Avvenire, 9 gennaio 2022
Nibali non si ritira
Il regalo di Natale se l’è fatto e gliel’hanno fatto molto prima del 25 dicembre. Vincenzo Nibali non si è regalato una bicicletta nuova, ma un anno ancora da professionista, con la squadra nella quale ha vinto le corse più importanti della carriera: dal Giro al Tour de France. A 37 anni suonati (a novembre saranno 38), torna con la “compagnia dei celestini”, con quell’Astana nella quale, tra il 2013 e il 2016 ha vinto di tutto e di più. «Ma non è un ripiego, bensì l’esigenza di tornare in un ambiente nel quale mi sono trovato benissimo – dice il siciliano dalla triplice corona, capace di vincere almeno una volta in carriera tutti e tre i Grandi Giri –. Certo, non sono più un ragazzino, ma lo spirito è sempre quello lì. Non è nostalgia, ma la voglia di un nuovo viaggio».
Si riparte, ma con tante incognite dovute al Covid…
La gente è stanca e nervosa: è normale che sia così. Sportivamente parlando, invece, mi auguro di godermela. Essere sempre sul pezzo non è semplice. Negli ultimi due anni ho perso continuità nelle tre settimane di una corsa a tappe e questo mi ha destabilizzato, ma correndo senza stress penso di poter e potermi ancora divertire.
Gli anni passano ma Vincenzo sembra quel bambino che scoprì il ciclismo
guardando le videocassette di papà Salvatore.
La bicicletta mi ha tirato fuori dai guai, mi ha fatto diventare l’uomo e il campione che sono. Da 17 anni rappresenta il mio lavoro, che coincide da sempre con la mia passione più grande. Chi mi ha detto la cosa più bella in occasione del mio ritorno in maglia Astana? La squadra, che sul sito mi ha accolto con una frase dei Take That: «I just want you back for good». Ovvero: «Voglio soltanto che torni per sempre». Bella, no?.
Però ha firmato solo per anno…
Un passo per volta, vediamo come vado e come vanno questa nuova generazione di fenomeni. È chiaro che non sarò più in grado di fare quello che sono riuscito a fare con questa maglia tra il 2013 e il 2016: un Tour de France nel 2014, due Giri d’Italia (2013 e 2016) e 22 successi totali, tra cui corse di alto livello come il Giro di Lombardia, la Tirreno-Adriatico e il Campionato Italiano. Dopo cinque anni tra Bahrain Merida e Trek-Segafredo sono tornato a casa.
Sia sincero Nibali: scelta di cuore o di portafoglio?
Di cuore. Solo di cuore. Ho firmato appositamente per un anno per non avere lo stress di essere obbligato ad andare avanti per forza.
Si è fatto anche più “bello” per la nuova stagione: a novembre si è operato al naso.
Non è stata una scelta estetica. Soffrivo di allergia e i turbinati ne risentono, così ogni tanto serve un ritocco. Mi sono sottoposto a un
piccolo intervento a livello ambulatoriale che mi permette di respirare meglio e quindi di correre più veloce.
Sappiamo che farà anche da tutor a corridori di talento come Samuele Battistella, campione del mondo under 23 nel 2020.
Sì. Sono contento di avere a che fare con ragazzi che fino a qualche anno fa mi incitavano davanti alla tv e ora corrono con me con grandi aspirazioni.
Scusi la domanda: ma chi glielo fa fare alla sua età di competere ancora con ragazzi di 20 anni?
La passione. Sostanzialmente il divertimento che nutro ancora per questo sport. Arriverà anche per me il momento di fermarmi, ma finché posso svolgere questo lavoro al meglio delle mie possibilità e con piacere non vedo perché dovrei smettere?
Rachele, sua moglie, dice che come uomo è migliorato tantissimo.
Aggiungo: e per fortuna. Da bambino ero pestifero, da allora ho fatto sicuramente un salto di qualità non indifferente. Lanciavo i fichi d’India alle persone che passavano per strada, ero iperattivo, da collegio punitivo. La bici mi ha condizionato in senso buono, mi ha permesso di sfogare energia e nervosismo, in qualche modo mi ha tirato anche fuori dai guai. E a 16-17 anni prendere una via sbagliata era facilissimo.
Quando Gianni Bugno smise di correre, disse che era stanco di sentirsi un vecchio corridore e non vedeva l’ora di essere finalmente un giovane uomo.
Io non mi sento diviso tra l’atleta esperto e l’uomo che ha ancora una vita davanti perché mi ritaglio i miei spazi, resto un eterno Peter Pan. Crescere per certi aspetti è troppo brutto, quindi resto attaccato al mio lato giocherellone e un po’ matto di quando ero bambino.