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 2022  gennaio 11 Martedì calendario

Le Olimpiadi di Monaco, 50 anni fa

Dai bassotti all’attacco dei palestinesi di Settembre nero al villaggio olimpico nel 1972, Monaco si prepara a celebrare il giubileo. Ma si preferisce dimenticare gli atleti israeliani vittime dei terroristi. Perché rovinare la festa? A parte i bavaresi, mentre non si riesce a vincere la lotta contro il Covid, i tedeschi hanno altro a cui pensare.
Ieri la Süddeutsche Zeitung ha ricordato la sfilata di bassotti per il centro di Monaco, avvenuta il 10 gennaio di cinquant’anni fa, il primo evento dell’anno olimpico. Ottocento Dackel, i cani bassotto, sfilarono per la zona pedonale al guinzaglio di belle signore in pelliccia. Dopo, gli spazzini furono costretti a straordinari per ripulire le strade dai ricordini lasciati dai cani. Il bassotto Waldi fu scelto come mascotte dei giochi, ne furono venduti a migliaia in pelouche, o come soprammobili in legno o ceramica. Allora si discusse a lungo sul simbolo da scegliere. Un bambino in lederhosen, i tipici calzoncini di cuoio? Troppo provinciale. Un cane lupo? Avrebbe evocato ricordi sgradevoli. Blondie, una lupa, era il cane preferito da Adolf Hitler. Vinse Waldi, che apparve sui manifesti dipinto con i colori dell’arcobaleno, un simbolo pacifico e divertente. I bassotti diventarono di moda e lo restarono per anni, il cane preferito dalle famiglie, poi furono dimenticati, in dicembre a Monaco ne erano registrati appena 1.962.
Andai a Monaco per un reportage sui lavori in corso, che furono completati con puntualità. Lo stadio olimpico era un capolavoro architettonico, oggi è superato e dimenticato. Incontrai anche un gruppo di contestatori che protestavano contro l’Olimpiade, uno spreco capitalistico. Mi regalarono un loro manifesto, con un Waldi anarchico che alzava la corta gambetta sullo stadio. L’ho perduto durante qualche trasloco. Penso che oggi avrebbe un certo valore di antiquariato.
Alla vigilia avvertii il mio giornale, Il Giorno, che era possibile un attentato durante l’Olimpiade. Pensavo ai superstiti terroristi della banda Baader-Meinhof, i capi erano stati catturati, non ai palestinesi. Mi risposero che i giochi erano una festa dello sport. Forse sospettavano che volessi seguirli, due settimane di quasi vacanza, ma i giochi non li amo. E durante le Olimpiadi di Roma, le ultime a dimensioni umane, me ne andai in vacanza a Londra.
Quando, all’alba del 5 settembre, otto palestinesi presero in ostaggio gli atleti di Israele, io mi trovavo ad Amburgo, e i miei colleghi inviati erano bravissimi, ma non sapevano il tedesco, e allora non esisteva internet. Gli ostaggi vennero barbaramente torturati, si seppe dopo, e due di loro furono uccisi al villaggio. Le autorità finsero di cedere alle richieste, ma reagirono poco dopo mezzanotte all’aeroporto di Fürstenfeldbruck, quando i palestinesi stavano per imbarcarsi su un aereo insieme con nove israeliani. Un arabo fece fuoco sugli ostaggi, ma alcuni sarebbero stati colpiti dal fuoco amico, insieme con un poliziotto e cinque terroristi. Tre palestinesi furono catturati. Si scrisse che i tedeschi erano sempre nazisti. Ma erano in preda al panico, proprio nel timore di venire accusati di non aver saputo difendere gli atleti ebrei.
Un ricordo che pesa ancor oggi. E i parenti delle vittime, organizzati in un comitato, protestano perché dopo mezzo secolo non hanno ottenuto un risarcimento, sia pure simbolico. La Germania perde tempo con complicazioni legali, chi è responsabile, il Bund, la federazione, la Baviera, o Monaco? I giochi sono assegnati a una città, non a una nazione. Meglio parlare di bassotti. La Süddeutsche Zeitung, per la verità, ha riportato le proteste dei parenti, sabato scorso, ma non basta.