ItaliaOggi, 11 gennaio 2022
Il grattacielo più alto sarà afro
Sarà alto 1.663 piedi (506 metri), si chiamerà «Affirmation tower» e sarà il grattacielo più alto di New York City e dell’emisfero occidentale. «Un edificio che farà storia», commenta il sito Zero Hedge nel darne l’annuncio, poiché è il progetto più impegnativo e clamoroso della Woke culture, il cui dogma è la «vigile allerta» (woke) contro le «ingiustizie della cultura dei bianchi». Da qui, ecco la prima regola del nuovo grattacielo: «È specificamente previsto che sarà costruito rigorosamente soltanto da uomini e donne di colore, i cui inquilini saranno solo imprenditori di minoranza». Il progetto dell’edificio «è dannatamente bello e il suo design è capovolto», commenta Zero Hedge. Il grattacielo sarà composto, infatti, da sei enormi parallelepipedi sovrapposti, il più piccolo in basso, il più grande in cima. Ogni parallelepipedo sarà come un’enorme scatola di vetro, ornata da plettri verticali di colore bianco, «un sottile tributo alla cultura nera».
«Scelte afro», commenta l’autore del post, che non esita a prendere le distanze: «Tutta questa faccenda della divisione razziale mi infastidisce abbastanza. Sarebbe egualmente offensivo se un’organizzazione propagandasse con orgoglio che un tale progetto di ingegneria verrebbe costruito solo da operai bianchi e che i suoi inquilini potranno essere soltanto bianchi, cosa impensabile, nemmeno se fossimo nel 1952». Ovvero quando il razzismo imperante negli Stati del Sud vietava ai neri di salire sugli autobus, divieto violato per la prima volta da Rosa Parks nel 1955 in Alabama, un caso che nel 1956 portò la Corte suprema a dichiarare incostituzionale la segregazione sui mezzi pubblici.
A differenza dei media Woke e della Cancel culture influenzano sempre più la linea editoriale delle maggiori testate, dei network tv e del cinema, imponendo la cacciata di chi non si inginocchia al nuovo catechismo del Black Lives Matter, questo sito è rimasto fedele al proprio nome (Zero Hedge significa nessun ostacolo), una rara isola di informazione libera, che spazia sui temi più caldi dell’attualità politica, economica e culturale, riportando in modo puntuale il punto di vista delle controparti su ogni questione. Un modello da tenere a mente, visto che la Woke e la Cancel culture si sono diffuse anche in Europa negli ultimi due anni, diventando beniamine della sinistra ideologica in cerca di nuovi dogmi, e solo adesso cominciano a incontrare le prime critiche.
L’epicentro di queste critiche, è bene dirlo subito, non è a Bruxelles. Anzi, qui la Commissione Ue si è distinta per avere diramato, e poi ritirato per le proteste, una sorta di regolamento demenziale che, imitando la Woke culture, vietava di augurare «Buon Natale» e suggeriva di non dare più nomi cristiani ai figli, il tutto nel nome di una presunta inclusività religiosa.
Di ben altro tenore è il dibattito che si è aperto in Francia subito dopo questa maldestra iniziativa Ue: una vera e propria offensiva contro la Cancel culture, che vede in prima linea studenti universitari, docenti, politici di destra e di centro, nonchè uomini di governo, tutti schierati contro la «caccia alle streghe» che ha investito, soprattutto nelle università, chi non si è ancora piegato alla dittatura culturale del catechismo Woke in salsa europea.
Esemplare, in proposito, la lettera aperta che gli studenti di Sciences Po (dove insegnava anche Enrico Letta) hanno inviato pochi giorni fa a Le Figaro per denunciare la deriva della Cancel culture che «osserviamo attualmente all’interno di Sciences Po e si sta diffondendo dappertutto». Una sorta di caccia alle streghe che «colpisce chiunque si rifiuti di sottomettersi ai dogmi decolonialisti, pro-Lgbt e anti sessisti.
Complice l’estrema sinistra, il wokeism e la Cancel culture stanno penetrando in qualsiasi settore della vita pubblica francese». A farne le spese, tra i tanti, è stato anche un professore di Science Po Grenoble, Klaus Kinzler, che si era azzardato a ricordare che la Francia ha «origini cristiane» ed ha messo in dubbio il concetto di islamofobia, bavaglio usato abitualmente dalle associazioni musulmane vicine alla sinistra. Risultato: quel prof è stato licenziato.
Alla Sorbone, tuttavia, un gruppo di 76 accademici non si sono arresi e hanno costituito L’Observatoire du décolonialisme et des idéoligies identitataires «per difendere la scuola superiore e l’università, il pluralismo e il gusto della discussione su basi razionali dalle intimidazioni ideologiche che alimentano l’oscurantismo».
Non solo. Schierarsi contro «l’islamogoscismo» è diventato un tema fisso nella campagna elettorale in corso per l’Eliseo. Ovviamente, lo è da sempre per i candidati dell’estrema destra, come Marine Le Pen ed Eric Zemmour. Ma di recente anche il ministro dell’Istruzione, Jean-Michel Blanquer, vicino a Emmanuel Macron, ha lanciato un think-tank, Le laboratoire de la République, dedicato alla «lotta contro l’importazione anglosassone del Woke», chiamando le nuove generazioni a difendere la Repubblica francese dalle «nuove ideologie identitarie ed estremiste».
Una battaglia culturale che è condivisa dall’intero governo francese, unico per ora in Europa su questa linea.
Lo stesso Macron ha chiesto che i programmi scolastici valorizzino la cultura classica. E il suo ministro dell’Istruzione, Blanquer, si è schierato in difesa del greco e del latino, iniziativa in cui intende coinvolgere i colleghi di Italia, Grecia e Cipro: «C’è chi considera Omero un’apologia della schiavitù. Ma attaccare una visione del mondo di oggi basandosi su scritti di duemila anni fa è un’assurdità abissale». Si ignora, al momento, la risposta del suo collega italiano, Patrizio Bianchi.