“4 metà” è un film sulle sliding doors. Quali sono state quelle della sua vita?
«La prima la devo a mia madre. Mi fece fare il provino all’Accademia di danza, all’Aventino, lontana dalla periferia dove vivevamo. Arrivammo tardi ma in tempo per il provino che mi ha cambiato la vita. A undici anni, oltre alla danza ho imparato la disciplina nel lavoro e nella vita. Sono convinta che l’esistenza cambia a seconda delle strade che prendi, non solo in senso metaforico. A volte il navigatore mi ha fatto fare le scelte sbagliate o giuste. Il provino del Grande Fratello lo devo al navigatore. Ero uscita tardi dal lavoro, non volevo andare, il navigatore trovò una strada diversa, girando nella via sbagliata mi ritrovai nel luogo giusto. Mi piace pensare che nella vita siamo anche guidati da un istinto che dovremmo seguire».
Ci sono anche le scelte.
«È successo con Jeeg Robot. C’erano tante attrici famose per il ruolo, io non avevo studiato recitazione, non riuscivo a piangere così, a freddo, nel primo provino. Gabriele dapprima non mi prese. Allora lo richiamai: posso farne un altro?. Se non avessi fatto quella telefonata oggi non sarei qui. Mi fece rifare la scena e ero pronta, mia madre a casa mi aveva detto “ma con l’affitto e le bollette da pagare non ti viene da piangere?”. Così ho usato questa sorta di metodo Stanislavskij, e sono riuscita a piangere».
E poi?
«Ho fatto un provino, Jeeg non era ancora uscito, la direttrice del casting non mi volle, non mi considerava un’attrice. Grazie a quel rifiuto però sono stata libera quando mi ha chiamato Verdone per Benedetta follia.
Dopo Jeeg Robot molti pensavano che non recitassi, che fossi Alessia. È quello lo scopo dell’attore, ma ho capito che succedeva anche tra gli addetti ai lavori, pensavano che fossi una matta. Verdone mi ha sdoganato dalla matta, ma mi ha confermato “ coatta”.
Ora con Pif e con 4 metà spero di essermi tolta l’etichetta, qui interpreto un medico».
Il film di Pif è stato
importante.
«Ha ammesso di non aver visto i miei film precedenti e non mi ha etichettato come coatta. Per lui e era normale che parlassi italiano. Mi piaceva quella storia di solitudine filtrata dalla tecnologia, di dipendenza dalle app. Io ne ho una dagli acquisti online.
Compro cavolate da due euro, alla fine arrivo a 2.222 euro. Compro coperchi di pentole a forma di orsetto, oggetti inutili. La portinaia mi guarda sconsolata. Nascondo le cose al mio fidanzato, apro i pacchi pensando ai bambini in Africa. Sto considerando l’idea di farmi aiutare».
Ha girato “Occhiali neri” con Argento.
«Un thriller-horror forte e drammatico su una donna che diventa cieca. È stata una sfida. Mi sono preparata per mesi in contatto con ipo o non vedenti, una signora mi ha insegnato a usare il bastone. Una esperienza mistica. Ho trascorso giornate bendata, al buio, per capire le difficoltà del personaggio che perde improvvisamente la vista. È stato un viaggio dell’orrore ma dentro di me, prima ancora del film. Si sono amplificate le altre sensazioni, il gusto, il tatto. È stato il film, dopo Jeeg Robot, che mi ha insegnato di più. Sono stata fortunata, con Carlo, Dario e con Celentano, da cui ho imparato a stare sul palco, un gigante umile che ti trasmette l’amore per l’arte, la musica».
Oggi che rapporto ha con sua madre?
«La ringrazio sempre, la amo con tutta me stessa. Ha tentato di farmi vedere altre cose, oltre alla periferia in cui vivevamo. Lavorava tutto il giorno e voleva una scuola che il pomeriggio mi impegnasse in cose interessanti, invece di stare per strada».
Che regalo le ha fatto?
«Una lunga, bellissima vacanza insieme in Sicilia, lei è di origine palermitane. Non c’è regalo più bello di un ricordo».