Repubblica è uno, quelli di Regione 20, i presidenti delle Giunte comunali sono 7904), ne viene fuori una cifra iperbolica, che nessun pallottoliere potrà mai restituire: 70.000 presidenti. Anzi 70.174, per essere precisi; d’altronde chiunque può ripetere il conteggio, tirando somme e mediane dalle 155 schede raccolte in questo libro. Ma è un numero approssimato per difetto, non per eccesso. Giacché il censimento non comprende una miriade d’istituzioni minori, che altrimenti l’avrebbe trasformato in una biblioteca di Babele, senza inizio e senza fine; benché in compenso vi ricadano taluni organismi a metà strada fra sfera pubblica e privata (come i gruppi parlamentari), oltre alle principali partecipate pubbliche (per esempio l’Eni, le Poste, le Ferrovie dello Stato), la cui presidenza pesa talvolta più d’un ministero, eccitando l’appetito dei partiti di governo. Sicché infine si compone un paesaggio multiforme, spesso abitato da creature eccentriche e bislacche: presidenti e vicepresidenti, ma c’è anche il presidente aggiunto (succede al Consiglio di Stato), quello onorario (alla Fondazione La Quadriennale di Roma), o perfino il presidente del Garante (quello per la Privacy).
Nonostante l’“Amministrazione trasparente”, ossia l’obbligo di rendere pubblici gli emolumenti percepiti dai dirigenti pubblici (a norma del decreto legislativo n. 33 del 2013), in non pochi casi la retribuzione resta ignota, non appare né sul sito web dell’istituzione né su altre fonti ufficiali. Il dato complessivo che possiamo ricavarne è quindi certamente al di sotto di quello reale, come peraltro accade circa il numero totale dei nostri presidenti. Ma è una cifra astronomica, sia detto senza indulgere a pulsioni populiste, senza negare il diritto alla retribuzione di ciascuno, dei presidenti così come dei presieduti. Facendo un po’ di conti, in Italia ogni anno la spesa pubblica per stipendiare i presidenti supera il bilancio d’una grande città: 390 milioni di euro.