ItaliaOggi, 11 gennaio 2022
Il Giappone spegne le sigarette
Vietato fumare. Un’imposizione che i giapponesi conoscono da poco. Sino al maggio del 2020, a differenza dei paesi europei e nordamericani, dalle parti di Tokyo il fumo non era proibito in bar e ristoranti. Non perché lo Stato non salvaguardasse la salute dei cittadini, ma per una sorta di presa di coscienza della popolazione, che da tempo ha chiuso con le sigarette tradizionali per passare al tabacco riscaldato. E i colossi del settore, a cominciare da Philip Morris, sono entrati prepotentemente nel mercato dei prodotti heat not burn, scaldati ma non bruciati.
Con circa 8 milioni di decessi attribuiti ogni anno, il fumo di sigaretta rappresenta una sfida per la salute pubblica per i governi e le autorità sanitarie di tutto il mondo. Il Giappone ha imposto il divieto di fumare nei locali solo un anno e mezzo fa, quando il ministero della salute ha introdotto una nuova normativa per proteggere chi vuole evitare di essere esposto al fumo passivo. Nell’Arcipelago un gran numero di fumatori è passato ai nuovi prodotti a base di nicotina e tabacco nonostante le istituzioni non abbiano mai adottato alcuna politica formale di riduzione delle sigarette tradizionali. Dal 2014, anno dell’introduzione di Philip Morris dei prodotti a base di tabacco riscaldato, il paese asiatico è diventato il più grande mercato del comparto. E rappresenta una quota stimata dell’85% a livello globale. I giapponesi stringono tra le dita le sigarette Iqos, un sistema rivoluzionario sviluppato negli Usa da Philip Morris per scaldare il tabacco senza bruciarlo. Per i fumatori del Giappone i prodotti Iqos rappresentano una valida alternativa alle sigarette tradizionali e a quelle elettroniche.
Uno studio condotto dall’American Cancer Society e pubblicato dalla Saudi Gazette ha mappato la crescita dei prodotti a base di tabacco riscaldato rispetto al calo delle vendite di sigarette nel mercato giapponese. La ricerca ha rivelato che le vendite di sigarette hanno iniziato a diminuire in seguito al lancio di prodotti a base di tabacco riscaldato nel paese.
Secondo i dati, in Giappone, tra il 2015 e il 2019, le vendite totali di sigarette sono diminuite del 34%, mentre le vendite di prodotti a base di tabacco riscaldato sono aumentate da 5 a 37 miliardi. Il Giappone non ha smesso di fumare. Semplicemente lo fa in modo diverso. I ricercatori hanno applicato vari modelli di causalità alternativi ai dati di vendita, inclusi prezzi e legislazione, ma non sono riusciti a spiegare il calo delle vendite di sigarette senza tener conto dell’introduzione di prodotti del tabacco riscaldati. Conclusione: le soluzioni heat not burn «hanno ridotto le vendite di sigarette in Giappone».
In diversi paesi l’uso di nuovi prodotti a base di nicotina e tabacco è visto come una valida alternativa per i fumatori che non riescono a smettere. E il loro uso è incoraggiato dagli organi di sanità pubblica. La campagna Stoptober di Public health England, nel Regno Unito, raccomanda prodotti a base di tabacco riscaldato per aiutare i fumatori a chiudere con le sigarette. Un simile approccio è stato adottato dall’Agenzia per la promozione della salute della Nuova Zelanda. Ma il Giappone, che sul divieto di fumare in bar e ristoranti è arrivato in ritardo, nel consumo dei prodotti heat not burn ha battuto tutti sul tempo.