Corriere della Sera, 11 gennaio 2022
Il bravo critico
Un indiscutibile merito del critico sarebbe quello di segnalare, in anticipo sui tempi, tendenze culturali, nomi di scrittori e artisti. Segnalarli per farli conoscere. Osannare Elena Ferrante oggi, come fanno (quasi) tutti, è un esercizio banale, scriverne trent’anni fa, appena uscito quello che resta il suo (o il loro) libro migliore, L’amore molesto, era una scommessa. Pochi segnalarono Andrea Camilleri esordiente nel 1978, prima che diventasse bestseller e tutti avessero gioco facile a cantarne l’immensità non discutibile (pena essere tacciati di snobismo). Si potrebbe continuare con la lista del visibilio a scoppio ritardato: Emmanuel Carrère uscì in Italia per la prima volta nel 1987 con Baffi per l’editore romano Theoria. Passò per diversi editori senza essere notato, ma allorché Adelphi ne sancì il trionfo con Limonov, tutti a esaltare il capolavoro (che forse non era il suo libro migliore). Ovvio che adesso non c’è libro di Carrère che non raccolga consensi a reti unificate. Lo spettacolo di questi giorni con l’altro francese, Michel Houellebecq, è molto simile. Già nel 1999 Giovanni Mariotti definì l’autore de Le particelle elementari, appena tradotto da Bompiani, il più interessante giovane scrittore europeo di quegli anni: fu preso per uno spirito bizzarro. Ci sono poi, viceversa, grandi scrittori che sono rimasti autori cosiddetti di nicchia malgrado il sostegno di critici acuti quanto ostinati: i nomi di Daniele Del Giudice, Gianni Celati, Vitaliano Trevisan, morti di recente, non hanno mai commosso le classifiche di vendita. Uno dei massimi critici del secolo scorso, Giuliano Gramigna, fu il primo (con Walter Pedullà), nel 1971, a recensire con entusiasmo il giovane Celati, dopo essere stato il primo a segnalare la novità di Arbasino nel 1957 e dopo essere stato tra i primi, nel 1964, a consigliare di leggere Manganelli. È giusto tessere le lodi post mortem a futura memoria del defunto che la merita, ma vedere prima degli altri è il pregio (e il coraggio) dei veri critici. Che sono pochi, a differenza dei campioni del senno di poi. Il carro dei vincitori, insomma, passa anche per la letteratura: e quelli che attendono il suo transito per saltarci sopra non si contano. Fatto sta che la critica che non anticipa ma posticipa, rincorrendo acriticamente ogni successo ormai acclarato, non è critica ma promozione e soprattutto autopromozione, uno degli esercizi più in voga del momento.