La Stampa, 10 gennaio 2022
Intervista ad Annalena Baerbock
«È fondamentale rafforzare l’indipendenza del nostro approvvigionamento energetico europeo», sostiene la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock parlando della questione energetica, in occasione della sua prima visita ufficiale oggi a Roma, dove incontrerà il ministro Luigi Di Maio. Sul tema immigrazione si dice soddisfatta che sulla ripartizione dei migranti «Germania e Italia si adoperino nello stesso senso» perchè non si può «nascondere la testa sotto la sabbia fino a che tutti i 27 Paesi non avranno raggiunto una posizione condivisa», ma bisogna andare avanti con coloro che «mettono in pratica l’idea di Europa come comunità di valori», ha detto nella sua prima intervista in esclusiva per La Stampa.
L’Europa è alle prese con l’aumento dei prezzi dell’energia e ha bisogno di gas. Ritiene possibile che l’Agenzia federale tedesca delle reti dia il via libera al gasdotto Nord Stream 2, che collega Russia e Germania bypassando l’Ucraina? Cosa farà per evitare che l’energia e il gas vengano usati dalla Russia come “armi”, come le ha definite Lei?
«Come nuovo governo federale abbiamo stabilito chiaramente nel nostro accordo di coalizione che i progetti di politica energetica in Germania devono rispettare i requisiti europei, ciò vale anche per Nord Stream 2. Al momento questo non avviene, perciò ora il processo di certificazione è sospeso. E naturalmente Nord Stream 2 ha anche implicazioni geopolitiche. Questo è il motivo per cui nella “dichiarazione congiunta” con il governo degli Stati Uniti abbiamo concordato che, qualora la Russia usasse l’energia come un’arma o commettesse altre azioni aggressive contro l’Ucraina, adotteremo misure efficaci insieme ai nostri partner europei. Sosteniamo questa dichiarazione. Al contempo è una nostra responsabilità politica assicurarci che chiunque in Europa, indipendentemente dal proprio reddito, possa permettersi l’elettricità e il riscaldamento e anche per questo è fondamentale rafforzare l’indipendenza del nostro approvvigionamento energetico europeo».
L’Europa dovrebbe sedersi subito al tavolo dei negoziati sull’Ucraina insieme a Mosca e Washington oppure in un secondo momento, dopo che sarà stato raggiunto un accordo tra Russia e Usa?
«È chiaro che non c’è decisione sulla sicurezza in Europa senza l’Europa. L’unica via d’uscita dalla crisi è il dialogo. Perciò il ministro degli Esteri francese ed io ci impegniamo a che riprendano i dialoghi nel formato Normandia. Proprio perché la situazione alla frontiera ucraina è preoccupante, non possiamo permettere un’ulteriore escalation militare».
Lei ha affermato: «Non siamo un Paese d’immigrazione, siamo una società d’immigrazione» e ha ricordato che la storia di successo dell’economia tedesca poggia anche sul contributo dei lavoratori stranieri. Il governo Merkel è stato criticato per aver accolto i migranti in Germania, ma aver tollerato violazioni del diritto internazionale alle frontiere esterne dell’Eu con respingimenti in Grecia e Bielorussia. Che farà di diverso il nuovo governo?
«Il successo economico della Germania e dell’Europa poggia sulle persone che sono venute da noi con le loro idee, biografie ed energie. Allo stesso tempo, in un mondo interconnesso, le economie dei Paesi possono prosperare solo se considerano la diversità come un punto di forza. In merito a chi fugge, non posso e non voglio rassegnarmi al fatto che la gente continui a morire alle frontiere esterne dell’Ue. Da Berlino è facile puntare il dito contro gli Stati che portano il peso della responsabilità alle frontiere esterne, che si tratti di quelle terrestri tra Polonia e Bielorussia o delle frontiere mediterranee di Italia e Grecia. Se invece, come europei, vogliamo affermare le nostre regole e i nostri valori, dobbiamo essere tutti pronti a dare prova di solidarietà e responsabilità. Noi vogliamo fare la nostra parte e lavorare affinché ci sia in Europa un meccanismo equo di distribuzione e Paesi come l’Italia e la Grecia non siano lasciati soli. Al contempo intendiamo ampliare i canali legali per arrivare in Europa e in Germania, per esempio con i visti umanitari, ma anche con una legge moderna sull’immigrazione. Sosterremo i lavori per una politica comune di asilo europea nella quale ogni Paese si assume le proprie responsabilità. È chiaro che non sarà un percorso facile, ma come governo federale dobbiamo e vogliamo farlo».
Come può il nuovo governo convincere altri Paesi ad accettare di accogliere una quota di migranti?
«Se vogliamo garantire umanità e ordine alle frontiere esterne dell’UE, allora di riflesso devono vigere solidarietà ed equità anche all’interno dell’Ue. Non mi faccio illusioni: ogni Stato membro valuta la situazione ancora troppo dal proprio punto di vista nazionale. Tuttavia, la pandemia ha reso una cosa chiara: il nostro spazio comune europeo senza frontiere interne è una delle più grandi conquiste dell’unificazione europea, nessuno in Europa vuole rinunciarvi di nuovo. E la necessaria contropartita alla libera circolazione delle persone è una politica migratoria comune. Non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia fintanto che tutti i 27 Paesi non avranno raggiunto una posizione condivisa su un meccanismo di ripartizione. Dovremmo invece, come accade spesso per fortuna, procedere con coloro che, non solo sono disposti, ma che mettono in pratica l’idea di Europa come una comunità di valori. Sono lieta che su questo punto Germania e Italia si adoperino nello stesso senso».
Prima c’è stato il Trattato del Quirinale con Parigi, poi la visita a Roma del Cancelliere Olaf Scholz. C’è un nuovo equilibrio europeo che prevede un triangolo Berlino-Parigi-Roma?
«L’Europa è il perno della politica estera tedesca e l’Italia è uno dei pilastri fondanti dell’Unione. Per rendere la nostra Europa ancora più forte vogliamo dare forti impulsi per più politiche sociali, una miglior protezione del clima e un ruolo più forte dell’Ue nel mondo. Per me è importante che Germania, Italia e Francia collaborino molto strettamente. Alla fine, però, ciò che conta non sono solo le relazioni tra le capitali, bensì che la gente nei nostri Paesi possa sentire che l’Europa offre loro qualcosa: pace, opportunità economiche, libertà e sicurezza anche per le generazioni future».
Cosa prevede il piano d’azione Italia-Germania, che Lei e il ministro degli Esteri italiano Di Maio avete discusso a margine del vertice del G7 a Liverpool? In quali ambiti i due Paesi intendono approfondire la loro cooperazione?
«L’Italia è il Paese con la più alta presenza di istituzioni culturali tedesche, nessun’altra economia è così strettamente intrecciata con la nostra come quella italiana attraverso le filiere. Luigi Di Maio ed io apparteniamo a una generazione che ha sempre dato per scontata la pace in Europa e la possibilità di viaggiare e studiare all’estero. La pandemia ci ha mostrato chiaramente quali effetti può avere la chiusura delle frontiere: se un operaio dall’Alto Adige non riesce più a recarsi dal proprio cliente in Baviera o una studentessa di Amburgo deve interrompere il proprio soggiorno Erasmus a Firenze. Abbiamo però anche potuto toccare con mano cosa significa la solidarietà internazionale, quando i pazienti in terapia intensiva di Bergamo sono stati curati a Lipsia e quelli di Freising a Bolzano. Con il piano d’azione Italia-Germania vogliamo rendere più visibile il nostro potenziale comune, non solo a livello politico, ma ovunque le persone si impegnino: per esempio nell’ambito degli “young leader” o nei gemellaggi tra città». —