13 gennaio 2022
Biografia di Drusilla Foer
Laura Rio, il Giornale
La vera novità del Festival è lei: Drusilla Foer. Si definisce un’anziana soubrette che canta, balla, recita. All’apparenza è un uomo travestito da donna. Ma per chi la conosce e l’apprezza il gioco dell’indossare abiti femminili non è fondamentale. Importante è ciò che dice e come lo dice: con eleganza, ironia, irriverenza, anche cinismo, tocca quei temi universali, fragilità, accettazione di sé stessi, amore, sesso, rabbia, vergogna, dolore che più interessano alle persone. Insomma, Drusilla è difficile da inquadrare e certamente farà discutere, dal palco dell’Ariston. È la prima volta che un personaggio en travesti co-conduce il Festival, precisamente lo farà nella terza serata: Amadeus ha voluto tirare fuori dal mazzo una carta che spariglia. Ma senza esagerare per non urtare troppo le sensibilità dei tradizionalisti (anche se ieri sono rimbalzate già le prime polemiche partite da Mario Adinolfi): non è una drag queen, non è una trans, certamente ha a cuore i temi LGBT.
Sotto gli abiti femminili anni ’40 e la parrucca color platino c’è Gianluca «Ghigo» Gori, 54 anni, fotografo, trend setter e molto altro, che si è inventato il personaggio, il suo alter ego. Ma sono due mondi distinti: Drusilla, a domanda, risponde di non conoscere nessun «Gianluca». Insomma lei vive di vita propria.
Appena il suo nome è stato pronunciato da Amadeus in diretta al Tg1 l’altra sera, tra le cinque «presenze femminili» all’Ariston, è schizzato in testa ai trend di Twitter e i suoi fan si sono scatenati plaudendo alla scelta del direttore artistico. Al grande pubblico di Raiuno Drusilla è ancora poco nota, ma da tempo ha fatto centro nello showbiz italiano: rappresenta un mondo, soprattutto quello dei social che furbescamente Amadeus cerca di attirare. Un po’ di glorie nazionali (Ornella Muti e Sabrina Ferilli), un po’ di giovani attrici come Maria Chiara Giannetta e Lorena Cesarini che soddisfa anche il tema dell’inclusione (la mamma è senegalese) più il jolly inaspettato Drusilla Foer e il gioco è fatto: un mix di personalità, esperienze e stili per accontentare i diversi pubblici.
In ogni caso, con Drusilla a Sanremo sbarca la tradizione dell’en travesti che da secoli affonda le radici nel teatro e nell’opera lirica. Per fare nomi più vicini a noi, si può ricordare Paolo Poli e, con le dovute differenze, Platinette e la Signora Coriandoli (a proposito, ieri il vescovo di Sanremo, Antonio Suetta, l’ha benedetta proprio così: «penso che Drusilla sarà un po’ come il personaggio simpatico e da me più conosciuto di Maurizio Ferrini»), Drusilla è la versione moderna e social: di origini toscane, è un po’ vanesia, diva dello spettacolo, stella del web, icona fashion. È apparsa in molti show televisivi, primi fra tutti quelli di Chiambretti (Matrix Chiambretti e La repubblica delle donne), in Rai e in radio. Ha recitato nel film di Ferzan Ozpetek Magnifica presenza e in Sempre più bello di Claudio Norza, è stata giudice di Strafactor, lo speciale di X Factor. La sua notorietà è aumentata durante il lockdown quando intratteneva i suoi fan con video leggeri e divertenti.
Lei si racconta così: «Non sono un personaggio aggressivo e, fra il serio e il faceto, cerco di essere leale e dire quello che penso senza nessun tentativo di persuasione rispetto alle scelte altrui. Croccante ma diretta. E da toscana, forse bonariamente cattivella». Il suo spettacolo Eleganzissima, dove canta (bene), recita e dispensa i suoi pensieri sta facendo il pienone in tutta Italia. Il titolo lo deve a una giovane fan che un giorno incontrandola le disse: «Da grande vorrei essere eleganzissima proprio come te». «Spesso l’eleganza può essere noiosa – spiega – ma essere ganzi è divertente e salvifico». Uno show in cui non si risparmia: «Racconto di me e canto canzoni che mi ricordano avvenimenti e incontri importanti della mia vita. E mi tolgo qualche sassolino dalla scarpa. Alla mia età si può e si deve dire tutto».
A settembre, per citare uno dei suoi lavori, era al Teatro Olimpico di Vicenza come voce narrante dell’Histoire du Soldat – musica di Stravinskij, libretto di Charles Ferdinand Ramuz – nella versione di Giancarlo Marinelli. Ha scritto anche un libro semi-autobiografico, uscito in ottobre per Mondadori, Tu non conosci la vergogna, che è stato già ristampato più volte. Il suo segreto lo racconta così: «Un incastro di elementi in armonia fra loro, incalcolabili, a volte indecifrabili che hanno la stessa madre: la consapevolezza di sé». Di cosa è fatta la femminilità? «D’accettazione e di rispetto della propria parte femminea. Non necessariamente affaticata dal perenne tentativo di sedurre».
Ma lei si sente una donnaccia: «Le donnacce sono le donne libere, emancipate, spregiudicate, che gli altri pensano siano donnacce, ma per me sono donne di temperamento». Donnaccia sì, ma elegante: «L’eleganza è naturalezza, essere a proprio agio con quello che si indossa, quello che si pensa, che si dice, non c’è nessun abito che possa rendere una donna elegante, semmai ben vestita». Sulla sua tomba vorrebbe che si scrivesse «Non era buona, ma era una figa». Insomma, c’è da giurarci, a Sanremo farà clamore e, magari, la copriranno anche di fiori.
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Simonetta Sciandivasci, La Stampa
Siamo un paese che presta attenzione al chi e non al cosa. Ascoltiamo le cariche, le figure, i titoli e naturalmente i generi. Le persone sempre dopo, il più delle volte in ritardo, oppure mai. Ed è per questo che Drusilla Foer a Sanremo è una notizia che fa scrivere a qualche giornale «c’è un travestito tra le vallette di Amadeus» e dire a Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia, che «al festival si collezionano figurine per inculcare la teoria gender». E così si scaldano i progressisti, che nella sua scelta vedono la rottura di un tabù - Luxuria ha detto: «arriverà una bel messaggio di inclusività» - oppure un tentativo di prevenire le accuse di rappresentazione stereotipata della femminilità.
Nella sua appassionante inconcludenza, quest’attorcigliata polemica trascura il dettaglio che la smonta e declassa: Drusilla Foer non esiste. È un personaggio di fantasia come Rossella O’ Hara, una maschera come Pierrot: non c’è niente di vero, in lei, se non l’attore che se l’è inventata e la interpreta, Gianluca Gori. E quindi stiamo facendo il processo alle intenzioni di un fatto artistico, proprio noi che vogliamo l’arte libera. E quindi, soprattutto, stiamo non vedendo che la presenza di Drusilla Foer sul palco di un festival di canzoni non fa alcuna rivoluzione: se mai, del festival garantisce la vocazione principale. L’intrattenimento. Dopotutto, di sè dice: «Tendo a qualificarmi come un’anziana soubrette».
«L’artista vince quando ha il coraggio di provocare e spaccare il pubblico», dice alla Stampa Piero Chiambretti, che Drusilla è stato il primo a portarla in tv, nella prima edizione della Repubblica delle donne, il programma che Rete4 gli affidò nel 2018, quando tentò di diventare una Rai3 con il senso del frisson. La vedemmo in quel programma ed era chi sarà anche all’Ariston: un’aristocratica che vorrebbe essere altezzosa ma non ci riesce, una snob mancata, una mitomane che si disinnesca da sé - ieri al TG1, ripresa come sempre al telefono, diceva che cadrà di certo dalle scale, e lo diceva muovendosi con la flessuosità da Totò e la timidezza maliziosa da Charlot che l’hanno resa virale su YouTube.
La provocazione alla quale pensa Chiambretti non è il travestitismo, ma il doppio: il fatto appunto che Drusilla Foer non esiste ma c’è, balla, canta, guadagna, ha scritto anche un libro sulla sua vita, spassoso e arguto, Tu non conosci la vergogna (Mondadori), dove racconta la sua vita tra Cuba, New York, Siena, le navi, e altre vite inventate oltre la sua, quella dei genitori, dei nonni, della tata e scrive che è importante fare molto sesso, incluso quello occasionale, perché «è sempre un’occasione». A Sanremo con lei arriva il doppio, una figura che divide perché non si sa dove inizia e dove finisce, quando recita e quando no, quali parti siano in debito e quali in credito: non si capisce se Drusilla inizia dove finisce Gianluca, o viceversa. E non si sa se riferirsi a lei al maschile o al femminile non perché sia transessuale o perché sia doppia: è un doppio. Questo è teatro, non c’entra con il travestitismo.
«Spesso gli chiedo, ridendo, se non soffre di uno sdoppiamento della personalità», dice alla Stampa Nunzia De Girolamo, che Foer l’ha voluta nel suo Ciao, maschio!, su Raiuno, dopo essersene innamorata subito, a cena con anche l’autrice del programma, Annalisa Montaldo. A quella cena, Drusilla era Gianluca, vestito come sempre con un lupetto a mezzo collo, come uno chansonnier, e disse a De Girolamo: «Lei piace tanto alla mia mamma». E così chiusero gli affari e principiarono l’amicizia.
La scissione tra Gori e Foer l’ha sempre notata anche Chiambretti: «La prima volta che entrai nel suo camerino, pensai di aver sbagliato stanza. Mi ritrovai davanti a un bellissimo, elegantissimo ragazzo di campagna toscano, interessante e colto. La seconda volta che lo vidi era Drusilla e sembrava Wanda Osiris, con valigette, guanti e piedi da alpino dentro scarpe lustratissime. Sono felice di aver scommesso su di lei dopo averla vista al teatro Colosseo, a Torino, e aver vinto i dubbi degli addetti ai lavori, terrorizzati che il pubblico non capisse chi fosse: cosa fosse».
E allora è a questo che gli italiani si spera siano pronti: a godersi uno spettacolo che non c’entra con l’anagrafe di chi lo fa, ma con la sua vita, che nel caso di un artista è la sua arte, quella cosa che fa mangiare patatine e gin tonic, il menù preferito di Gianluca e pure di Drusilla: su questo concordano, l’ha detto lui a un party dell’ultimo Salone del Libro, fumando una sigaretta in un cortile dove non si poteva, ammaliando il portiere con un siparietto delizioso per non farsi cacciare via.