la Repubblica, 12 gennaio 2022
Il ritorno del Caimano
Ci vorrebbe un altro Manzoni, per raccontare le ascese, le cadute e le resurrezioni di Silvio Berlusconi, che in pochi mesi è miracolosamente passato dal letto del San Raffaele (e dalla sbarra del processo Ruby Ter) alla rampa di lancio che si è costruito con le sue mani per puntare a 85 anni verso l’infinito e oltre: un settennato al Quirinale.
Proprio quando tutti credevano che ormai si fosse rassegnato a fare il «padre nobile» del centrodestra (come annunciò lui stesso sette anni fa), l’ex Cavaliere è di nuovo in prima linea, col pugnale tra i denti e una generosa borsa nella mano sinistra. Vuole conquistare la prima carica della Repubblica, che in politica vale molto di più di otto scudetti e di cinque supercoppe, perché quella è una poltrona catartica, l’unica che sui libri di storia potrà cancellare la vergogna della condanna per frode fiscale.
E così oggi molti si accorgono di aver fatto i conti senza di lui. Pensavano che la sua idea di farsi votare dai grandi elettori fosse l’ultimo desiderio politico di un anziano mattatore prima dell’uscita di scena, una candidatura di bandiera e nient’altro. Si sbagliavano di grosso. Il leader in crisi che all’arrivo del Covid si rifugiò per mesi e mesi con l’ultima, giovanissima fidanzata nella villa della figlia Marina in Costa Azzurra, lasciando credere che quell’allontanamento fisico dall’Italia, «il Paese che amo», fosse anche l’inizio del suo definitivo distacco dalla politica, aveva ancora in mente un’altra missione impossibile.
Certo, la trasformazione è impressionante. L’uomo che esattamente un anno fa veniva ricoverato d’urgenza al Centro cardiotoracico del Principato di Monaco, e che nel 2021 è entrato per cinque volte (ad aprile, maggio, giugno, agosto e dicembre) nella stanza-suite al sesto piano del San Raffaele per farsi curare i postumi del Covid, misteriosi dolori addominali e una polmonite bilaterale, il condottiero ridotto al rango di imputato che si lamentava di aver subito 90 processi e di aver dovuto pagare 130 avvocati, quello stesso uomo oggi si è messo al comando dell’Operazione Scoiattolo, nome in codice per la cattura, uno per uno, dei grandi elettori che gli mancano per il grande salto verso il Colle.
E così convoca Salvini e Meloni nella nuova villa sull’Appia Antica, dove tra un risino di Konjac e le pere cotte nel vin brulé li bacchetta dolcemente per il loro scetticismo sul suo piano d’azione, manda in regalo a questo e a quello le tele della “Quadreria di Arcore”, promette premi misteriosi agli avversari che gli garantiranno il voto – magari mandandogli dai catafalchi di Montecitorio la prova fotografica dell’impegno mantenuto – e avverte chi gli preferirebbe Mario Draghi: se eleggete lui, io renderò impossibile ogni altro governo e voi ve ne tornerete tutti a casa.
Dunque prepariamoci, e non facciamoci ingannare dai nomi: dietro l’Operazione Scoiattolo c’è di nuovo lui, il vecchio Caimano.