Avvenire, 6 gennaio 2022
La carenza di un enzima può innescare la Sla
Si chiama ciclofillina A, è un enzima e la sua carenza induce la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), la malattia neurodegenerativa progressiva che porta alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere quelli legati alla respirazione. Il legame tra questa sostanza e la malattia è stato dimostrato da uno studio italiano che, adesso, apre la strada a nuove ipotesi terapeutiche. La ricerca, pubblicato dalla prestigiosa rivista Brain (finanziato da Regione Lombardia e ministero della Salute), è stata condotta dall’Istituto Mario Negri di Milano e dalla Città della Salute di Torino.
Era già stato rilevato che la gran parte dei malati di Sla hanno anomalie a carico di una proteina: la Tdp-43, che se mutata causa la malattia. Il nuovo studio evidenzia che la ciclofillina A (Ppia) è fondamentale per il corretto funzionamento della Tdp-43. Non solo. Se manca la ciclofillina A, viene indotta, nel modello animale, una malattia che è simile alla Sla e provoca l’accumulo anomalo della proteina Tpd-43. «Abbiamo osservato – spiega Laura Pasetto dell’Istituto Negri – che quando la Ppia è assente il modello animale sviluppa i sintomi della Sla in associazione alla morte dei motoneuroni e alle alterazioni della proteina Tdp-43. Questi dati concordano con quanto visto in un gran numero di pazienti Sla che mostrano di essere carenti di Ppia». Andrea Calvo, del ’Centro regionale esperto per la Sla’ di Torino (Cresla), aggiunge: «Abbiamo identificato un paziente Sla con una rara mutazione nel gene Ppia che rende la proteina disfunzionale».
Cosa significa tutto questo? Calvo evidenzia che «la mutazione del gene Ppia, anche se non rappresenta una causa comune di Sla, è importante perché ci dà delle indicazioni su quali possano essere i processi cellulari alterati nei pazienti». Mentre Valentina Bonetto (del Mario Negri) sottolinea: «La mutazione, le evidenze sui pazienti e quelle sul modello animale vanno tutte verso la
stessa direzione, cioè che nella Sla le funzioni protettive dell’enzima Ppia siano deficitarie. Come prospettiva futura abbiamo pensato di sviluppare un approccio terapeutico che miri a ripristinare le funzioni della ciclofillina A». Il lavoro che aspetta i ricercatori è ancora molto. Per questo, tra l’altro, la Fondazione italiana di ricerca per la Sclerosi laterale amiotrofica (AriSla), e l’Associazione ’Io Corro con Giovanni’, hanno annunciato di aver selezionato un altro progetto del ’Mario Negri’ sempre sull’enzima Ppia. Di certo occorre ancora cautela. «Adesso – sottolineano i ricercatori – dobbiamo tornare in laboratorio e valutare se questa è la strada giusta per fermare l’insorgenza e la progressione della malattia. Se così fosse sarebbe un primo passo importante verso lo sviluppo di una terapia». La Sla è una malattia neurodegenerativa invalidante, caratterizzata dal blocco progressivo dei motoneuroni (cioè delle cellule responsabili della contrazione dei muscoli volontari); il blocco porta alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori. Sono infatti i motoneuroni ad inviare messaggi elettrici da un neurone all’altro fino ai muscoli. Nella Sla, questa capacità viene interrotta: le informazioni dal cervello non arrivano più ai muscoli che progressivamente si inattivano. La patologia colpisce in genere individui tra i 40 e i 70 anni; in Italia ad oggi si stima vi siano oltre 6mila persone affette dalla malattia e l’aspettativa di vita dopo la diagnosi è molto variabile da persona a persona.