la Repubblica, 12 gennaio 2022
La violenza del branco ha radici maschili
I bambini staccano la coda alle lucertole perché non possono staccarsi le dita tra loro. E uccidono gli insetti perché non possono farlo tra loro. Non con altrettanta facilità quantomeno. Non sono cose che fanno tutti i bambini maschi e solo loro. Anche io, per esempio, staccavo la coda alle lucertole e chiudevo le api tra il marmo del davanzale e il vetro di un bicchiere. L’infanzia, come la mitologia, non prevede tenerezza, d’altronde i sentimenti e le azioni di quando si ha l’impressione di avere tutto il tempo e tutto il mondo a propria disposizione e portata sono altre. Così almeno ricordo la mia infanzia. La tenerezza arriva probabilmente con la conoscenza, la confidenza e l’idea della comunità, se arriva. Così ho capito dai libri, dai romanzi soprattutto, non avendo io studiato né psicanalisi né antropologia.
Tenerezza, comunità e rinuncia alla predazione sono una scelta e un esercizio, un processo. Dico sempre che le cose sono un processo perché voglio ricordarmelo.
Così quando ho letto delle aggressioni – finalizzate a stupro e rapina – in piazza Duomo a Milano, e della rissa – forse per un Green Pass falso, forse per una parola detta male o taciuta – intorno al bancone del Janbo a Cortina ho subito pensato, come sempre mi capita in questi casi, a Centauri di Luigi Zoja, un breve saggio pubblicato nel 2016 da Bollati Boringhieri.
In questo saggio, inizialmente una conferenza, Zoja, come recita pure il sottotitolo, analizza le radici della violenza maschile: “(...) dal tramonto del patriarcato non emerge una società con maggiori caratteristiche femminili, che si suppongono più attente alla relazione e al sentimento. Il mondo post-moderno e post-patriarcale non è affatto post-maschile. Casomai, valorizza qualità pre-paterne del maschio: quelle di lottatore (contro i concorrenti), di cacciatore (di femmine, ma anche di successo e di reddito, richieste da una vita economica sempre più competitiva)”.
Le condizioni per cui si aggruma e agisce il branco sono semplici – scrive Zoja – e hanno a che fare col corpo maschile e i suoi istinti limitabili ma non modificabili e col maschilismo implicito nella cultura che – continua Zoja – è una presenza quasi universale. Gli abusi sessuali sono capillari e quotidiani, sono consapevoli e inconsci e ciò li rende difficili da delimitare e quando sono collettivi – tema del saggio di Zoja – rappresentano un aspetto spaventoso della psicologia maschile.
Tutto questo per dire che ciò che riguarda le caratteristiche economiche, di censo, provenienza sociale o geografia, alterazione chimica abituale o episodica, dell’ansia delle feste che prende tutti e tutte o della vendetta per una necessità o una invidia sociale in ciascuno dei due branchi, quello di Cortina, altoborghese e bianco, e quello di Milano, piccolo o medio borghese e non solo bianco, sono secondarie riguardo l’aspetto culturale del fenomeno, quella specie di essere nella vita adulta che ripete un gioco violento e talvolta sanguinario. I bambini staccano la coda alle lucertole perché non possono staccarsi le dita tra loro. E uccidono gli insetti perché non possono farlo tra loro. Non con altrettanta facilità quantomeno. C’è sempre qualcuno più debole di qualcun altro.
Picchiare, sopraffare, abusare di qualcuno più debole è un principio di minima energia, accade perché è facile che accada. Ma abbiamo costruito motori che deviano le correnti, ascensori che sfidano la gravità, macchine che resistono a pressioni inimmaginabili, e non riusciamo culturalmente a costruire noi stessi?
Poiché l’aspetto è culturale andrebbe combattuto con gli strumenti che la Costituzione mette a disposizione (l’istruzione pubblica) e con quelli possibili nell’industria culturale. Nel 2019, grazie al documentario Normal di Adele Tulli, ho capito una cosa alla quale non avevo mai pensato: nei numeri di magia, il prestigiatore taglia a fette la sua assistente e poi la ricompone, e tutti applaudiamo.
Perché la cultura della sopraffazione e dello stupro non coinvolge solo gli uomini, per quanto essi la agiscano assai più delle donne, ma pure le donne. Io ho riso e ho applaudito. Ma è un’illusione, nella realtà la violenza compiuta rimane violenza, e le donne tagliate rimangono tagliate.