Corriere della Sera, 11 gennaio 2022
Intervista a suor Jeanine
«Mentre conseguivo il dottorato in matematica all’Università della Pennsylvania, ho incontrato un omosessuale, Dominic Bash, durante una Messa in casa. Mi disse che aveva molti amici gay che avrebbero voluto partecipare, così abbiamo iniziato a tenere liturgie settimanali nel suo appartamento. Era il 1971. Quella prima Messa mi sarà per sempre impressa nell’anima. Era la chiamata di Dio nella mia vita». Suor Jeannine Gramick, 79 anni, da cinquant’anni si occupa negli Stati Uniti delle persone Lgbt. «Quando gli amici di Dominic arrivarono, sentii la loro apprensione. Ma durante la Messa ho percepito che si sentivano ricongiunti alla Chiesa che amavano. Ho visto la luce nei loro occhi, la felicità sui volti. Le lacrime di gioia di un uomo che teneva stretto il suo rosario. Mi disse che anni prima era stato cacciato dal confessionale, il prete gli aveva detto che sarebbe andato all’inferno». Nel 1999 l’ex Sant’Uffizio le vietò di proseguire la sua missione. Il mese scorso Papa Francesco le ha scritto per ringraziarla di tutto ciò che ha fatto e continua a fare.
Suor Jeannine, cosa ha significato questa lettera?
«Mi sono sentita felicissima di ricevere la lettera di Francesco sui miei 50 anni di ministero Lgbt e onorata perché ha paragonato il mio modo di fare allo “stile di Dio” di “vicinanza, compassione e tenerezza”. Era scritta a mano, come la lettera di un amico. Ho pensato al Vangelo di Giovanni: “Non vi chiamo più servi, ma vi ho chiamato amici”. I cattolici non sono d’accordo su molte questioni, ma Gesù e il Papa ci chiamano a condividere le opinioni e a vivere come una comunità di amici».
Qual era la situazione quando ha cominciato?
«Per i cattolici Lgbt, negli anni 70 e 80, era di paura e rifiuto. La maggior parte era nascosta e molti, se uscivano allo scoperto, erano respinti dalla famiglia e dalla società. Si sentivano estranei alla Chiesa perché la Chiesa non li voleva. Oggi è molto diverso, centinaia di parrocchie accolgono cattolici lesbiche e gay, ma abbiamo bisogno di molte più parrocchie per essere una Chiesa dove tutti i cattolici emarginati possano sentirsi a proprio agio. Le persone transgender sono ancora trattate con paura e rifiuto».
Cosa facevate, lei e padre Robert Nugent, quando fondaste «New Ways Ministry»?
«Credevamo che la paura, dovuta alla mancanza di conoscenza della sessualità, fosse la causa del rifiuto delle persone. Così abbiamo condotto workshop educativi in circa tre quarti delle diocesi Usa».
Nel 1999, la Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger, vi vietò di continuare, parlando di «ambiguità» ed «errori». Ad «America Magazine», lei ha detto di essersi sentita «scomunicata». Tuttavia, ha aggiunto di Ratzinger: «Penso sia un uomo santo». E allora cosa non fu compreso?
«Non si capì che ci saranno inevitabilmente ambiguità e confusione su questioni complicate. La confusione e persino gli errori sono inevitabili. Ma questo diventa un momento di discussione, non di silenzio. Le nuove idee spesso confondono e causano ansia o paura. Queste reazioni dovrebbero essere discusse in modo che la comunità della Chiesa possa arrivare a una certa comprensione. Se crediamo nella presenza dello Spirito Santo, che condurrà la Chiesa alla pienezza della verità, allora dobbiamo mettere da parte le nostre paure e rimanere nella nostra fede».
Cosa è cambiato?
«Dal 1999, il mondo e la Chiesa sono cambiati. Non abbiamo più un laicato che si limita a “pagare, pregare e obbedire”. Il Popolo di Dio non accetta senza riserve i pronunciamenti dei capi della Chiesa. Anche i vescovi non agiscono più secondo i piani articolati del Papa. Se questo cambiamento non è una vera e propria ribellione, allora è un segno di crescita, la gente comincia a pensare e agire secondo la propria coscienza. Il popolo di Dio sta iniziando a capire che il luogo dell’autorità non risiede nei vescovi e nemmeno nel nostro buon Papa Francesco. Il luogo dell’autorità risiede in tutta la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo. Francesco ce lo ha ricordato:”La Chiesa è il popolo di Dio in cammino nella storia... E l’insieme dei fedeli è infallibile in credendo...”. Ma bisogna cambiare di più. La responsabilità è di ogni singolo membro del Corpo di Cristo. La pienezza della Chiesa avverrà solo se non ci mettiamo a tacere. È qui che il Papa ci sta conducendo con dolcezza, convocando i sinodi mondiali. Dopo una discussione mondiale, lo Spirito Santo comincerà a chiarire il giudizio».
Cosa direbbe a coloro che nella Chiesa la contestano?
«Credo abbiano profonde preoccupazioni e ansie, radicate nella paura del cambiamento. Lo capisco, io stessa trovo difficili molti cambiamenti. Dico loro che siamo veramente uno in ciò che conta. Crediamo tutti nel Vangelo di Gesù che ci ha insegnato a seguire le Beatitudini dell’amore, della cura e della misericordia. Prego perché tutti noi possiamo vedere che queste differenze sono doni che possono arricchire la famiglia umana».