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 2021  dicembre 10 Venerdì calendario

Biografia di Andrea De Carlo

Andrea De Carlo, nato a Milano l’11 dicembre 1952 (69 anni). Scrittore. Più di venti romanzi, tradotti in 26 lingue. Scoperto nel 1981 da Italo Calvino, che scrisse la prefazione a Treno di panna (Einaudi), un romanzo autobiografico ispirato a un suo viaggio giovanile negli Stati Uniti. Altri libri: Uccelli da gabbia e da voliera (Einaudi 1982), Macno (Bompiani, 1984), Yucatan (Bompiani, 1986), Due di due (Mondadori, 1989), Tecniche di seduzione (Mondadori, 1991), Arcodamore (Bompiani, 1993), Uto (Bompiani, 1995), Di noi tre (Mondadori, 1997), Nel momento (Mondadori, 1999), Pura vita (Mondadori, 2001), I veri nomi (Mondadori, 2002), Giro di vento (Bompiani, 2004), Mare della verità (Bompiani, 2006), Durante (Bompiani, 2008), Leielui (Bompiani, 2010), Villa Metaphora (Bompiani, 2012), Cuore primitivo (2014), L’imperfetta meraviglia (2016), Una di luna (2018) e Il teatro dei sogni (2020) • «Al suo successo ha contribuito il ricorso a un linguaggio semplificatissimo, idealmente modellato su quello cinematografico» (Treccani) • «Un uomo maturo che invecchia bene. Disciplina con attenzione le sue uscite pubbliche» (Antonio Gnoli, Robinson, 11/1/2020) • «Questo bastardo passa per giovane e invece ha un anno più di me. Io lo chiamo Dorian» (l’attrice Eleonora Giorgi, all’epoca sua compagna, nel 2004) • È stato assistente di Oliviero Toscani, di Federico Fellini e Michelangelo Antonioni. Come regista, ha diretto il documentario Le facce di Fellini. Ha scritto i balletti Time Out e Salgari con il compositore Ludovico Einaudi. Ha registrato due album con le sue composizioni: Alcuni nomi (2002) e Dentro giro di vento (2004). È stato giudice di Masterpiece, talent show letterario in onda su Rai 3 nella stagione 2013-14. Sa anche usare matite, acquarelli e tempere. «Mi faccia capire: è romanziere, ha fatto il fotografo, regista, musicista e ora ha disegnato tutte le copertine delle nuove edizioni dei suoi libri. Come si fa? “Mai vivere solo in un mondo fatto di libri e scrittori. Mi ha sempre interessato frequentare altri linguaggi. Comunque cinema, fotografia, disegno, musica sono divertimenti, una vacanza tra un libro e l’altro. La mia vita è la scrittura”» (Luigi Mascheroni, il Giornale, 3/12/2017).
Titoli di testa «Lei vive dei suoi libri, senza altri lavori. Siete pochi. Come si fa? “Il mio primo romanzo, Treno di panna, ebbe ottime critiche anche grazie al fatto che Italo Calvino scrisse la nota di copertina, ma le vendite furono modeste. Finito il secondo libro andai da Erich Linder, il principe degli agenti letterari. Che lavoro fai?, mi chiese. Vorrei scrivere, dissi. Mi gelò: impossibile in Italia. Scrivere è sempre il secondo lavoro”. Che cosa fece? “Prima mi demoralizzai. Poi mi arrabbiai: perché impossibile? Presi la cosa come una sfida. E con il terzo romanzo, Macno, conquistai un pubblico più ampio. Diventando scrittore a tempo pieno”» (Mascheroni).
Vita Il padre è il celebre architetto Giancarlo De Carlo (1919-2005), «archistar italiana novecentesca tra le più sexy, per estetica ed etica, viaggi, ribellioni» (Michele Masneri, Il Foglio, 15/12/2019). La madre, Giuliana Baracco, traduttrice e redattrice. I De Carlo abitano assieme a Elio Vittorini e la moglie in un duplex in via Gorizia, a Milano. Conoscono l’America, perché il padre insegna al Mit, a Yale e a Berkeley. Passano le vacanze a Bocca di Magra, in Liguria, in compagnia di Italo Calvino, Cesare Pavese, Franco Fortini e Vittorio Sereni, che dedicò loro una poesia: «Nell’anno ’51 li ricordi / la Giuliana e il Giancarlo / ballerini e acrobati com’erano / con vocazione di poveri / di cui sarà il mondo domani, salute gioventù fierezza scatto. E oggi? In una torpida mattina del ’60? O di essi e dei figli / bellissimi e terribili di cui / con intatta vocazione di poveri / ancora può essere il mondo / domani / per la decima estate non si orna / di nuovo la bocca del Magra?» (poesia di Vittorio Sereni) • I figli bellissimi e terribili sono Anna e Andrea. «Che rapporti hai avuto con tuo padre e tua madre? “Erano due persone interessanti e per nulla convenzionali con cui non era facilissimo avere a che fare. Prigioniere del disincanto o delle illusioni perdute. Avevano vissuto entrambi un’infanzia da orfani, rischiato la vita nella Resistenza, sognato un’Italia diversa che non si era mai materializzata”. Avevano la solidità del nucleo borghese. È stato più un vantaggio o un problema? “È stato certamente un vantaggio crescere in una casa piena di libri, in cui si parlava di letteratura, pittura, musica, politica e società in modo critico e mai conformista”» (Gnoli). Ai libri, Andrea, ci si appassiona a undici anni, dopo aver letto I tre moschettieri. «“Sentii che il romanzo era la dimensione che volevo abitare. Solo anni dopo, capii che l’unico modo per abitarla per sempre era scrivere” Com’è fatta questa dimensione? “È un luogo libero da tempo e spazio, in cui hai 11 anni ma ti identifichi con un venticinquenne guascone che sta a Parigi nel ‘600”» (Candida Morvillo, Corriere della Sera, 28/10/2019). «Nella mia adolescenza, la sensazione prevalente è stata di essere ostaggio della famiglia, della scuola, di un mondo che non mi piaceva». «Avevo sogni selvaggi, alimentati dai libri che leggevo e poi dalla musica rock, quando è arrivata» (Gnoli) • A diciotto anni la mamma gli regala una Lettera 22 rossa • Andrea prende la maturità classica al liceo Berchet, poi una laurea in Storia contemporanea con una tesi sulle comunità anarchiche d’Aragona durante la guerra civile spagnola. «Sono partito per gli Stati Uniti la prima volta a ventitré anni, con l’intenzione di emigrare per sempre. Avevo bisogno di andarmene dall’Italia che mi sembrava un paese stanco e prigioniero dei suoi limiti, senza risorse per una persona giovane. Più o meno le stesse cose che un giovane prova oggi. Con lo stesso spirito sono andato in Australia un paio d’anni più tardi e da lì nuovamente negli Usa» (Gnoli). A New York si mantiene suonando, facendo il cameriere. «Che razza di cervello in fuga era? “Cercavo me stesso altrove. E sempre era una migrazione, mai un viaggio”» (Morvillo). Durante gli anni Settanta diventa assistente fotografo di Oliviero Toscani, ma l’idea di scrivere non gli passa mai. «Avevo già nel cassetto due libri che consideravo tentativi. Invece, Treno di panna aveva una voce mia e lo mandai a un po’ di case editrici. Mesi e nessuno risponde. Poi, un amico torinese mi fa: hai provato a farlo leggere a Italo Calvino? Mi sembrava follia» (Morvillo). «Mio padre lo conosceva, però era l’ultima persona a cui avrei potuto pensare. Avevo letto con entusiasmo Il barone rampante, a scuola, ma per me era un grande scrittore in una torre d’avorio inaccessibile, non avrei mai osato. A un certo punto, però, un amico si propose di portare il mio dattiloscritto all’Einaudi. Niente di che, lo avrebbe lasciato in portineria». «Ricevetti una lettera di Natalia Ginzburg, dopo qualche mese. Un cortese rifiuto: lo stile era interessante, mi diceva, ma il personaggio principale era piuttosto antipatico». Le scrissi a mia volta, ringraziandola: era l’unica, fino a quel momento, che mi avesse preso sul serio. Passarono poche settimane, e accadde qualcosa di incredibile...» (Mario Baudino, La Stampa, 13/8/2015). «Credo che un no ti possa ferire se viene da qualcuno che conosci, ammiri, stimi; o perché sei presuntuoso. Io non sapevo, punto e basta. Non avevo mai letto la Ginzburg, ero estraneo a tutto». È la sua fortuna. «Nel giro di qualche settimana arrivò un’altra lettera, in cui mi si diceva che avevo capito male, che il libro andava bene. Controllai, avevo capito benissimo; ma intanto era successo che lo aveva letto Calvino, e gli era piaciuto».
Cinema «L’incontro con Federico Fellini? “A un premio, a Rimini. Dopo, mi chiamò: aveva letto Uccelli da gabbia e da voliera e me ne parlò con generosità sconvolgente. Gli raccontai che Nanni Moretti voleva i diritti e non glieli avevo dati: mi pareva che non c’entrasse niente col protagonista. Al che, Fellini mi disse che dovevo imparare io a fare il regista e mi nominò suo assistente sul set de E la nave vaCom’era Fellini visto da vicino? “Amava avere una corte di cui essere affabulatore. S’inventava le cose, era un gran bugiardo e trasformava tutti in personaggi: era un manipolatore che ti succhiava il sangue. Ho incontrato molti zombie di Fellini”. Perché zombie? “Persone che esaltava al punto che, quando il suo interesse li abbandonava, di loro non restava più niente. Io stesso ero conscio del rischio di finire vampirizzato. Infatti non scrissi mai il libro che Fellini voleva facessi su di lui”. Avventure comuni con maghi e affini? “L’ho accompagnato da fattucchiere di infimo livello e, a Torino, da Gustavo Rol. Era un luglio caldissimo, Rol era glaciale: percepiva la mia diffidenza. Poggiò un quadro vuoto accanto a una lampada, che accese, e uscì dalla stanza. La tela iniziò a riempirsi di fiori. Sere dopo, a una cena, Fellini racconta del quadro e Piero Angela spiega che era dipinto con una vernice fotosensibile. Fellini andò via ripetendo: quel Piero Angela, che sia maledetto per sempre!”» (Morvillo).
Musica «Una sera ho visto annunciato un tuo spettacolo di canzoni e musica. E mi sono detto: ma che fa, cambia mestiere? “Che c’è di strano? La musica fa parte della mia vita, suonare la chitarra o il mandolino è la prima cosa che faccio ogni mattina e nelle pause della scrittura”» (Gnoli).
Editoria «Era un autore Mondadori: con lui a un certo punto dovevamo discutere il contratto per il nuovo libro. Era stata una trattativa faticosa, lunga, in cui alla fine avevamo ceduto noi. Avevamo un appuntamento per la firma, lui mi chiamò mezzora prima: “Gianni, non posso venire, devo andare dal dentista. Mi faccio vivo io”. Aveva già firmato con Rizzoli, l’ho capito all’istante» (Gian Arturo Ferrari, a Silvia Truzzi, Il Fatto Quotidiano, 16/11/2014).
Televisione «Ha criticato anche la tv, parlando di appiattimento, linguaggio deteriore, banalizzazione. Poi però nel 2013 ha partecipato come giudice a Masterpiece, su Raitre. “Criticavo la tv sapendo che aveva un potenziale fantastico ma usato male. E ne conoscevo la potenza: la mia svolta nelle vendite avvenne dopo un passaggio a Domenica In con Pippo Baudo. Accettai di partecipare a Masterpiece perché pensavo fosse una buona occasione per parlare di libri, speravo potesse diventare un laboratorio di scrittura. Invece era solo un talent show. Con le sue regole: la tipizzazione dei concorrenti – la sexy, il problematico… – e anche di noi giudici. A me toccò il ruolo del cattivo. E divenni ancora più antipatico di quanto già non appaia…”. Però al pubblico dei lettori piace molto. Lo scrittore-fighetto. “Ma va’. Se ho molte lettrici donne, è perché leggono più degli uomini…”» (Mascheroni).
Donne Secondo lui «le donne oramai sono caricate di aspettative fortissime, dal lavoro al sesso. E però cresce un’immagine di loro come oggetto. Dall’altro lato gli uomini sono spaventati, ed esorcizzano creando prototipi sessuali come le Veline».
Amori Ha la fama di avventuriero. «È capitato che, non trovando la persona che avrei voluto, ne frequentassi diverse che riunivano le caratteristiche che cercavo». «Quanto conta l’amore nella sua vita? “È fondamentale in tutte le sue forme, come uomo, come padre, come amico”. È stato considerato un sex symbol: fan impazzite, titoli tipo: piace come una rockstar. “Anche lì... C’è l’idea che lo scrittore sia un triste topastro chiuso nella sua stanza, ma per Hemingway, Fitzgerald, Dumas non era così”. Con Eleonora Giorgi entrò pure nel mirino dei paparazzi. “Lei era abituata. Per me, trovarli al supermercato era una violazione intollerabile”. Ora, ha una compagna? “Sì, e non sono cose di cui riesco a parlare”» (Morvillo).
Prole «Hai figli? “Una figlia, da cui ho sempre imparato molto e a cui spero di aver insegnato qualcosa» (Gnoli).
Politica Fu anti-berlusconiano, ma si dice deluso dalla sinistra. Nel suo Il teatro dei sogni (2020), compaiono un partito chiamato Rivolgimento - «una forza politica post-ideologica, né di destra né di sinistra, aperta a tutti» che candida «soggetti che prima di essere eletti non avevano neanche un lavoro, o se ce l’avevano non brillavano certo», «una masnada di incompetenti senza arte né parte e pure parecchio arroganti perché hanno vinto la lotteria elettorale a Roma» - e una Unione Nazionale guidata da un segretario «bugiardo come pochi, scansafatiche di prima categoria tranne quando si tratta di andare in giro per l’Italia ad arringare le folle», «vigliaccone, anche, fa la voce grossa e un attimo dopo piagnucola da vittima, lancia il sasso e nasconde la mano».
Impegno Ha aderito al progetto di Greenpeace «Scrittori per le foreste», che chiedono alle loro case editrici di pubblicare i loro libri su carta «non proveniente da foreste primarie» (cioè aree boschive di alto valore ambientale, con concentrazione di biodiversità o caratterizzate da ecosistemi in via di estinzione).
Religione Pratica Yoga. «Sono alla ricerca di una dimensione spirituale. Non so di quale religione, però. Certo non sono cattolico» (ad Alain Elkann).
Parentele Sua sorella Anna ha sposato il compositore e pianista Ludovico Einaudi.
Fan È uno degli scrittori preferiti di Massimo Gramellini • Antonella Clerici è una sua fan («un figo pazzesco!»): «Una volta l’ho incontrato mentre stavamo buttando la spazzatura: “Sai che ho letto tutti i tuoi libri?”. Lui non ci credeva, ma quando è stato a casa mia ha capito che era vero». Consiglia a ogni ragazzo Treno di panna «per capire il senso dell’amicizia» • Matteo Salvini ha chiamato la figlia Mirta come un personaggio del suo Giro di vento.
Curiosità È appassionato di Bob Dylan • Ha casa a Montefeltro (Urbino) • Nella sua casa a Milano tiene sei chitarre, un pianoforte verticale, qualche tela colorata • È goloso di cioccolato • Gli piace andare a cavallo • «I confini tra ozio e lavoro nella scrittura sono molto sottili» • Lo scrittore e giornalista Mario Fortunato, organizzato un incontro a Londra tra scrittori italiani e scrittori britannici, disse che gli unici a sapere l’inglese erano lui e Dacia Maraini • Non frequenta salotti letterari, talk show e la Tv in generale. Nel 2009 si dimise dalla giuria del Premio Strega denunciando le manipolazioni dei grandi gruppi editoriali che influenzano l’andamento dei principali concorsi letterari • Le idee migliori gli vengono sotto la doccia o in macchina, sull’autostrada «dove non ho vie d’uscita e le idee circolano» • Di solito lavora «nelle ore in cui gli altri sono in ufficio»: due ore di mattina e due di pomeriggio. Scrive nella casa di Urbino, in una stanza con una «bellissima finestra ad arco che mi consente di allontanare lo sguardo dalla pagina». Si veste comodo e, se non fa freddo, ama stare a piedi nudi. Quando fa pausa, esce: «Cammino per mezz’ora, un’ora nella natura oppure taglio legna. Torno con energia rinnovata». In un giorno produce «tre pagine in media. A volte una, a volte cinque». Ogni tanto mangia cioccolato amaro. Non tiene musica di sottofondo ma certe volte, tra una pagina e l’altra, si mette a suonare la chitarra («tra poco uscira anche un mio disco»). Per scrivere adesso adopera il portatile («Mi piace per il rapporto che ha col pensiero»), ma apprezza anche altri strumenti: «La penna permette la riflessione, la macchina da scrivere obbliga a passaggi che non corrispondono al modo di pensare, il Pc è plastico, garantisce un’infinità di elaborazioni» • Per prendere appunti scrive sul retro di fogli usati. La penna: «Una buona stilografica morbida, con un bell’inchiostro nero denso che ho bisogno di vedere assorbito dalla carta» • Il giorno più infelice della sua vita: «Il primo giorno di scuola». Il suo sogno di felicità: «Un villaggio su un altopiano, vicino all’acqua, con le persone e gli animali che amo» • «In Due di due Guido Laremi muore, Mario brucia la sua casa. Cosa sono per te la distruzione e la morte? “Le due cose non coincidono necessariamente. Però la morte potrebbe essere un passaggio da una dimensione a un’altra”. Ne hai paura? “Della distruzione sì; della morte non so”. Temi di invecchiare? “No, al massimo di invecchiare male”» (Gnoli).
Titoli di coda «Ci dici un buon motivo per cui non conviene diventare scrittori? “È un lavoro solitario, che richiede una fortissima autodisciplina e una grande quantità di tempo per dare buoni risultati. Se non si è disposti a questo genere di sacrifici, meglio lasciare perdere”» (Michele Renzullo, scritturacreativa.org, 23/1/2018).